
Cinema Recensione di Elena Genero Santoro. It ends with us, siamo noi a dire basta, un film di Justin Baldoni, tratto dall'omonimo libro di Colleen Hoover, a sua volta ispirato alla storia vera dei genitori dell'autrice.
It ends with us, siamo noi a dire basta, film tratto dall'omonimo libro di Colleen Hoover, a sua volta ispirato alla storia vera dei genitori dell'autrice, mi lascia perplessa già dal titolo.Premetto che non ho letto il libro, quindi le mie considerazioni tengono conto solo della pellicola cinematografica che, intuisco, essere comunque distante dalla vicenda reale che ha ispirato il tutto, non fosse altro per l'ambientazione attuale, con tanto di smartphone all'ultimo grido.
Il film è disponibile in streaming a noleggio su Mediaset Infinity+ o in abbonamento su Prime Video e TIM Vision.
NB: in questo articolo è stato inserito un filtro "no spoiler" che rende sfocate alcune frasi; per leggerle basta passarci su con il mouse da pc o toccare lo schermo da mobile.
La storia è di per sé semplice: Lily Bloom (Blake Lively), fioraia con un nome ispirato ai fiori e con un amore incondizionato per le piante, e Ryle Kincaid (Justin Baldoni), neurochirurgo palestrato dalla carriera avviata, si conoscono, si innamorano.
Ma quella che sembra la relazione ideale si rivela presto un rapporto tossico perché il buon Ryle ha degli eccessi di rabbia che sfoga con violenza fisica.Dopo alcuni scoppi di gelosia incontrollati, Lily Bloom, che ha appena partorito la figlia di Ryle, decide di "dire basta" e di chiedergli il divorzio.
Ryle incassa, si dice pentito e disposto a intraprendere un percorso per risolvere i suoi problemi, ma di fronte all'irremovibilità di Lily cede e accetta la decisione senza altre conseguenze.
Lily ritrova il suo amore del liceo, Atlas, che per tutta la durata del film è causa di crisi di gelosia di Ryle.
Il film è gradevole, scorre bene, si lascia guardare.
Lily è bella, bionda e positiva. Ryle è un dongiovanni abituato al sesso occasionale, ma Lily non è una da incontri fugaci, o l'anello o niente. E allora lui, pur di averla, la rispetta, si impegna in un rapporto serio che fino a quel momento non aveva mai avuto e si comporta come un fidanzato modello. Topica la scena in cui lei si rifiuta di fare l'amore perché, appunto, non hanno una vera relazione, e allora si limitano a dormire insieme: lui in boxer, lei perfettamente truccata, indossando il pigiama di Ryle sopra reggiseno e altra biancheria di pizzo nero sofisticata e costringente.![]() It ends with us, un film di Justin Baldoni: la recensione It ends with usREGIA Justin BaldoniSOGGETTO Colleen Hoover SCENEGGIATURA Christy Hall PRODUZIONE | PRODUTTORE Columbia Pictures, Wayfarer Studios, Saks Picture Company DISTRIBUZIONE Eagle Pictures MUSICHE Rob Simonsen, Duncan Blickenstaff FOTOGRAFIA Barry Peterson ANNO 2024 CAST Blake Lively, Isabela Ferrer, Justin Baldoni, Brandon Sklenar, Kevin McKidd |
È difficile dare un giudizio a un film del genere senza farsi confondere dalle polemiche che ne hanno condizionato la promozione e dal rapporto conflittuale che sembra legare l'attrice Blake Lively e Justin Baldoni, protagonista, ma anche regista del film.
Inizialmente Justin Baldoni era parso il paladino dei diritti delle donne, mentre Blake Lively era stata accusata di superficialità perché aveva invitato i follower a guardare il film «dopo aver indossato un vestito a fiori», come si trattasse di una commedia romantica. Ma in effetti, il vestito a fiori era del tutto in linea col personaggio di Lily Bloom, che non solo ha fatto dei fiori la sua ragione di vita, ma che con il suo ottimismo e la sua tenacia ricomincia a vivere sganciandosi da un marito instabile. Quindi i fiori della promo di Lively a me non sono suonati così superficiali, potevano significare rinascita e resilienza.Di recente però è stata Lively a denunciare Baldoni per molestie e sessismo sul set, il che è paradossale. In attesa che i giudici preposti definiscano chi ha ragione, noi torniamo alla domanda principale.
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Come si pone il film di fronte alla violenza domestica?
Questo è il nodo.Ryle, nel corteggiamento iniziale, è pressante. Ha quel modo di fare tipico del ragno che tesse la tela. Diciamolo: pare un po' manipolatore.
Per contro, quando si impegna nella relazione, lo fa seriamente: non abbiamo indicazioni che sia infedele, che sia interessato ad altre donne, che stia triangolando, che non sia davvero un marito innamorato o che non faccia il suo dovere in casa. Nel rapporto iniziale tra Ryle e Lily non c'è neppure evidenza di patriarcato introiettato: Lily lavora e ha i suoi interessi, Ryle lavora e talvolta cucina. Però... Quando si ingelosisce, ha delle reazioni incontrollate. Ora, Ryle esagera nelle sue manifestazioni e la gelosia non è mai una giustificazione per alzare le mani, ma le sue insicurezze non sono campate per aria. Lily ama Ryle, ma quel vecchio fidanzato ritrovato da poco e perso, all'epoca, per una ragione ingiusta non le è indifferente.
Quindi, Ryle è violento, ma non del tutto paranoico.
Anni fa mi capitò di leggere un mediocre romanzo di un'autrice esordiente, che oltre al fatto di darsi arie per aver seguito un corso di scrittura creativa, raccontava di una coppia in cui lui alzava le mani. La tesi era che l'uomo violento può pentirsi e cambiare e che ci sono centri riabilitativi che recuperano questi maschi maneschi e ne fanno dei mariti modello. Infatti il suo personaggio si redimeva a pieni voti. Ciò che scricchiolava parecchio nel romanzo era che l'autrice tradiva un amore viscerale per il suo protagonista. Lo descriveva sempre come bello, affascinante e colto. Insomma, un principe azzurro un po' confuso, che poi torna sulla retta via, ma sempre rimanendo incredibilmente sexy. E ai belli e dannati, si sa, si perdona tutto.All'epoca mi indignai per un assunto del genere, che poteva portare donne vittime di abusi a credere di poter attendere un cambiamento del proprio partner.
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Gli psicologi spiegano che gli uomini violenti spesso hanno una personalità di cluster B, quindi spaziano dal narcisismo, all'esssere borderline e/o antisociale.
Individui del genere non si pentono facilmente e si rischia che usino la psicoterapia per raffinare l'arte della manipolazione (La psicopatia, Robert D. Hare).Tuttavia, per la violenza del nostro Ryle viene data una spiegazione: lui non è nato cattivo, non è congenitamente carente di empatia, ma un trauma terribile vissuto da bambino gli ha fatto sviluppare una incapacità a gestire gli scoppi di rabbia.
Quindi, Ryle potrebbe essere recuperabile? L'autrice del romanzo in cui il protagonista violento si redimeva, potrebbe avere ragione, almeno in un caso come quello di Ryle?
Resteremo con il dubbio.
Il film finisce nel modo più corretto.
Lily si affranca dal marito instabile. Questo è l'unico vero messaggio da tenere in considerazione: non spetta alla partner sincerarsi che l'uomo violento si dia una calmata. Mettere le distanze è l'unica soluzione realistica e il film invita a farlo, in un caso del genere.It ends with us, Siamo noi a dire basta: il titolo, però, mi lascia perplessa. Siamo noi a dire basta, solo se siamo abbastanza fortunate a non avere a che fare con uno stalker che ci perseguita. Diventa difficile dire basta se la controparte rende la nostra vita un inferno, si apposta sotto casa nostra e magari ci lancia in faccia l'acido.
Ryle in questo si dimostra un "galantuomo", pare che abbia una coscienza. Se ne va e non cerca vendetta. Sempre che non dia di matto nel sequel, di cui già si inizia a parlare, che si farà, ammesso che Lively e Baldoni non si accoltellino a vicenda prima.
Concludo dicendo che, anziché arrivare a "dire basta", dovremmo dar peso ad alcuni segnali preliminari. La prima volta che Lily vede Ryle, lui sta prendendo a calci una sedia. Un inizio non proprio promettente.
Elena Genero Santoro |
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