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Caravaggio, tra genio e sregolatezza

Caravaggio, tra genio e sregolatezza - Arte

Arte Di Letizia Bilella Michelangelo Merisi detto Caravaggio, talento assoluto e un pessimo carattere, genio e sregolatezza. Tra risse e guai con la legge, lascia al patrimonio artistico mondiale un segno indelebile: quel contrasto tra luci e ombre cui affida il compito di restituire sulla tela l’evidenza del reale.

Fu Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio per via del luogo di provenienza della famiglia paterna, figlio di un’epoca contraddittoria che assorbì i lussi della pompa romana e il rigore della Controriforma milanese di San Carlo Borromeo, quella che regolava con severità riti e letture sacre della liturgia e rifondava le basi della Chiesa Cattolica dopo lo strappo luterano. 
Michelangelo Merisi nacque a Milano il 29 settembre del 1571, giunse a Roma all’inizio del 1593; aveva poco più di 20 anni e alle spalle un apprendistato milanese (1584-1588) presso il pittore Simone Peterzano, un periodo di attività autonoma e un soggiorno a Venezia.
Attira l’attenzione del cardinale Francesco Maria Del Monte, ambasciatore mediceo a Roma. Presto, Caravaggio si trasferisce a palazzo Madama, residenza del porporato; la sua permanenza lì dura fino al 1600 circa. Esegue per il cardinale diversi dipinti, ma ha contatti anche con importanti figure romane come Ottavio Costa, Gerolamo Vittrici e il marchese Vincenzo Giustiniani.
La prima importante commissione pubblica sono i laterali della cappella Cantarelli in San Luigi dei Francesi (con la Vocazione e il Martirio di San Matteo), eseguiti fra l’estate del 1599 e il 1600.

Gli ultimi anni romani furono assai turbolenti, tanto che il 28 maggio del 1606, durante una rissa al gioco della pallacorda, uccise Ranuccio Tomassoni ed egli stesso rimase ferito. 

Ricercato per omicidio (condannato alla pena capitale), Caravaggio fugge, dapprima a Poliano nei feudi Colonna e nell’autunno del 1606 a Napoli dove rimane fino all’estate del 1607, eseguendo una serie di pale d’altare.
Nel luglio 1607 si trasferisce a Malta (verosimilmente) per conseguire l’investitura di cavaliere dell’ordine omonimo; sull’isola realizza la sua tela più grande: la Decollazione del Battista, unica opera firmata.
Non era un tipo tranquillo, Caravaggio, nell’estate del 1608 viene coinvolto in un’altra rissa e arrestato, ma il 6 ottobre risulta evaso dal carcere. Approda in Sicilia, dove nell’arco di un anno si sposta da Siracusa a Messina, eseguendo dei veri e propri capolavori: a Siracusa il Seppellimento di Santa Lucia; a Messina la Resurrezione di Lazzaro.
Il 24 ottobre del 1609 è a Napoli dove viene aggredito e ferito all’osteria del Cerriglio; abbandonerà la città alla fine di giugno 1610 e andrà a Palo, sul litorale laziale. Le circostanze della successiva morte non sono chiare: avvisi pontifici e i biografi riportano la notizia del decesso sulla spiaggia di Porto Ercole, e un epitaffio di Marzio Milesi riporta la data del 18 luglio 1610.

Da decenni – sempre con maggiore forza – si è formato un vero e proprio culto intorno alla personalità e al percorso e dell’uomo e dell’artista Caravaggio. 

Si susseguono le esposizioni: ultima in ordine di tempo Caravaggio Experience.
Le immagini a cui Caravaggio affida il suo tentativo di affermazione professionale sono significative e originali per l’ambiente romano: cinque dipinti che hanno per soggetti “ragazzi”, Ragazzo che monda un frutto, Bacchino malato, Ragazzo con vaso di fiori, Ragazzo con cesto di frutta, Ragazzo morso da un ramarro. Su queste cinque immagini esiste un’enorme letteratura critica e sono stati individuati molti significati allegorici, religiosi, omoerotici, mitologici. Non è facile capire il perché Caravaggio abbia scelto questo tipo di soggetti per tentare di mettersi in proprio e diventare pittore indipendente. Il rischio era grande e a quei quadri era affidato un ruolo decisivo.

Caravaggio - Ragazzo che monda un frutto, Bacchino malato, Ragazzo con vaso di fiori, Ragazzo con cesto di frutta, Ragazzo morso da un ramarro

Il Caravaggio non apprezzava altri che se stesso, chiamandosi egli fido, unico imitatore della natura; contuttociò molte e le migliori parti gli mancavano, perché non erano in lui né invenzione né decoro né disegno né scienza alcuna della pittura mentre tolto dagli occhi suoi il modello restavano vacui le mano e l’ingegno.

Attraverso l’intervento di Pietro Paolo e Giacomo Crescenzi e del Cardinal Del Monte, ottenne nel luglio del 1599 la sua prima commissione pubblica: i due laterali con il Martirio di san Matteo e la Vocazione di san Matteo per la cappella Cantarelli in San Luigi dei Francesi. 

La decorazione è stata lasciata incompleta nel 1593 dal Cavalier d’Arpino, che ne ha affrescato soltanto il soffitto. Nella cappella Cantarelli, nell’estate del 1600, vengono collocate due scene sconvolgenti, tanto è impressionante il loro naturalismo; il Martirio propone un’immagine piena di personaggi che paiono in carne e ossa, con fonti di luci diverse, quasi intermittenti nei loro effetti drammatici e instabili, con un movimento centrifugo che parte dal centro scandaloso del quadro: il corpo nudo e bellissimo dell’aggressore, che sottomette il santo e lo fa scivolare in una zona scura sul primo piano, abitata da tre figure maschili, altrettanto nude, che costituiscono uno dei molti quesiti, spesso nemmeno enunciati, che il capolavoro propone. A Roma non si è mai visto nulla di simile. Il successo pubblico di Caravaggio decolla senza più soste e si moltiplicano anche le richieste da parte dei committenti privati per dipinti da stanza.
Allo stesso tempo si manifesta un crescente interesse anche da parte degli artisti, che nel giro di pochi anni si convertiranno al nuovo linguaggio, dando vita ad una Schola caravaggescaImparano a dipingere vivendo accanto a lui, mescolando esperienze di vita e approfittando di quel metodo che non ha più bisogno di estenuanti fasi di apprendimento, come prescriveva l’insegnamento accademico e come lo stesso Caravaggio aveva sperimentato nella bottega dell’Irpino. Tutti e quattro quei ragazzi diventeranno, già dalla fine del primo decennio, grandi protagonisti della scena artistica romana, ognuno mettendo a punto una propria interpretazione del naturalismo. Il caso, forse, più evidente è quello del Boneri, che sappiamo essere stato modello di Caravaggio per l’Amore Vincitore.

Caravaggio - Martirio di san Matteo e Conversione di San Paolo

Il 24 settembre del 1600 Caravaggio firmò il contratto per due tele da eseguire per monsignor Tiberio Cerasi per la sua cappella in Santa Maria del Popolo, raffiguranti la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro.

Per entrambe Caravaggio dipingerà delle versioni iniziali, prima di arrivare alle definitive. La realizzazione si protrarrà nel tempo, fra il 1601 e il 1604. Nelle due tele si manifesta ulteriormente l’approccio naturalistico delle scene; si guardi alla commovente impaginazione della Conversione, che si svolge nell’angusto spazio di una stalla, dove è avvenuto l’atterramento di Saulo folgorato dalla luce, mentre il palafreniere trattiene il cavallo irrequieto per l’evento soprannaturale. Le figure, ritratte a grandezza naturale, occupano l’intero spazio, e la grande massa del cavallo diventa il centro dell’immagine. 
Il 6 ottobre a Napoli firma il contratto per una pala d’altare per Nicolò Radalovich, che gli versa 200 scudi, la misteriosa opera non è stata identificata, mentre non ha precisi riferimenti di allogazione la grande Madonna del Rosario, oggi a Vienna, che nel 1607 si trovava sul mercato a Napoli, probabilmente già proprietà del pittore fiammingo Louis Finson, grande amico del Merisi che lo portò con se ad Amsterdam.

La furia esecutiva di Caravaggio lascia sbalorditi. 

Nel gennaio 1607 riceve 370 ducati a saldo della pala delle Sette opere di misericordia, per l’altare maggiore del Pio Monte della Misericordia. Un’opera complessa, piena di movimento e di figure, poiché concentra in un’unica scena tutte e sette le opere di misericordia: un vicolo che diventa una sorta di set teatrale in cui si intrecciano drammaticamente i casi e le vicende di vari personaggi. 
A Siracusa – secondo Susinno [pittore e biografo, ndr] –, Mario Minniti, suo vecchio amico, lo raccomanda presso il senato della città, affinché gli sia affidata una commissione: il Seppellimento di Santa Lucia. Nella grande tela si accentua il sentimento tragico del pittore, con le figure sistemate come una cartina sul primo piano arretrato e un enorme spazio vuoto che le sovrasta; su una sorta di proscenio agiscono i due grandi corpi dei manovali che preparano la fossa in cui verrà calata la santa, deposta sul ciglio della buca. Il senso del dolore sta tutto in quella comunità silenziosa che si assiepa dietro la santa, con la verità di un sentimento senza tempo, mentre davanti contrasta l’attenzione indifferente dei due becchini impegnati a compiere il lavoro e a sentire le indicazioni del vescovo che li guida da destra. 
Caravaggio non doveva sentirsi al sicuro a Siracusa, e già a fine novembre 1608 l’abbandona per trovare sistemazione a messina, dove realizzerà due grandi pale d’altare: una Resurrezione di Lazzaro, commissionata dal genovese Giovan Battista dè Lazzari per i padri crociferi, ai quali fu consegnata il 10 ottobre del 1609; e l’Adorazione dei pastori che il Senato cittadino – secondo Susinno – ha ordinato per l’altare maggiore della chiesa dei Cappuccini. Nella Resurrezione è ancora evidente, rispetto al Seppellimento siracusano, la disposizione dei personaggi tutti sul primo piano, secondo un andamento che evoca i fregi classici, soprattutto per la bellissima figura di Lazzaro, che sembra un eroe antico, nudo, con le braccia aperte, ancora indeciso se accettare il richiamo alla vita che Cristo gli intima, o se lasciarsi andare e tornare all’oblio del sepolcro.

Caravaggio - Seppellimento di Santa Lucia e Resurrezione di Lazzaro

Un talento assoluto e un pessimo carattere, Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Genio e sregolatezza che tra risse e guai con la legge, lascia al patrimonio artistico italiano e mondiale un segno indelebile; quel contrasto tra luci e ombre a cui affida il compito di restituire sulla tela l’evidenza del reale.


Letizia Bilella

Letizia Bilella
Diploma di maturità in Perito Commerciale e Programmatore, e laurea in Conservazione dei Beni Culturali (nello specifico in Beni Archivistici e Librari). Amo i libri sia come contenitore, sia per il contenuto. Amo scrivere, sia nel senso proprio di impugnare una penna, sia buttare idee su un foglio e dar loro forma. Dal 2010 collaboro con un settimanale della mia provincia (AG), e con varie testate giornalistiche della zona, occupandomi di cultura, spettacolo, e in alcuni casi anche di politica locale. Nel mio piccolo comune (Burgio) faccio la guida turistica, e collaboro attivamente con l’Amministrazione Comunale nell’organizzazione di eventi. Amo tutto quello che è arte, in ogni sua forma, ogni suo aspetto.


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