Gli scrittori della porta accanto

Intervista a Giancarlo Bosini, architetto e scrittore di gialli

Intervista a Giancarlo Bosini, architetto e scrittore di gialli

People | A cura di Tiziana Viganò. Intervista a Giancarlo Bosini. Milanese doc, di Porta Vittoria. Laureato in architettura, autore di Orazio & Company, I disperati casi dell’ispettore TombiniGiallo Milano.

Giancarlo Bosini è milanese doc, di Porta Vittoria, come me. Dopo essersi dedicato agli studi tecnici e artistici, si è laureato in architettura, specializzandosi in urbanistica e attualmente contribuisce alla realizzazione di opere civili per una multinazionale. Nel 2011 ha pubblicato Orazio & Company, EdiGiò, nel 2014 I disperati casi dell’ispettore Tombini e nel 2016 Giallo Milano, 0111edizioni. La prima cosa che salta all’occhio leggendo “Giallo Milano” è la tua competenza in materia di arte e di architettura di cui dai ampie spiegazioni, mescolandole, con grande maestria e originalità, alla trama gialla vera e propria.

I libri di Giancarlo Bosini

Intervista a Giancarlo Bosini

Chi è Giancarlo Bosini? Vogliamo conoscerti …
Sicuramente sono una persona come tante, con un lavoro, una casa e una famiglia. Nel poco tempo libero cerco di dedicarmi a quelli che sono i miei interessi e quotidianamente ritaglio un po’ di spazio per la scrittura, che da qualche anno per me è diventata una cosa importante.
Ho sempre avuto fin da ragazzino un grande interesse per l’arte e soprattutto per la pittura, alla quale in passato mi sono dedicato per alcuni anni; un modo per esprimere quello che a parole allora mi risultava difficile. Con gli anni le cose sono cambiate e io pure. Oggi, nonostante per professione mi occupi di attività civili, l’interesse per l’arte non l’ho perso, anzi, probabilmente l’ho anche rafforzato.

Come mai hai scelto di scrivere gialli? Cosa ti attrae in questo genere letterario?

La narrativa ”gialla” è il genere che mi diverte maggiormente leggere e in particolar modo quel filone, il più antico, in cui l’indagine diventa l’asse portante del racconto. C’è un delitto da risolvere e c’è un investigatore, spesso privato o dilettante, che scopre il colpevole analizzando anche i più impensabili indizi.
Mi piace vedere come chi indaga si muove, cercare di carpire qualche indizio prima di lui, intuirne le mosse e pian piano accompagnarlo durante l’evolversi dei fatti. Per me diventa quasi un gioco, una sorta di gara per vedere chi l’azzecca per primo.
Nei miei gialli i protagonisti indagano in modi differenti, ma fondamentalmente tutti si affidano all’osservazione e all’analisi dei fatti. Pochissime le scene d’azione, praticamente assenti gli inseguimenti, come pure le scazzottate e le sparatorie. Potrei dire che sicuramente, anche se inconsciamente, per restare nell’ambito dei “mostri sacri”, l’autore che mi ha maggiormente influenzato è la Christie, ma anche Conan Doyle con le indagini del suo Sherlock. Per quanto riguarda invece autori italiani contemporanei, probabilmente un po’ di influenza l’ho avuta da Loriano Macchiavelli (Ispettore Sarti), Carlo Lucarelli (Ispettore Coliandro) e Andrea Camilleri (Il commissario Montalbano).
A differenza di quanto attiene al giallo classico, posso dire che i casi dei miei personaggi non sono solamente letteratura di intrattenimento. In “Orazio” e “Tombini” palese è la satira indirizzata a tanti aspetti della nostra società, mentre Giallo Milano offre spunti di riflessione che spaziano dall’arte alla storia, dalla storia alla politica.

Dove trovi l’ispirazione per i tuoi libri? Come ti organizzi per scrivere?

Come mi vengono le idee per una nuova trama? Il desiderio di scrivere una cosa piuttosto che un’altra in genere non emerge a tavolino, è qualcosa che si crea nell’inconscio; poi però bisogna dare corpo alle idee e qui devi fare una serie infinita di considerazioni di ogni tipo, perché dalle scelte che si faranno dipenderà molto il taglio del racconto e di conseguenza quello che in futuro sarà l’interesse che susciterai sui lettori. Una serie di scelte che possono risultare difficili.
Ho provato a seguire uno stesso metodo per affrontare ogni nuovo libro, ma mi sono accorto che ogni storia ha una sua peculiarità che richiede approcci differenti. In ogni caso, visto che ho il difetto di buttarmi in mille cose contemporaneamente e il tempo che ho per la scrittura è sempre più scarso, adotto la strategia del buono alla prima. Cosa significa? Significa che preferisco dedicare molto tempo alla pianificazione del romanzo, in modo che poi, quando inizio a scriverlo, tutti gli intoppi e le contraddizioni sono già stati affrontati e risolti e non corro il rischio di impiantarmi successivamente sulla trama. A questo punto la stesura del romanzo diventa il racconto di una storia che già ben si conosce e la scrittura diventa veloce, le parole escono da sole e le pennelli con il tuo stile, qualunque esso sia; raffinato, colto, ricercato e così via. Personalmente io prediligo un linguaggio semplice e popolare, perché la semplicità del linguaggio può far appassionare anche quella grande sacca di lettori che vivono la lettura con una certa riluttanza. Chiaramente non è tutto velluto e qualche rimaneggiamento, come è naturale, mi capita sempre di doverlo fare nelle varie riletture.

Com’è nato il tuo primo libro? 

Leggo “Una catena di avvenimenti vede il maggiordomo Orazio impegnato nella soluzione di intricatissimi casi: dal rapimento di Babbo Natale, alla sparizione di un preziosissimo posacenere. Sullo sfondo, una moltitudine di personaggi partecipa a storie dove intrigo e suspense sono i protagonisti….” Molto divertente questa sinossi. Che cosa ti ha ispirato i racconti di Orazio &Company?
Devo dire che il mio primo libro è nato per caso. Anni fa, frequentando un corso, ho iniziato a scrivere dei racconti ispirati alle infinite stranezze dei miei simpaticissimi compagni. Tempo dopo casualmente mi sono ricapitati tra le mani, non mi sono sembrati male, così li ho inviati a qualche editore. Sono stato fortunato, qualcuno li ha apprezzati ed è nato così “Orazio & Company”, il mio primo libro.

Il tuo secondo libro: I disperati casi dell’ispettore Tombini racconta di un piedipiatti allergico alle regole e alla disciplina, un giallo ironico e surreale per bambini e per adulti, con una particolarità, è adatto ai dislessici: perché?
Mi sono sempre chiesto perché molte persone non leggano. Per molti, fin da bambini, leggere è una fatica. Parole di cui si conosce il significato, ma che una volta organizzate in frasi di senso compiuto diventano un messaggio faticosamente decifrabile.
Mi sono così reso conto che persone con difficoltà di comprensione del testo ce ne sono tante. Persone che a causa di questo problema vivono la lettura come una sofferenza. Forse, mi sono detto, se si trovasse una forma espressiva semplice, immediata, con storie volutamente brevi, tutto potrebbe diventare più facile e far avvicinare ai libri anche i più ostili. Da questa riflessione l’idea di scrivere un libro “facile”, con linguaggio semplice, incalzante, in grado di invogliare alla continuazione della lettura. Ne è uscito un libro adatto a tutti: ragazzi e adulti con la voglia di passare qualche ora divertendosi.

Ma chi è l’ispettore Tombini?

Tombini è un poliziotto dentro. Per lui il lavoro non termina quando la sera se ne torna a casa, ma solo quando l’enigma è risolto. Non più tanto giovane, sicuramente non ha un fisico atletico, è pieno di acciacchi che gli complicano la vita, ma che lui cerca eroicamente di ignorare. Soffre di mal di schiena, di asma, di ulcera e chi più ne ha più ne metta. Non ama lavorare da solo e gli piace condividere le sue indagini con vari personaggi. Apparentemente può sembrare uno sconfitto, ma in realtà, con le sue capacità, la sua determinazione e la sua lealtà è l’unico vero trionfatore. Ha un debole per le ragazze, che inspiegabilmente cascano tutte ai suoi piedi; un rapporto politicamente scorretto, ma qui descritto con molta ironia. Vive in una città non definita, con le caratteristiche della grande metropoli, forse un po’ più americana che europea, proprio perché gli stereotipi a cui si fa cenno nel libro sono spesso stati importati dalle pulp stories e dalla cinematografia hollywoodiana.


Se i primi due libri sono divertenti, il terzo libro è decisamente serio. Giallo Milano edito da 0111. È un giallo molto interessante: io lo chiamerei arte-thriller o archi-thriller, e lo trovo veramente originale, mi è piaciuto moltissimo!
Milano è una città in cui molte testimonianze del passato, sia artistiche che storiche, sono andate perse o, nel migliore dei casi, sono state dimenticate e ora forse risultano sconosciute alla maggior parte dei suoi abitanti.
Ho voluto scrivere un romanzo in cui queste cose, tra cui spaccati della quotidianità del passato, potessero essere ricordate amalgamandosi con la narrazione del racconto. Grande spazio ho voluto darlo ai navigli, in gran parte scomparsi verso la fine degli Anni Venti del secolo scorso.
Con Milano ho un forte legame, dovuto anche al fatto che da generazioni è la città della mia famiglia. Probabilmente sono stati i motivi affettivi quelli che mi hanno spinto a voler approfondire la conoscenza della sua storia.
Giallo Milano è un romanzo in cui c’è un mistero e qualcuno che si muove per svelarlo o meglio che si muove per capire perché un delitto è stato compiuto. Il protagonista, Luigi Bellotti, quello che si mette nei panni dell’investigatore, è un architetto quarantenne molto determinato ad arrivare in fondo alla sua indagine.
Al suo fianco altri personaggi; un amico critico d’arte molto attento al cambiamento sociale, che è stato il pretesto per esprimere alcuni miei punti di vista; Giuseppe, un capomastro che lo fa avvicinare alla protesta nascente; una ex fidanzata che Luigi non è mai riuscito a dimenticare e molti altri che personificano figure della vecchia Milano o del potere deviato.

Milano è una città riservata, non è facile scovare le sue bellezze, anche se negli ultimi anni è stata scoperta dal turismo internazionale e quindi valorizzata. 

Perfino i milanesi non conoscono proprio tutto della città: come ti è venuta l’idea del favoloso ritrovamento dell’affresco di Leonardo a Santa Maria Rossa, una deliziosa chiesetta di Crescenzago, in fondo a via Padova?
Leonardo era un personaggio che sarebbe stato molto funzionale al tipo di storia che volevo scrivere e la riproduzione del Cenacolo che troviamo dipinta a Santa Maria Rossa, chiesa medioevale che incontriamo già nelle prime pagine di Giallo Milano, mi ha dato l’idea del favoloso ritrovamento di una inedita versione dell’Ultima Cena, realizzata dal maestro toscano a fine ‘400, poco prima di quella che tutti conosciamo.
Nel 1923 molte strutture originarie di Santa Maria Rossa sono state misteriosamente fatte sparire. Questo episodio è quello che mi ha fatto pensare all’esistenza di un intrigo, come se qualcuno avesse voluto occultare per sempre qualcosa che non doveva essere visto. Qualcosa forse legato a Leonardo Da Vinci. L’intrigo è stato il collante che mi ha permesso di collegare vari accadimenti anche reali ad un unico filo conduttore.


Milano è protagonista, con i suoi luoghi e con la sua storia, quella del Sessantotto. Chi ha vissuto quegli anni formidabili ci si ritrova, rivive i momenti, gli ideali, le lotte, i luoghi, anche se il romanzo non è su quel tempo, ma è ambientato in quel tempo… E finisce con la bomba di Piazza Fontana, l’inizio della strategia della tensione, i servizi deviati e poi degli anni di piombo. Credo che chi ha vissuto quegli anni ricorderà molto bene l’atmosfera che tu descrivi e chi non c’era imparerà qualcosa. Però di quegli eventi politici cosa c’è di vero e cosa c’è di falso nel libro?
Innanzitutto vorrei spiegare perché ho voluto ambientare Giallo Milano proprio in quegli anni. Come per Milano esiste una serie infinita di cose che sono andate perse o dimenticate, anche per gli anni del ’68 ho la sensazione che dopo cinquant’anni se ne stia dimenticando il grande significato sociale che hanno rappresentato. Ho voluto ricordare questa irripetibile epopea. Oggi le nuove generazioni ne hanno spesso solo una vaga conoscenza, ma il ‘68 è stato molto importante perché ha portato ad un notevole cambiamento dello stile di vita. Uno stile che oggi è praticamente condiviso da tutti.
In Giallo Milano di vero sicuramente c’è il clima di quegli anni. Lo sbalordimento dell’opinione pubblica di fronte ad un fenomeno che, attraversando l’intero pianeta, ha accomunato un’intera generazione giovanile. L’impreparazione della politica di fronte al nascere di una protesta che mette in discussione l’intera organizzazione della società. Il pensare che tutto si sarebbe esaurito in meno di una stagione e senza lasciare tracce. La repressione che, anziché riportare tutto all’ordine, costituirà invece il propellente per una ancor più dura protesta.

Cosa c’è di vero e cosa c’è di falso nel resto della storia che hai raccontato relativa all’affresco di Leonardo, a Santa Maria Rossa? E Santa Maria Nera, un giallo nel giallo…
La trama è sicuramente di fantasia, ma, come spiego nelle note dell’autore, fa propri alcuni episodi storici accaduti tra Medioevo e giorni nostri, che, se le cose si fossero concatenate diversamente, forse avrebbero potuto dare luogo ad una storia simile. E’ così che incontriamo personaggi reali, come i Crociati, Leonardo Da Vinci, il novelliere Matteo Bandello, il vescovo Antonio Arcimboldi, l’architetto Luca Beltrami, fino ad arrivare a quei personaggi senza nome e senza volto che si sono resi strumento del potere deviato e artefici di quel periodo che oggi ricordiamo con il triste nome di “anni di piombo”.
Non ci sono prove che Leonardo sia mai stato dai Canonici a Santa Maria Rossa, mentre degli affreschi del Bergognone, famoso pittore lombardo suo contemporaneo, a Santa Maria Rossa è ancora possibile vedere tracce dei suoi affreschi nella cappella di Santa Caterina, il cui culto è stato importato in Occidente dai Cavalieri Crociati di ritorno dalla Terra Santa. Esistono poi elementi indiretti che dimostrano che le visitazioni di Luca Beltrami a Santa Maria Rossa non sono solo il frutto della mia fantasia.
Santa Maria Bianca e Santa Maria Nera, edificate sempre nei pressi dello stradone che da Milano conduceva a Venezia, sono altre chiese che in qualche modo hanno avuto relazioni con le comunità dei Canonici. Mentre la “Bianca” è ancora esistente, della “Nera” non esiste più alcuna traccia, quasi si fosse voluto farne perdere per sempre il ricordo. Un altro elemento da aggiungere ai misteri di Giallo Milano.

I navigli (erano già coperti), luoghi come le Cucine economiche Montegrappa, le ville sulla Martesana, Santa Maria Nera e Santa Maria Bianca, Palazzo Berra, o i personaggi, Matteo Bandello, Leonardo…

I navigli di Milano sono stati coperti in gran parte a cominciare dal 1929 e all’epoca dei fatti narrati in questo romanzo già non erano più navigabili.
L’architetto Bellotti non avrebbe quindi potuto lasciarsi trasportare dai battellini “verdone triste” che per altro non sono mai esistiti, ma a me è piaciuto pensare che i navigli fossero ancora navigabili come un tempo. Tutti i luoghi descritti nel racconto e la loro storia sono reali. Un’eccezione è stata fatta per le Cucine Economiche Montegrappa che non sono mai state occupate per essere trasformate in un centro sociale e per il colore delle facciate storiche che è stato sostituito con il bianco crema solo a partire dai primi anni 2000.
Ho così utilizzato luoghi reali per ricreare una Milano quasi immaginaria, più poetica, più a misura d’uomo. La città che vorrei!
I personaggi storici sono anch’essi reali, tranne Eugenio, l’ultimo discendente della famiglia Berra, mentre il terremoto del 1494 fortunatamente non è mai avvenuto.
La storia deve quindi essere considerata solo il frutto della mia fantasia, anche se i fatti narrati, per coincidenze temporali, avrebbero potuto legarsi gli uni agli altri nel modo da me descritto.

Il protagonista, il professor Bellotti: che cosa rispecchia di te?
Luigi Bellotti caratterialmente è un personaggio molto diverso da me: dubbioso, spesso insicuro, fatalista e con qualche strana fobia, tipo la paura del buio e quella del vuoto.
In comune con me ha la sua professione e il grande interesse per i navigli. Scegliere un protagonista che facesse il mio lavoro mi ha sicuramente avvantaggiato nel creare il personaggio e mi ha permesso di fargli esprimere una serie di mie opinioni sull’architettura e sull’arte; cose che dette nel mondo reale avrebbero potuto creare delle perplessità, ma che, se sostenute dal personaggio di un libro, acquistano una loro credibilità.

Che significato hanno per Giancarlo Bosini i suoi libri? C’è uno dei tuoi romanzi a cui sei affezionato in modo speciale?

Quando inizi a scrivere, il motivo è sicuramente legato al fatto che ti piace farlo. Se poi hai anche il desiderio di condividere quello che hai prodotto con qualcuno, allora devi cominciare a pensare di dover pubblicare. Inutile però farsi troppe illusioni, il mercato dell’editoria è un mercato dalle dinamiche molto complesse e diventare ricchi e famosi, oggi come oggi, è praticamente un’utopia, anche nel caso si dovessero possedere grandi qualità. “Uno su mille ce la fa!”
Le soddisfazioni non le devi cercare nella sfera materiale, bensì in quella intima. Innanzitutto l’aver scoperto un’attività che ti piace molto e che ti gratifica è già un grande risultato. Mai avrei pensato di scrivere un libro, il primo è uscito per caso, gli altri perché quando inizi a scrivere non riesci più a fermarti. Il fatto poi di aver trovato degli editori che mi hanno apprezzato, senza richiedere contributi, è stata sicuramente un’altra grande soddisfazione, come pure il sapere che la tua opera adesso sarà letta da altre persone.
Penso di avere parecchie idee per la testa e quando dico così non mi riferisco alle trame, ma ad una serie infinita di cose, che riguardano l’attualità, l’arte, la politica, la storia. I miei libri sono diventati lo strumento per metterle nero su bianco e vedo che la cosa mi dà piacere e soddisfazione. Con i libri poi ci si può permettere di esprimersi anche per mezzo di contenuti che nelle realtà potrebbero non essere condivisibili, ma nei libri sono i personaggi che parlano e allora, come ho già spiegato, tutto cambia.
A quale dei miei romanzi sono particolarmente affezionato? Su questo non ho dubbi: “l’ispettore Tombini”, secondo me una divertente satira del mondo reale.

Cosa pensi che la lettura dei tuoi romanzi lasci al lettore?
Un testo, qualunque sia l’argomento affrontato, è il frutto delle esperienze vissute fino a quel momento dall’autore. Credo che, anche se inconsciamente, in un libro si trasferisca sempre una parte della sua personalità e del suo modo di rapportarsi con il mondo. Spero che quanto io trasferisco di me nei miei libri possa trasformarsi in qualche interessante spunto di riflessione, ma tutto dipende anche dello stato d’animo in cui si trova il lettore. Quello che oggi per lui può avere un significato, domani potrebbe non averlo più.

Milano mon amour…C’è una nuova opera nel tuo cantiere di architetto-scrittore? Parlaci un po’ dei tuoi progetti per il futuro: ci sono nuovi lavori in corso, nuove pubblicazioni o ambizioni particolari?

Attualmente ho appena terminato il mio quarto romanzo. Una storia che si sviluppa sempre a Milano, ma questa volta ai giorni nostri. Un giallo in cui le grottesche e ironiche vicende della vita di un commissario e di un architetto si intrecciano con una catena di delitti legati ad un appartamento disabitato da tempo.
Da qualche tempo sto poi pensando ad una nuova trama, ma sto andando molto a rilento per via del poco tempo libero. La storia si ispira alle vicende del mulino Stucky di Venezia, oggi trasformato in albergo di lusso e centro congressi.
Ci saranno ancora misteri, complotti e agitazioni operaie e ritroveremo l’architetto Luigi Bellotti ed il suo amico, il critico d’arte Matteo De Cristoforis, i due protagonisti di Giallo Milano.
Ambizioni particolari non ne ho, ma vorrei poter dedicare alla scrittura molto più spazio di quello che le sto dedicando e non doverlo ritagliare solo nei pochi momenti di tempo libero che ho a disposizione.

Hai ancora qualche sogno nel cassetto da realizzare?
Personalmente in questo momento non ho grandi sogni nel cassetto per quanto riguarda la scrittura. Mi piacerebbe però che le mie opere potessero essere lette da sempre più persone, perché un romanzo, pur di fantasia, contiene sempre i tuoi pensieri e condividerli, come ho già spiegato, lo trovo bello.

Dove possiamo trovare i tuoi libri? E come seguirti?

I miei libri sono stati pubblicati da piccole case editrici, per cui la distribuzione nelle librerie è un punto debole. Come sappiamo, le librerie, sia grandi che piccole, vendono prevalentemente case editrici famose e autori noti, perché devono fare fatturato. Editori minori e autori emergenti vengono spesso snobbati e quindi risulta difficile trovare i loro libri sugli scaffali. Però è quasi sempre possibile farseli procurare.
Per quanto riguarda i miei libri, nelle mie pagine Facebook è reperibile l’elenco delle librerie di Milano e provincia che li vendono. Sono comunque tutti acquistabili in rete presso i più grandi rivenditori online, come Amazon e IBS.
Giallo Milano è pubblicato anche in versione e-book. Chi volesse seguirmi, trova news nelle mie pagine Facebook, facilmente rintracciabili perché hanno il nome dei miei libri: Giallo MilanoI disperati casi dell'ispettore Tombini.


Tiziana Viganò - Gli scrittori della porta accanto

Tiziana Viganò
Le idee migliori per scrivere, gli incipit e i finali si insinuano nella mia mente in quell’ora del mattino che precede di poco il risveglio, come nella nebbia, mentre sono ben sveglia quando in cucina mi diverto a inventare ai fornelli e sperimentare intrugli con erbe e spezie. Viaggiare è la mia passione e il mondo delle donne sta al centro dei miei interessi di scrittrice.
Milano in 100 parole, Giulio Perrone Editore.
Come le donne, PM Edizioni.
Sinfonia nera in quattro tempi, Youcanprint.
L'onda lunga del Titanic, Macchione.


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