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Recensione: La morte non mi ha voluta, un romanzo autobiografico di Yolande Mukagasana

Recensione: La morte non mi ha voluta, un romanzo autobiografico di Yolande Mukagasana – (c) Gil Serpereau

Libri Recensione di Paola Casadei. La morte non mi ha voluta: cento giorni, un milione di morti di Yolande Mukagasana (Marotta e Cafiero). Un titolo forte per una parola forte: genocidio.

6 aprile 1994: molti ricordano il Genocidio in Ruanda. Una notizia che, tale i primi giorni, diventa poi qualcosa di troppo distante da noi.
«I media – racconta Yolande Mukagasana, l’autrice – non ne parlavano, e anche quando lo facevano davano informazioni sbagliate o parziali, a protezione di chi il genocidio lo comandava.»
Questo mi fa pensare a Le crisi umanitarie dimenticate dai media, rapporto pubblicato da Medici senza Frontiere che da dieci anni, in associazione con l’Osservatorio di Pavia, indagano sulla copertura mediatica di queste tragedie.
La morte non mi ha voluta è testimonianza e racconto in prima persona di una tragedia immensa: 800.000 morti o, secondo altre fonti, oltre un milione di vittime, trucidate in 100 giorni.


Yolande Mukagasana è una persona come ce ne sono tante, sono sedici anni che è sposata con Joseph, che ha “imparato ad amarlo” e con cui ha tre figli giovani adolescenti, Christian, Nadine e Sandrine, quest’ultima adottata. 

Il suo pensiero, quel giorno, 6 aprile 1994, è quale regalo scegliere per l’anniversario di matrimonio. In tarda serata, mentre è ancora nell’ambulatorio, il telefono squilla. È suo marito: “Yolande, torna subito, ho bisogno di parlarti”. Non ha il tempo di replicare, lui ha già messo giù il telefono. La sua voce è angosciata.
Chiude l’ambulatorio e si rende conto, rincasando, che qualcosa è già cambiato. Joseph si sente in colpa per non aver ascoltato la moglie che da tempo suggeriva di andarsene da quel luogo: da quattro anni loro, come gli altri tutsi, vivono nell’incertezza del domani, incapaci di prendere la decisione di lasciare il paese, o di sentirsi sicuri in Ruanda. Lei prova a dirgli, con la saggezza dei proverbi africani: «Calmati! Se la strada avvertisse il viandante, nessuno sbaglierebbe direzione». Ma ormai non c’è più tempo per pensare, occorre reagire e tentare di salvarsi.

Inizia una fuga che cambierà il destino di tutta la famiglia, e vedrà Joseph e Christian maturare e diventare uomini forti. Poi morire.

La chiamano Muganga, che vuol dire ‘dottore’. In realtà Yolande Mukagasana è un’infermiera, ma per tutti è un dottore, perché i dottori sono pochi e lei ha studiato.
Eppure non tutti la amano, questa è l’Africa: «Gli uomini non amano una donna emancipata, ancor meno se è ricca, ha amici bianchi e porta occhiali Pierre Cardin.»
Non solo. Ci rivela subito: «Sono una tutsi, questo è il mio torto più grande. Sono benestante, è il mio secondo torto. Sono orgogliosa, è il terzo».
Fin dalle prime pagine ci rendiamo conto di essere davanti a una donna forte, molto più di Joseph fino a quel momento. Una donna che sta per essere posta di fronte a una prova terribile.

Il 6 aprile 1994, l'aereo presidenziale di Juvénal Habyarimana, al potere con un governo dittatoriale dal 1973, viene abbattuto. 

Volava insieme al presidente del Burundi, entrambi di etnia hutu. Ma da oltre tre anni tutti conoscevano i piani di Habyarimana.
Erano otto mesi che la radio esortava gli hutu a massacrare i tutsi. Ora sta accadendo davvero, i massacri sono già cominciati. Anche il fratello di Yolanda, Nepo, è preoccupato, e tenta di salvare la famiglia partendo con un minivan, sono in venti sopra, ma vi sono già sbarramenti ovunque. Deve tornare indietro, con la morte nel cuore. Il fratello ha un presagio, pensa che Yolande, la più ricercata, in realtà sarà l’unica a salvarsi. E andrà proprio così.


I fatti sono evidenti. 

Telefono alla sede dei militari dell’ONU, la famosa MINUAR. “Non possiamo far niente per lei, signora. Ci scusi.” L’ambasciata degli Stati Uniti mi dà una risposta simile, così come quella del Belgio. Telefono alla Croce Rossa del Belgio. Mi rispondono che, finché non ci sono feriti, non possono intervenire. Alla Croce Rossa internazionale non possono far niente. Chiamo allora la nunziatura, mi chiudono il telefono in faccia. Chiamo il Parlamento...
Yolande Mukagasana, La morte non mi ha voluta
C’è suspense all’inizio del racconto, la famiglia esce di casa e si nasconde nella boscaglia intorno, gli hutu sono vicini, ma non li scoprono. Yolanda Mukagasana si sente braccata insieme alla sua famiglia. Si separa dai figli, sperando di dare loro una speranza in più. Poco dopo vede morire il marito. È un machete nuovissimo, quello che l'ha ucciso, «forse fa parte di quel lotto acquistato recentemente dal regime di Habyarimana con il denaro della cooperazione francese, per essere distribuito gratuitamente alla popolazione hutu».

Yolande Mukagasana fugge da un luogo all’altro, per undici giorni vive sotto un lavandino, con gli abiti che diventano sempre più larghi addosso. 

Pesa ormai 37 chili. Nascosta da una vicina di etnia hutu, che qui chiama Emmanuelle e che ha rischiato la vita per questo, vede saccheggiare la propria casa, bruciare tutti i libri. Poi viene nascosta in altri luoghi, il tutto per sei settimane. Attorno a lei «sono grida, risa, imprecazioni, ingiurie, colpi di fischietto, latrati.» Tra gli hutu «c’è uno scoppio di risa sguaiate. Hanno paura, hanno bisogno di ridere, hanno paura di uccidere». Ma poi ci prendono gusto, il più è cominciare, violentano le donne, spaccano la testa ai bambini, pare il suono di quando si spacca una noce di cocco.
Per radio si sente inneggiare alla vendetta, «Vendichiamo» dice «l’immondo assassinio compiuto dalle blatte del benamato Juvénal Habyarimana e vendichiamo allo stesso tempo quello di Melchior Ndadaye, il compianto presidente del Burundi, assassinato il 21 ottobre 1993. Braccate il serpente dappertutto».

È così che i tutsi vengono definiti, blatte, scarafaggi, serpenti. Non uomini.

I tutsi non possono contare neppure sull’aiuto della stessa chiesa missionaria che li ha convertiti, trasformando il loro Imana in Gesù Cristo. Alcuni sacerdoti sono corrotti, vendono i tutsi al nemico, bevono una birra insieme agli hutu.
Nascosta e in fuga, Yolande riflette e ci sbatte davanti i fatti: «E oggi, aprile 1994, mentre è in atto il genocidio ruandese, che fanno le Nazioni Unite se non commuoversi senza agire, sotto la guida indecisa del Signor Boutros Boutros-Ghali?» E più tardi: «Vengo a sapere che Boutros Boutros-Ghali si è scusato davanti alle Nazioni Unite per non aver capito le dimensioni del dramma ruandese».
Dopo settimane, comincia a rendersi possibile un accordo tra le parti, si fanno scambi da un lato all’altro di hutu e tutsi. Anche Yolande sotto falsa identità, in modo quasi miracoloso, viene condotta dai Caschi Blu africani all’Hotel des Milles Collines, dove alcuni dei tutsi sarebbero stati scambiati con dei prigionieri hutu in mano al Fronte popolare. È qui che incontra una nipote e viene a sapere la verità sulla sorte dei suoi tre figli.
Viene condotta in Belgio, ma sa che un giorno tornerà in Ruanda a testa alta.


La morte non mi ha voluta è un testo forte e fa riflettere. 

Yolande Mukagasana con questo libro non vuole accusare, lo ripete spesso, ma testimoniare. Senza odio. E si aspetta da questa testimonianza che le sia restituita la dignità perduta: di donna, di madre e d’infermiera.
«C’è in Ruanda un genocidio permanente, fatto di massacri incessanti», ci dice. Racconta gli eccidi in ogni epoca, dal 1959, quando aveva cinque anni, poi nel 1963, nel 1967, nel 1973, che coinvolse tutto il Paese. Gli stermini di Kibilira nel 1990, quelli del Bugesera nel 1992, quelli di Ruhengeri, presso i Bagogwe, nel 1993 e tanti altri, sempre puntuali. Tanti genocidi impuniti e ignorati dall’ONU, di cui gli Europei non sanno nulla.

Ma chi è Yolande Mukagasana oggi? 

Una donna impegnata che ha vinto molti premi, è stata candidata al premio Nobel per la pace del 2010. Fin dal 1994 continua il suo lavoro di attivista per le buone cause.
Ha dedicato la sua vita a tramandare la memoria del genocidio, è importante soprattutto per le giovani generazioni.
Non provo più odio per chi ha ucciso la mia famiglia, voglio portare la vita a chi mi ascolta e chiedo di fare altrettanto ogni giorno perché solo così si rende davvero giustizia a chi è morto senza alcuna colpa.
Yolande Mukagasana, La morte non mi ha voluta
In un capitolo tenta un confronto tra ferocia nera e barbarie bianca, tra la brutalità dei machete che tagliano le braccia ai bambini o sono usate per sventrare le donne, e l’Occidente del genocidio ebreo, dei campi di concentramento, delle camere a gas. Quale tra i due è più odioso? «Altro continente, altri costumi. Con quale diritto l’Occidente ci giudica meno degni?» si chiede. Lascio la domanda aperta e suggerisco la lettura di questa appassionata autobiografia.

La morte non mi ha voluta
Cento giorni, un milione di morti

di Yolande Mukagasana
Marotta e Cafiero
Autobiografico | Non-fiction
ISBN 978-8897883883
Cartaceo 14,25€
Ebook 4,19€

Sinossi 

6 aprile 1994. L’aereo del presidente dittatore Habyarimana viene abbattuto. Inizia il genocidio del Rwanda. In soli cento giorni vengono massacrati oltre un milione di Tutsi. Dalla radio giungono le seguenti parole: seviziare e uccidere gli scarafaggi. In una sola notte ammazzano ottomila persone, 333 all’ora, cinque al minuto. Senza bombe e fucili, ma a colpi di machete.
La morte non mi ha voluta accende la telecamera nel luogo in cui nessuno avrebbe mai voluto essere. Un’autobiografia dalle fosse comuni. Yolande Mukagasana sopravvive ai figli e al marito. È condannata a vivere, condannata a raccontarci la verità.


Credits: Gil Serpereau

Paola Casadei

Paola Casadei
In origine farmacista e direttore tecnico di laboratorio omeopatico, ha lasciato Forlì per trasferirsi prima a Roma, poi a Montpellier, quindi per dodici meravigliosi anni in Africa (otto in Sudafrica e quattro in Mozambico), dove ha insegnato musica e italiano. Ora risiede a Montpellier con la famiglia.
L'elefante è già in valigia, Lettere Animate Editore.
Malgré-nous. Contro la nostra volontà, traduzione, Ensemble Edizioni.
Dal buio alla luce. Il bisso marino e Chiara Vigo, traduzione, Cartabianca Editore.
Grilli e Sangiovese, Ciesse Edizioni.


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