Gli scrittori della porta accanto

[People] Da Renazzo a Roma a piedi: Marco Bertelli e Maurizio Colletti, 51 anni e zaino in spalla, intervista di Samantha Terrasi

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Non è il titolo di un libro ma una vera e propria avventura. Marco Bertelli e Maurizio Colletti, viaggiatori, 51 anni e zaino in spalla per entrambi. Da Renazzo a Roma a piedi, ci raccontano le loro emozioni durante quei 520 km.

Cosa rappresenta per voi il viaggio?
Marco. Penso che il viaggio sia ricerca condita con un po’ di follia che non guasta mai. Poi, è sempre una sfida no?

Sempre!
Maurizio. Il viaggio è di base un confronto. Con te stesso e con gli altri. Il viaggio a piedi amplifica questa esperienza.

Perché affrontare proprio questo viaggio da Renazzo a Roma?
Maurizio. Quando lo feci nel 2000 Marco non riuscì ad esserci. E io non riuscii ad andare con lui a Santiago tre anni fa. Vengo da una cultura cattolica, l’idea mi è tornata quando è stato dichiarato l’Anno Santo della Misericordia. Mi sembrava una bella idea per chiudere il cerchio. Riguardo al percorso non volevo fare obbligatoriamente una via definita o segnata. Per me la cosa giusta era aprire la porta di casa e raggiungere la meta. Quello che facevano i vecchi pellegrini.
Marco. Ti dico solo questo, ero alle prove e mi è arrivato un sms da Maurizio che ventilava l’ipotesi di voler affrontare questa impresa. Avevo già prenotato le vacanze ma dopo una lunga notte insonne sono riuscito a organizzarmi (Adoro fare queste cose). Avevo già affrontato il cammino di Santiago in solitaria poiché Maurizio non era riuscito a venire, qualcosa era rimasto in sospeso e questa era l’occasione giusta per trascorrere un po’ di tempo col mio amico di sempre.

Cosa si pensa quando si cammina per così tanto tempo? La mente prende altre strade o segue il sentiero con il corpo?
Maurizio. Non è facile, hai tanto tempo a disposizione. Puoi rimanere incantato dalla bellezza dei panorami o usarli per i tuoi pensieri. La cosa quasi incredibile è che anche se sei in compagnia ti scopri in certi momenti a viaggiare per conto tuo.
Marco. A mio parere, la mente segue altri percorsi, snocciola lati nascosti della personalità che in condizioni “normali” non riusciresti mai a scoprire. La fatica, la paura, il sacrificio, la gioia, la soddisfazione e il rapportarsi con gli altri, prendono un altro sapore. Un sapore che mi piace tanto.

Se dovessi ripercorrere tutti i km fatti quali sono stati “quelli facili e quelli difficili”?

Marco. Qualsiasi cosa prima di essere affrontata sembra difficile, poi, quando arrivi su un letto a riposare, ricordi solo le risate che ti sei fatto durante la giornata, Come si dice pure? Stanco ma felice.

Hai mai pensato di tornare indietro o prendere il primo treno e andare a casa?
Maurizio. Assolutamente mai. Però fino all’ultimo giorno non riuscivo a capacitarmi del fatto di riuscire a fare così tante ore e tanti chilometri. Ho avuto paura di crollare di colpo. Fortuna che son giovane… ;-)

Siete due ragazzi!!! Cosa rappresenta casa per voi?
Marco. È il luogo sicuro dove torni sempre, dove hai i tuoi affetti più cari, quelli che quando sei lontano, ti mancano da morire.
Maurizio. E’ la mia famiglia. Niente di più.

Un libro che parla di viaggi a cui vi siete ispirati o una canzone che vi ha tenuto compagnia.
Maurizio. Sarò banale ma come libro penso ancora a “On The Road”. Non ha molto a che fare con l’idea del cammino ma quando lo lessi, sull’idea del viaggio, mi diede una bella prospettiva.
Di canzoni ne abbiamo cantate varie. Se devo dire la mia, la sera prima di partire sono andato a fare una serenata su commissione (?!). Dei tre brani fatti uno era “Io Che Amo Solo Te” di Sergio Endrigo. Mi è rimasta in testa per tutto il viaggio.
Marco. Non adoro particolarmente i libri sui viaggi, con tutto il rispetto dovuto, è come guardare le diapositive delle vacanze di un altro. Un viaggio è un dono, un regalo che preferisco mantenga il fattore sorpresa. Forse Maurizio non l’ha detto, ma siamo due musicisti e ogni pretesto era buono per attaccare un motivetto o un ritornello. A volte basta un'alba, un fiore, un soffio di vento e si parte a cantare. Nonostante questo, avevo sempre in testa la colonna sonora dell’Armata Brancaleone.

Se fossi stato il tuo zaino cosa avresti detto a Marco?
Marco. « È ora che la smetti di impregnarmi gli spallacci con il tuo sudore puzzolente!»

La forza del viaggiatore sta nelle sue gambe o nella sua testa?

Maurizio. Nella testa, indubbiamente. Poi devi sicuramente essere attento e fortunato.

Un panorama che vi è rimasto nel cuore, negli occhi e che rappresenta il vostro viaggio.
Marco. Il sorgere del sole e quel suo colorare a poco a poco tutto quello che ti circonda.
Maurizio. L’alba sulle crete senesi certamente. Difficilmente ho avuto la fortuna di vedere paesaggi del genere.

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Qualcosa che vorresti dire di Maurizio che conosci solo tu.
Marco. Non avrei potuto affrontare questa impresa con nessun altro se non con te. Sei stato grande come l’amicizia che ci lega.

Qualcosa che vorresti far sapere a Marco che non hai detto durante il viaggio.
Maurizio. Visto il poco tempo a disposizione non l’ho ringraziato abbastanza. Come dicevo prima ci sono stati momenti dove pensavo a quanto potevo spingermi fisicamente e avevo il dubbio di crollare di colpo. Lui non ha mai avuto dubbi. E’ stato quello per cui è valsa la riuscita.

Avete scritto un diario o qualcosa di simile?
Marco. Dormivamo circa tre ore per notte, ho scritto qualche appunto che di sicuro svilupperò in seguito.
Maurizio. Sempre a causa del poco tempo, io no (anche se me lo ero promesso). Rimangono i pensieri serali scritti di getto sui social network. Rileggendoli adesso danno comunque l’idea di quello che si provava.

Quando siete giunti a Roma cosa avete provato?

Maurizio. E’ sempre un misto di gioia e di tristezza. Gioia ed emozione pura nell’entrare nella Basilica che era in ogni caso la meta. Tristezza perché sei consapevole che la storia è finita e devi rimetterti nei parametri soliti. Dura, eh…

Durissima.
Marco. Bè, subito un gran senso di soddisfazione, poi piano piano si insinua quella tipica amarezza che ti accompagna verso il ritorno alla vita “normale”.

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Cosa vi manca del viaggio? Perché si dice che il viaggio non è la meta ma il percorso fatto. È vero?

Marco. Mi manca il fatto che l’unico pensiero appena sveglio, era infilare lo zaino e macinare chilometri. Sì, la mente libera del mattino mi mancherà parecchio. Il bello della meta è proprio il percorso che si fa per raggiungerla, compreso tutti gli imprevisti del caso. Mi piace dire che dietro ad ogni imprevisto si cela sempre un’avventura.
Maurizio. E’ verissimo. Il viaggio è quando sei in viaggio. La meta alla fine rimane una tappa tra le tante. Magari con una pausa più lunga.

Cosa è per voi un sogno?
Marco. Quella cosa per cui vale la pena vivere.
Maurizio. Qualcosa che pensi di poter realizzare. Ogni tanto succede che ce la fai. Questa volta dovremmo esserci riusciti.

Io penso proprio di sì. Marco tu hai percorso 870 km nel cammino di Santiago, di quell’esperienza cosa ricordi? Quale messaggio vorresti lasciare a chi ci legge?
Marco. Ero partito solo, ed è stata un’esperienza insolita, al di là del discorso fisico, che con un po’ di allenamento tutti possono affrontare, quello che mi ha maggiormente colpito è stato l’interagire con le persone che ho incontrato. È una continua scoperta di te stesso e degli altri, che mai ti succederà nella vita. Sei tu e basta. E il prossimo ti vede e ti apprezza per quello che sei. Mi spiego meglio, se sei con la compagna, o l’amico del cuore, sei un’altra cosa. Durante il cammino, incontri chi devi incontrare e perdi chi devi perdere. Questa è la vera magia. Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare parecchio ma sono convinto che il cammino di Santiago rimanga il viaggio che ti cambia per sempre.

Per te invece Maurisio, Roma è una meta familiare, cosa è cambiato stavolta oltre la compagnia durante il viaggio?
Maurizio. Nel 2000 la pianificammo con più tempo, sapevamo meglio a priori le strade che avremmo percorso. Andammo verso la Romagna scollinando al passo del Verghereto e seguendo la valle del Tevere fino a Roma. Questa volta, pensata e decisa in meno di un mese, pensavamo di fare una strada più corta anche se più dura. Nella realtà è stata certamente più dura ma anche molto più lunga. Qualche calcolo non era giusto… I panorami, i paesi e gli incontri ci hanno ripagato di tutto.

State già pesando al prossimo cammino? Insieme o divisi?
Marco. Lascio che a decidere sia il destino. Come dice Tex Willer « Quien sabe?»
Maurizio. Per adesso non ho altre idee se non sempre quella di Santiago. Rimane la difficoltà del tempo. Per come la voglio fare mi serve un mese a disposizione e sarò in difficoltà ancora per un po’. Intanto mi sono iscritto alla maratona di Londra per il prossimo aprile. Come dice Haruki Murakami: 
Affronto i compiti che ho davanti e li porto a compimento a uno a uno, fino a esaurimento delle forze. Concentro la mia attenzione su ogni singolo passo, ma al tempo stesso cerco di avere una visione globale, e di guardare lontano. Perché si dica quel che si vuole, ma io sono un maratoneta. 
E, aggiungo io, non è così diverso dall’essere un pellegrino.



Samantha Terrasi
Vivo tra Torino e Roma, dove sono nata. Mia nonna avrebbe voluto che mi chiamassi Maria Concetta, ma per fortuna mio padre di ritorno da un viaggio negli States mi ha chiamato Samantha, rigorosamente con la h. Formazione scientifica, una laurea in biologia molecolare per poi scegliere di tramandare il mio sapere agli studenti. Sono una professoressa di matematica e scienze senza occhiali e quando non mi trovo tra equazioni e studenti, scrivo.
Parole nel vento, Aletti Editore, 2012.
Ti aspetto, Lupo Editore.



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