Gli scrittori della porta accanto

Recensione: Antigone sta nell'ultimo banco, di Francesco D'Adamo

Recensione: Antigone sta nell'ultimo banco, di Francesco D'Adamo

Libri Recensione di Stefania Bergo. Antigone sta nell'ultimo banco di Francesco D'Adamo (Giunti). «L’Antigone è la storia di come bisogna sempre fare quello che è giusto, quello che è il nostro dovere morale. E di come è difficile fare questa scelta.»

Questo è il secondo libro che leggo di Francesco D'Adamo. Antigone sta nell'ultimo banco è tra le nuove uscite di questo mese e mi ha subito attratto, per il titolo e per la copertina. La sinossi mi ha convinto ad acquistarlo.


Il romanzo, adatto a giovani lettori dai dieci, dodici anni in su, racconta la storia di Jo la Peste. Una ragazzina come tante, non propriamente omologata al gruppo, un po' irascibile. Vive con papà Francesco, che chiama per nome, e con suo fratello maggiore detto Pelù. Frequenta l'ultimo anno delle medie e ha la passione del teatro. Ignora completamente il suo compagno di banco, ovviamente nell'ultima fila in fondo, che ha perennemente il cappuccio della felpa calato sugli occhi, per non vedere, anzi, per non essere visto. Eppure con lui ha moltissimo in comune.

Lo spettacolo da mettere in scena a fine anno scolastico è l'Antigone di Sofocle. 

Conoscete la storia? È una tragedia che narra di Antigone che decide di dare sepoltura al cadavere del fratello Polinice contro la volontà del nuovo re di Tebe, Creonte, sfidando la sua legge che ritiene ingiusta. Chiede aiuto alla sorella Ismene che però si tira indietro per timore della punizione.
Lei vorrebbe interpretare Antigone, ovviamente, quella coraggiosa, fiera, risoluta. Giusta.
Adoravo quella parte perché mi faceva sentire giusta, coraggiosa, fichissima, cioè tutto quello che non ero nella realtà.
Francesco D'Adamo, Antigone sta nell'ultimo banco
Perché la verità è che tutti ammiriamo Antigone e vorremmo essere come lei, protagonisti di prese di posizione coraggiose, impopolari. Ma «L’Antigone non è solo la storia di una ragazza ribelle. È anche la storia di come bisogna sempre fare quello che è giusto, quello che è il nostro dovere morale. E di come è difficile fare questa scelta». Perché in fondo, pur detestandola, siamo tutti Ismene: ci spaventa sfidare il pensiero comune e l'autorità per inseguire un ideale di giustizia, «siamo tutti vili, cosa ti credi?».

Giugno non è solo sole caldo ed esami di fine anno scolastico. È anche il periodo della raccolta dei profumati meloni, del Popolo del Fiume.

Un gruppo di braccianti, per lo più immigrati clandestini, senza documenti – e quindi senza diritti, secondo una disumana equazione – che si accampa sull'Argine Grande, vivendo in baracche di fortuna, per lavorare nei campi, sotto il sole a picco, in condizioni disumane, vittime di un caporalato senza scrupoli. Su di loro si sprecano parole, indifferenza, insofferenza, giudizi. E si scopre che il paese dove vive Jo è popolato da zombi che condividono le stesse idee senza nemmeno capirle fino in fondo o chiedersi se siano giuste o sbagliate. Ciò che avverte Jo è un'imperante, immotivata intolleranza.
Francesco D'Adamo ancora una volta utilizza un'efficace allegoria: zombi e impregnante nebbia aliena per parlare ai giovani lettori – ma anche ai più grandi – di razzisti, lobotomizzati da un'esasperata propaganda, e intolleranza, che impedisce di vedere oltre la coltre grigia della credenza popolare spesso sapientemente ispirata.

Un giorno d'estate, mentre c'è chi prepara uno spettacolo teatrale, un esame, o scende al Fiume per un bagno ristoratore, c'è chi sotto il sole muore di fatica.

Viene ritrovato un Ragazzo senza identità scritta, riverso sull'Argine Grande. Morto di fatica, dirà l'autopsia fatta da Francesco, il padre di Jo. Per un incidente, afferma invece, pubblicamente, il sindaco. Nulla si deve sapere, perché altrimenti il Popolo del Fiume diventerebbe una vittima – della sorte, del caporalato, dell'inumanità. Eppure Jo, malgrado sul palco si senta determinata come Antigone, nella realtà non riesce a difendere dalle maldicenze e dalla rabbia il nome di suo padre, che coraggioso sfida pubblicamente l'autorità per dare sepoltura, a spese del comune, al giovane Ragazzo senza nome. È allora che comprende le parole della sua insegnante di recitazione: «anche Ismene un giorno potrebbe diventare Antigone».

Basta solo che qualcuno dia il buon esempio nella direzione opposta alla nebbia aliena, per dissolverla nello stesso modo in cui le è stata data origine. 

A volte è l'atto plateale di uno in mezzo a molti, altre volte la protesta anonima ma altrettanto determinata – e determinante – di un graffito sul muro. Sta sempre e comunque a noi scegliere da che parte stare, chi ascoltare e seguire. E c'è sempre modo di ravvedersi, quando ci si accorge di essersi sbagliati.


Dopo Il muro, ancora una volta Francesco D'Adamo è riuscito a trovare il giusto espediente narrativo per veicolare efficacemente il suo messaggio e farlo arrivare anche ai giovani lettori: non ci è chiesto necessariamente di dare il buon esempio, basta essere in grado di discernere quello giusto da seguire quando siamo chiamati a farlo.

Antigone sta nell'ultimo banco

di Francesco D'Adamo
Giunti
Young adult | Narrativa per l'infanzia 12+
ISBN 978-8809875067
Cartaceo 11,90€
Ebook 8,99€

Sinossi

In una cittadina del Nord, benestante e conformista, un po' noiosa, ogni anno all'inizio dell'estate arrivano i braccianti clandestini per lavorare alla raccolta dei meloni, una delle ricchezze della zona. Quasi tutti neri, malmessi, vengono da qualche parte dell'Africa. Li chiamano Quelli del Fiume perché vivono accampati sotto l'Argine Grande, in baracche improvvisate. In paese non li vuole nessuno: sono sporchi, rubano, danno fastidio alle donne: così si dice. Che lavorino e basta. Nel caldo soffocante di un giugno particolarmente torrido un ragazzo del Popolo del Fiume viene trovato morto. Si dice che abbia avuto un incidente mentre stava scappando dopo un furto, o che sia rimasto coinvolto in una rissa con altri clandestini, o che sia tutta una storia di droga. Intanto il corpo del ragazzo giace all'obitorio, senza nome, senza esequie: non spetta a noi occuparcene, dice il Sindaco, non è dei nostri. A provare dolore e pietà pare che siano in pochi: Jo la Peste, vivace, anticonformista, di pessimo carattere; il misterioso Cat Fly che di notte con le bombolette spray riempie i muri del paese di graffiti. Nel frattempo, i ragazzi della scuola media stanno per mettere in scena l'Antigone di Sofocle come saggio di fine anno. Può una recita teatrale diventare realtà?


Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, StreetLib collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione).
Mwende. Ricordi di due anni in Africa, Gli scrittori della porta accanto Edizioni.
La stanza numero cinque, Gli scrittori della porta accanto Edizioni.


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