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Lo sguardo di Frida

Lo sguardo di Frida - Arte

Arte Di Gianna Gambini. Frida Kahlo, la donna prima ancora che dell’artista. Il suo sguardo che ha conquistato uomini e donne di grande spessore intellettuale, da Diego Rivera, a Leon Trotzkij, Nicholas Muray e Tina Modotti. 

Uno sguardo circondato da sopracciglia nere, folte, quasi unite a formare le ali di un gabbiano, magnetico, trasparente e profondo. Quelli di Frida, non sono gli occhi di una donna qualunque, sono due fari oscuri, profondi che celano e svelano al contempo la tenacia e la sofferenza di chi ha dedicato tutta la vita a creare una forma d’arte basata soprattutto sull’io.
Nata nel 1907 a Coyoacan, un quartiere periferico di Città del Messico, l’artista ha da sempre riferito di essere venuta alla luce nel 1910, non per la velleità puramente femminile di togliersi qualche anno, ma perché amava l’idea di essere nata in concomitanza con il “nuovo” Messico post-rivoluzionario.
I suoi ideali, dichiaratamente filo-comunisti e anticapitalisti, compaiono spesso tra le righe delle pagine del suo diario e nei suoi dipinti, primo fra tutti Autoritratto al confine tra il Messico e gli Stati Uniti (1932). In questa opera l’artista si raffigura al centro del dipinto vestita in modo elegante e con in mano una bandiera messicana; con la sua imponenza traccia il limite tra due mondi diametralmente opposti: il Messico legato alle tradizioni e rispettoso della madre terra e gli Stati Uniti che fondano la loro sussistenza sulle macchine, le fabbriche e lo sfruttamento sia dell’uomo che del territorio.
La lotta politica, per Frida, procede di fianco alla lotta contro il dolore fisico, drammatica sfida che terminerà soltanto con la fine della sua vita terrena. Colpita da poliomelite in tenera età, trascorre l’infanzia e l’adolescenza con lievi problemi di deambulazione, ma la sua andatura claudicante non ferma la sua vivacità. Studentessa atipica, che respira in famiglia, grazie soprattutto al padre, l’amore per l’arte e la fotografia, inizierà ben presto a dipingere tele, soprattutto ritratti e nature morte.


Un evento drammatico giungerà inaspettato a segnare la sua adolescenza e a modificare la sua vita futura: un autobus di linea, con lei a bordo, si scontrò con un’auto in un pauroso schianto.

Uno corrimano si spezzò e il palo di ferro le oltrepassò il bacino lesionandole anche in parte la spina dorsale. Questo tremendo infortunio costrinse Frida a una lunga degenza in ospedale e poi nel letto della sua abitazione, ma le conseguenze si perpetrarono anche negli anni successivi, poiché per l’artista sarà sempre doloroso camminare e vivere una vita comune. L’incidente negò a Frida anche la possibilità di avere un bambino: subì numerosi aborti e ogni tentativo di portare a termine una gravidanza si rivelò fallimentare e addirittura deleterio per le sue condizioni di salute.
Di contro, questa sventura, non limitò la sensibilità artistica della donna, che dedicò all’arte la sua stessa vita, riportando nelle tele le tematiche a lei più care e vicine, primo fra tutti il dolore. Secondo l’opinione di una delle massime studiose dell’artista, Sarah M. Lowe, le opere di Frida rappresentano una mappa biopsicologica, i cui punti d’interesse sono gli eventi dolorosi avvenuti a partire dall’incidente del 1925.
La materialità, la fisicità del dolore irrompono nella tela colpendo lo spettatore con la loro efficace semplicità: in La colonna spezzata (1944), titolo che gioca con la parola “colonna” che sta ad indicare sia le strutture portanti dell’architettura greca, sia la colonna vertebrale della Kahlo oltraggiata dall’incidente, Frida si ritrae con il busto trafitto da chiodi, ricordando le mani e i piedi di Gesù nella croce.
Anche nel quadro Il cervo ferito compare la simbologia cristiana, poiché Frida si rappresenta con il corpo di un cervo trafitto da frecce, che rimanda alla figura di San Sebastiano e permette di comprendere le sue sofferenze fisiche e di conseguenza psicologiche.

Nel suo Il diario di Frida Kahlo, curato da Sarah M. Lowe ed edito in Italia da Mondadori, Frida parla spesso dei dolori che la affliggono, ma mostra anche la sua forza nel superare giorno dopo giorno l’immobilità forzata e le varie disavventure legate ai suoi disturbi.

Nel 1953, a causa di un principio di cancrena, le vengono amputati entrambi i piedi e sul diario annota le seguenti parole:
Piedi, a cosa mi servono se ho le ali per volare. 
Vi inserisce un disegno a matite colorate in cui rappresenta i suoi due piedi come quelli di una statua in rovina, coperta da alcuni rami: le gambe della pittrice la hanno abbandonata, ma questo non sembra abbatterla, poiché può sempre ricorrere alle ali della sua fantasia che possono trasportarla ovunque.

frida-kahlo-diario

Il diario di Frida Kahlo.
Un autoritratto intimo.

ISBN 978-8837099930
Mondadori Electa
cartaceo 24,90€ 

Leggendo il suo diario, il lettore si stupisce del suo innato senso dell’ironia: in un passaggio afferma che due eventi catastrofici hanno segnato la sua esistenza, ovvero l’incidente avuto nell’autobus e l’incontro con Diego Rivera, l’uomo che, tra alti e bassi le starà vicino per tutta la vita. Innamoratasi della sua arte, ancora prima che dell’uomo, Frida portò i suoi dipinti al famoso muralista messicano e dopo vari incontri, l’elefante e la colomba, come li ha definiti Hayden Herrera, hanno trascorso insieme l’intera esistenza.

Inevitabilmente Diego diventa protagonista di molteplici tele dell’artista, sebbene sia stato anche causa di atroci sofferenze della donna, prima fra tutte quella causata dalla relazione tra l’uomo e la sorella di Frida, Cristina Kahlo. 

Autoritratto con i capelli tagliati mostra tutta la volontà di ribellione di Frida nei confronti di Diego, che amava molto i suoi lunghi capelli neri. L’artista siede su una seggiola gialla al centro del dipinto ed ha abbandonato il suo abito da tehuana per indossare un vestito da uomo di alcune taglie più grandi della sua, una camicia e delle scarpe maschili; anche la sua posizione, con le gambe allargate è tipicamente maschile, l’unico indizio di femminilità residua sono gli orecchini. Ciò che in questo caso compie Frida è un netto rifiuto della sessualità femminile, dettato dalla necessità di vendetta verso l’uomo e dalla solitudine amorosa. La voglia di distruzione è esplicata anche dalla posizione delle forbici, vicino agli organi genitali: Frida accentua il rifiuto della femminilità e il desiderio di eliminare la parte di sé che ha la capacità di amare.
Numerosi sono i dipinti in cui compare il marito di Frida, l’ultimo, che visti i tratti imprecisi dovrebbe risalire al 1954, anno della morte di Frida, autoritratto, con il ritratto di Diego sul petto e Maria tra le sopracciglia, dimostra che nonostante i numerosi conflitti e le numerose separazioni, il loro rapporto non si esaurì mai del tutto, fino alla dipartita della Kahlo.

La morte, avvenuta a causa di un’embolia polmonare, pose fine alle sue sofferenze. 

Ma l’artista non pareva averne paura, poiché spesso  si dilettava a dipingere scheletri e ad ornare teschi in modo da esorcizzare questa sua fedele compagna di vita.
La “pelona”, così amava chiamarla, aleggiava intorno a lei, dormiva addirittura sopra il suo letto, come si nota nel dipinto Il sogno (1940), e Frida affermò:

Stuzzico la morte e rido di lei in modo che non riesca ad avere la meglio su di me

L’ultima apparizione ufficiale della Kahlo avvenne nel 1953, durante il vernissage di una sua esposizione di nature morte a Città del Messico: chi era presente racconta di una donna dal fisico ormai deteriorato, sfinito dalle vicissitudini dolorose che avevano riempito la sua breve vita, ma tutti rimasero stupiti dal suo sguardo, nel quale la volontà di lotta e la tenacia erano presenti, più forti di un tempo.


Gianna Gambini


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