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La cultura hippie degli anni '70, tra passato e presente

La cultura hippie degli anni '70, tra passato e presente

Lifestyle Anni '70 tra passato e presente, perché oggi le nuove generazioni stanno tornando a subire il fascino della cultura hippie, anche se in modo diverso, per via del filtro della tecnologia. Il messaggio di fondo, però, rimane lo stesso.

Chi ha avuto la fortuna di vivere gli anni ’70, nel pieno della propria giovinezza, oggi li ricorda con un solo e unico termine: colore. Colore e moda, aggiungiamo noi: un mix di tinte, di arte e di colpi di testa che ha reso unico questo decennio, quasi irripetibile nella lunga storia contemporanea del genere umano. E la ragione è semplice da capire: parliamo degli anni della cultura e della moda hippie, della ribellione giovanile, del senso di libertà assoluto, della musica e ovviamente del cinema. Tutti ingredienti che, mixati nello stesso calderone, hanno creato una vera e propria “pozione magica” che – ancora oggi – è in grado di stregare tutti. Pure le nuove generazioni, che quegli anni non li hanno mai vissuti, ma che vorrebbero porvi subito rimedio.

La moda hippie.

Una cultura che diventa moda, e viceversa. Il mondo hippie ha marchiato a fuoco gli anni '70, con colori vividi e fiori che sbocciavano ovunque, dai cannoni della nonviolenza fino ad arrivare ovviamente agli abiti e agli accessori. E i vestiti anni '70 più caratteristici, così come alcuni accessori, sono ancora oggi molto in voga, a dimostrazione della longevità di questo genere così particolare e distintivo. In fondo la moda di quel decennio ci ha donato un lascito da custodire in cassaforte, perché parliamo di una quantità di modelli davvero incredibili. Vi basti pensare ai ponchos, alle gonne larghe, alle mini-gonne, alla camicia tie dye e ad alcuni must come gli immortali pantaloni a zampa. E in lista vanno aggiunte anche le scarpe con le zeppe, le borse di tela e con frange, le camicie con gli strass, i top in pizzo crochet e gli occhiali oversize rotondi.

Il senso di libertà.

Gli anni '70 furono gli anni dei figli dei fiori: un’intera generazione che decise di sovvertire l’ordine delle cose e di lanciare un messaggio votato alla libertà. Nacquero slogan destinati a passare alla storia, dai già citati fiori nei cannoni, fino al celebre «fate l’amore e non la guerra». E non bisogna ridurre tutto alla banalità delle droghe e al sesso, perché dietro questa coltre si trovava una sostanza molto più ampia. Perché la libertà era certamente intesa a livello fisico e sensoriale, ma non solo: si andava a caccia della libertà interiore con uno studio e una continua auto-analisi, per conoscersi e potersi così esprimere più autenticamente.

Anni '70 tra passato e presente, perché oggi le nuove generazioni stanno tornando a subire il fascino della cultura hippie

La musica.

Impossibile parlare di anni ‘70 senza tirare in ballo la musica, perché sarebbe un po’ come fare i conti in osteria senza l’oste. Furono gli anni del rock’n’roll, soprattutto della sua versione psichedelica, con gruppi cardine come i Pink Floyd (The Dark Side of the Moon), i Led Zeppelin (Starway to Heaven), i Doors (L.A. Woman). Sono gli anni di John Lennon, con la sua Imagine, di Santana e di Jimi Hendrix, di Janis Joplin e in Italia del mitico Adriano Celentano. Tanta bella musica, insomma.

Il cinema.

Gli anni '70 sono anche gli anni del cinema, italiano e non. Da noi le sale vengono invase dai capolavori di Dario Argento e dalle ultime produzioni cinematografiche di Pasolini, mentre negli USA inizia a spopolare Stanley Kubrick con il suo film a dir poco controverso, Arancia Meccanica. E questi sono anche gli anni de L’Esorcista, giusto per aggiungere un’altra perla alla collana di horror di quel fantastico decennio. Non solo horror, perché gli anni ’70 passano alla storia anche per merito di pellicole come Dark Shadows di Tim Burton, e l’indimenticabile musical Jesus Christ Superstar di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice.


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1 commenti
  1. eh bei tempi, sono tutti nel mio libro
    Sono un ragazzo del ‘43, molto schifato dell’attualità politica e sociale, per cui mi sono rifugiato nel mio passato, così ho scritto un libro della mia vita, che è stata ricca di esperienze, attingendo a una sorta di diario, che ho sempre tenuto, con particolare attenzione agli anni 60-70, contestualizzando con i fatti generali.
    Sono nessuno, solo un illustre sconosciuto, come tanti altri; non sono figlio d’arte, non ho genitori importanti, amici influenti, protettori politici. Ma sono qualcuno comunque, e ho tanto da raccontare. Guardandomi indietro un po’ di cose le ho fatte, vicissitudini attraversando cinquant’anni della storia di questo paese, quindi si può considerare questo il diario di un uomo che ha navigato per mezzo secolo nelle acque turbinose italiane, senza affondare, e da piccolo protagonista, non solo da spettatore. Partito da Milano arrivato in Sicilia, quale emigrato al contrario.
    Chissà che non riporti ricordi alla memoria degli anta, e che non possa dire qualcosa di nuovo ai millennials. https://gianrelli.blogspot.com/2019/07/ciao-ciao-grande-andrea.html
    “Però, quante ne ho passate! Vita di Gian ovvero l’evoluzione attraverso 50 anni di esperienze di un uomo, quasi, qualunque, da tagliato fuori a figlio del 68 e militante impegnato.”
    http://www.eraclesrl.it/index.php?page=shop.product_details&flypage=flypage.tpl&product_id=359&category_id=25&option=com_virtuemart&Itemid=53
    https://www.amazon.it/Per%C3%B2-quante-passate-Ovvero-cittadino/dp/886743294X/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1548800791&sr=8-2&keywords=gianluigi+redaelli

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