Gli scrittori della porta accanto

Nato di domenica, una nuova edizione del romanzo di Maurizio Spano

Nato di domenica, una nuova edizione del romanzo di Maurizio Spano

Libri Comunicato stampa. Nato di domenica (PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto), di Maurizio Spano: una nuova edizione per il sequel naturale del romanzo storico La ricamatrice.

Avevo le estremità inferiori trasformate in un’unica, fastidiosissima vescica. Una volta a casa, dopo la gara, ero andato a letto e c’ero rimasto tutto il pomeriggio. Non mi ero mai sentito così stanco.
Avevo pagato l’inesperienza e il poco allenamento, in più le scarpe erano inadatte. Questo rappresentava il guaio più grosso.
Al ritorno, mia mamma non si era sbilanciata molto, non era tipo da complimenti esagerati. Aveva apprezzato e promesso che il problema delle calzature l’avremmo risolto. Ciò che non capivo era: con quali soldi? Quelle buone costavano care. Troppo.
Come immaginavo, anche lei era convinta che quella storia della corsa fosse poco più di un gioco. Non mi avrebbe mai procurato il pane quotidiano. Del resto la capivo: apparteneva a un’altra mentalità. Lavorava nella campagna di famiglia, arrotondando le sue misere entrate con piccoli lavori di sartoria e soprattutto con delle stupende manifatture ricamate. Penso che la passione per l’arte che mi accompagna da sempre sia arrivata osservando le sue meravigliose tovaglie decorate.
A parte le mie considerazioni romantiche, quello era il suo concetto di lavoro, l’unico tentativo di conquistare una libertà personale il cui valore reale, probabilmente, neppure arrivava a comprendere e quindi a desiderare. Faceva i miracoli per permettermi di frequentare le scuole superiori, risparmiava fino all’ultima lira per comprare quanto serviva per farmi apparire un ragazzo come tutti gli altri e non il figlio di una donna sola, abbandonata dal marito e malvista dalla famiglia.
Speravo sempre che prendesse la decisione che io pensavo giusta ma che, a quanto pareva, non lo era affatto per lei: abbandonare i suoi genitori e andare a vivere in una casetta per conto nostro. Essere una famiglia vera, io e lei, liberi, anche di piangere se volevamo.
Un sogno che non si sarebbe mai realizzato. Io, in quel momento, non potevo saperlo e continuavo a desiderarlo più di ogni altra cosa, più che avere un padre come tutti i miei amici.
Stare per conto nostro, essere un ragazzino libero, quello era stato il mio più grande sogno di bambino. Non davo alla parola “libertà” alcun valore filosofico, semplicemente consisteva nella voglia di poter fare le cose che mi piacevano.
Ecco perché era scattata la molla e avevo iniziato a correre. Mi piaceva e, nonostante tutto, era l’unica cosa che potevo fare liberamente. Non costava nulla e nessuno capiva che significato potesse avere. Appariva un impegno inutile e le cose inutili non danno fastidio a nessuno.
“Solo i perditempo e i falliti corrono” ripetevano alcune persone che mi giravano attorno; siccome lo avrebbero pensato comunque, che io corressi o no non cambiava nulla.
Ero nato in campagna, nella casa dei nonni materni e degli zii. Mio padre non c’era, perduto a rincorrere un suo sogno in terra straniera. Un sogno troppo diverso da quello di mia mamma. Ciò nonostante, per un incauto gioco del destino, quella evanescente illusione aveva fatto incontrare i miei genitori sull’isola del grande amore, per poi separarli e abbandonarli per sempre nell’oceano della solitudine.
L’avrei visto volentieri mio padre, però, adesso che erano passati quattordici anni, il giovane uomo travestito da adolescente che si nascondeva nella mia coscienza mi chiedeva di fare un passo in avanti e cambiare strada.
Mi sarei dovuto arrangiare. Dovevo tenere duro e correre, anche se gli altri non apprezzavano. Correre per vivere e superare l’ostacolo, che a volte appariva insormontabile, delle mie paure.
Un’immagine pervadeva tutte le mie notti, lo stesso sogno, da mesi.
Maurizio Spano, Nato di domenica



Nato di domenica

di Maurizio Spano
PubMe - Gli scrittori della porta accanto
Narrativa
ISBN 979-1254580424

Sinossi

Anni ’70. Comincia tutto in un pomeriggio di nuvole e polvere: Dario indossa le scarpe nuove e inizia a correre. Una sfida lungo uno stradone di campagna, le braccia alzate al cielo, l’ebbrezza d'essere un grande atleta e conquistare un mondo che ancora non conosce. E il sogno di diventare un vero corridore, forse un campione, gli appare realizzabile.
Linda è il primo palpito, un amore che non arriva mai a essere consumato ma a consumare lei, non abbastanza matura per il sesso, ma già per il tormento. Mentre in Dario cresce la consapevolezza di essere un corridore, di poter andare alle olimpiadi.
Correre diventa una filosofia di vita e inseguendo il suo sogno, sulla terra battuta della pista conosce Gianna, atleta come lui. Tutto gira intorno allo sport, anche l’amore. Si parla di tempi di percorrenza, limiti da superare, strategie di corsa. Perché per correre non basta indossare un paio di scarpe adatte. Correre nasce dal cuore, dalla testa, inizia da lì, è una filosofia di vita. Le gambe sono solo un'estensione che permette al corpo di macinare chilometri, di rincorrere i sogni.
Poi, qualcosa si incrina. Dario si perde. Correre non ha più senso. Ma il destino è come l'ombra che rimane attaccata alle scarpe. E Dario si ritrova a gareggiare contro "il corridore", in una maratona commovente, intensa, intrisa di simbolismi e significato, una corsa contro i fantasmi del passato, contro l'immagine riflessa di ciò che avrebbe potuto essere.
È allora che Dario si rende conto che lui non corre per le olimpiadi, lui corre per vivere. Del resto, è nato di domenica, il giorno prima della creazione del mondo, quando tutto è ancora in potenza, nulla in atto, e possiamo decidere di essere ciò che vogliamo.



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