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Nella mente della violenza di genere: lo psicologo Stefano Eleuteri delinea i tratti dell'aggressore

Nella mente della violenza di genere: lo psicologo Stefano Eleuteri delinea i tratti dell'aggressione

People Intervista a cura di Loriana Lucciarini. Quali sono i meccanismi che portano alla violenza domestica sulle donne? La parola allo psicologo Stefano Eleuteri.

Stefano Eleuteri è psicologo della Salute, Psicoterapeuta, Psicosessuologo e assegnista di ricerca presso Sapienza Università di Roma. Svolge l'attività clinica a Viterbo e a Roma.
Oggi è qui con noi per aiutarci a capire quali siano i meccanismi che portano alla violenza domestica sulle donne.

Buon giorno, Stefano Eleuteri, benvenuto nel nostro blog.
La violenza sulle donne è un fenomeno con dati allarmanti. Puoi fornirci qualche numero?

Stefano Eleuteri
Secondo l’ISTAT (dati aggiornati al 2010), nel corso della loro vita 31,9% delle donne hanno subito violenza fisica o sessuale. La violenza psicologica contro le donne consiste soprattutto nell’isolamento (46,7%), nel controllo (40,7%) e nella violenza economica (30,7%). Il 50% delle donne che hanno subito violenza fisica o sessuale ad opera del proprio partner è stato anche oggetto di stalking da parte dello stesso autore. Nel 61,4% i figli assistono ad uno o più episodi di violenza.
Secondo la WHO (dati al 2013), Il 30% di tutte le donne nel mondo hanno vissuto atti di violenza fisica o sessualizzata all’interno di un rapporto di coppia. Il 38% di tutte le donne assassinate sono state uccise dal partner del momento o da un partner precedente. Nell’Europa occidentale, nell’America del Nord, in Australia e in Giappone il 23,2% delle donne subisce violenza fisica o sessualizzata da parte del partner, mentre questa proporzione sale al 29,8% nell’America centrale e meridionale, al 36,6% in Africa e al 37,7% nell’Asia sudorientale. Le donne più colpite dalla violenza nella coppia sono quelle tra i 40 e i 44 anni (37,8%).
Secondo la FRA (Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali, dati al 2014), Il 22% delle donne intervistate hanno subito violenza fisica e/o sessuale all’interno di una rapporto di coppia. Il 42% delle donne che sono state vittime di violenza in un rapporto di coppia ormai sciolto, hanno subito maltrattamenti anche in gravidanza all’interno della stessa relazione. Il 43% delle donne sono state esposte a violenza psicologica nell’ambito di un rapporto di coppia esistente o sciolto. Il 5% circa delle donne ha subito violenze di natura economica nel rapporto di coppia attuale e il 13% in un rapporto sciolto. Il 9% ha subito atti di stalking da parte di un ex partner.

La tesi che la violenza di genere nasce in luoghi degradati e con bassa scolarizzazione sembra essere sconfessata dagli ultimi studi e fatti di cronaca rispetto al fenomeno. Come mai? Non è un problema di arretratezza culturale quindi?

Non è unicamente un problema di arretratezza culturale, ma anche istituzionale, sociale e personale. Uno studio del 2014 ha identificato tra i fattori di rischio inerenti la storia personale dell’autore: insoddisfazione relazionale, abuso di droghe, storia pregressa di IPV, patriarcalismo, gelosia, distorsioni cognitive, caratteristiche peculiari di personalità; mentre tra i fattori di rischio pertinenti alla vittima troviamo storia pregressa di vittimizzazione, caratteristiche peculiari della personalità come la scarsa autostima e la depressione e l’isolamento sociale. Invece, dal punto di vista relazionale il rischio di violenza si estrinseca in coppie chiuse e isolate, in uno stile di attaccamento ansioso nella vittima e in uno stile evitante dell’autore.
Tra i fattori predisponenti possiamo annoverare anche dei fattori correlati alla famiglia (la violenza dei genitori o la trascuratezza in età infantile sono collegati a maggiori probabilità di vittimizzazione nel corso della vita o ad aggressioni sessuali in entrambi i generi), nonché fattori sociali come la mancanza di una rete di supporto, l’insicurezza finanziaria, opportunità occupazionali ridotte e anche opportunità educative ridotte.

Violenza di genere si esplica principalmente nelle mura domestiche. Perché ciò avviene e con quali modalità?

L’espressione “violenza domestica” designa “tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”. A livello mondiale si stima che sia causa di disabilità grave o di morte tanto quanto il cancro e che le dirette conseguenze, sia di natura fisica che psicologica, siano più rilevanti degli effetti provocati da incidenti stradali e dalla malattia uniti insieme. Il 69,7% degli stupri è opera del partner. Questo fenomeno (definito in inglese Intimate Partner Violence) rimane ancora largamente sottostimato e socialmente poco percepito a causa di: difficoltà delle vittime a denunciarlo, scarsità delle indagini di vittimizzazione e inadeguata formazione degli operatori. Di solito la violenza avviene seguendo quello che viene definito “ciclo della violenza” (Walker, 1979):
- Crescita della tensione: l’aggressore inizia ad avvertire una tensione diffusa, è agitato, teso, percepisce che qualcosa non va ma non sa dire cosa. Lo stato di malessere viene incrementato da pensieri ossessivi, spesso di gelosia, relativi ad una “fantasticata” infedeltà del/della partner o rimproveri colpevolizzanti, che provocano ostilità ed anticipano l’aggressione vera e propria. Inizia nella vittima lo stato di allerta;
- Maltrattamento: la tensione accumulata precedentemente esplode nella violenza, con atti sempre più gravi e in rapida escalation, fino a che l’aggressore non ha liberato tutta la sua ira;
- Luna di miele: l’ira si alterna ad episodi di calma. L’aggressore violento si sente in colpa, si pente, teme reazioni da parte della vittima e si giustifica, prova a dare spiegazioni del suo comportamento, promette di cambiare e cerca il perdono del/della partner;
- Scarico di responsabilità: al pentimento fa spesso seguito la ricerca della causa dell’accesso di violenza. L’autore cerca le cause non dentro di sé, bensì nelle circostanze esterne (per es. consumo di alcol, difficoltà sul lavoro) oppure presso la partner: “Perché mi hai provocato?”. La responsabilità viene scaricata e la colpa attribuita ad altri. Molte donne colpite da violenze si assumono questa colpa e perdonano il partner pentito.

Parliamo ora nello specifico della violenza psicologica: come il maltrattante la attua e quali sono le conseguenze psicologiche sulla vittima?

È sicuramente l’aspetto meno visibile e difficilmente identificabile della violenza ma, al tempo stesso, rappresenta una delle più potenti strategie di potere e di controllo che viene perpetrata nei confronti della donna. L’esperienza dei diversi Centri riconosce come questo tipo di violenza spesso accompagni la vera e propria violenza fisica o comunque la “prepari”, poiché la persona, svalutata e minata nella propria autostima, è indotta ad accettare qualsiasi comportamento maltrattante attuato nei suoi confronti. La violenza, di tutti i tipi, può avere effetti disastrosi sulle vittime. Le donne con storia di violenza hanno maggiori tassi di rischio per tutti i problemi di salute mentale (Gleason, 1993; Roberts et al., 1998; 2006) quali: depressione, sintomi di attacchi di panico, problemi del comportamento alimentare, ideazione suicidaria, disturbo post-traumatico da stress (PTSD), ansia generalizzata, fobie, disturbo ossessivo compulsivo, somatizzazione, tentativi di suicidio, disturbi correlati alle sostanze; e disfunzioni sessuali, quali: disturbo da dolore coitale e non coitale, disturbo da desiderio ipoattivo.

Parliamo ora nello specifico della violenza fisica: come il maltrattante la attua e quali sono le conseguenze psicologiche sulla vittima?

La violenza fisica comprende ogni forma di intimidazione o azione in cui venga esercitata una violenza fisica su un’altra persona. Sono compresi comportamenti quali: spintoni, schiaffi, tirate di capelli, pugni,calci,testate,cadute provocate, colpire con oggetti, uso di armi da fuoco, uso di armi da taglio, strangolamento, altre forme di tentato omicidio, rinchiusa in casa/altre forme di sequestro.
Per violenza fisica non si intende solo un comportamento che provochi danni fisici, ma qualsiasi azione che possa ferire o spaventare: come atti intimidatori o minacce, che hanno lo scopo di esercitare una pressione e un controllo sulla persona.

Parliamo ora nello specifico della violenza sessuale: come il maltrattante la attua e quali sono le conseguenze psicologiche sulla vittima?

Si parla di violenza sessuale per indicare ogni imposizione di pratiche sessuali non desiderate.
È opinione diffusa che questo tipo di violenza avvenga al di fuori delle mura domestiche, in realtà i risultati di un indagine Istat mostrano come essa sia presente quasi quanto le molestie fisiche (Rapporto Istat, Indagine sulla sicurezza dei cittadini, 1998). Si connotano come violenze sessuali anche le molestie e gli atti sessuali imposti dal partner alla donna all’interno di una relazione stabile o del matrimonio ogni volta che non sono consensuali o non sono condivisi.

Come può fare una donna che subisce violenza a rompere il cerchio che la lega a quella situazione?

La donna dovrebbe contattare qualcuno che possa aiutare lei o la coppia sin dai primi segnali di crescita della tensione. Una terapia individuale o di coppia potrebbero, infatti, evitare che il ciclo della violenza continui. Se, come purtroppo capita spesso, non si riesce a cogliere i primi sintomi e si arriva alla violenza espressa, è necessario andare immediatamente al pronto soccorso o, se si conosce, in un centro antiviolenza, spiegando in modo onesto cosa è successo così che possano attivare la rete di protezione della donna e, se è il caso, dei minori. In questa rete risulta fondamentale l’aiuto di altre donne che hanno vissuto la stessa situazione.

Quali sono le azioni che il mondo dell’educazione e della cultura possono attuare per contrastare il fenomeno?

Per prevenire il fenomeno, genitori ed educatori devono essere consapevoli della portata della violenza tra gli adolescenti e dovrebbero essere pronti a discutere le relazioni di genere, la violenza, la relativa sofferenza. L’educazione sessuale, proposta da una primissima età e mantenuta nel tempo, permetterebbe di lavorare sulle proprie e altrui emozioni, incrementando l’empatia e facilitando, quindi, la costruzione di rapporti più adeguati tra i ragazzi, basati sul rispetto delle differenze, riuscendo quindi a lungo termine a prevenire non solo la violenza di genere, ma anche varie altre forme di aggressività come il bullismo e l’omofobia.


Loriana Lucciarini
Impiegata di professione, scrittrice per passione. Spazia tra poesia e narrativa. Molte pubblicazioni self e un romanzo “Il Cielo d'Inghilterra” con Arpeggio Libero. E' l'ideatrice e curatrice delle due antologie solidali per Arpeggio Libero, la prima di favole per Emergency “Di favole e di gioia” nonché autrice con la fiaba “Si può volare senza ali” e la seconda di “4 Petali Rossi – frammenti di storie spezzate”, racconti contro il femminicidio per BeFree. E' fondatrice e admin di “Magla-l'isola del libro”


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