Lifestyle Di Lara Zavatteri. La riscoperta del dialetto. Libri, pubblicità, gruppi social, perfino luminarie parlano vernacolo.
Una volta nei paesi, ma non solo, parlare il dialetto della zona era una cosa scontata. Specialmente nei piccoli centri parlare dialetto e all'occorrenza saperlo scrivere era qualcosa di naturale, meno nelle città dove già in passato spesso si utilizzava prevalentemente l'italiano e oggi si utilizza quasi solamente quello, dimentichi di una parlata che è capace di unire in una comunità grazie a termini che fanno parte della tradizione.Non solo nei paesi, anche nei grandi borghi e nelle città un tempo era più frequente sentir parlare il dialetto, ma soprattutto negli ultimi tempi ho notato quasi una necessità di riscoprirlo, indipendentemente da dove si vive, da Nord a Sud, che si tratti di un paesino o di un'intera regione.
Basta fare un giro sui social per trovare decine di gruppi o pagine dedicate al dialetto di una determinata zona, dove i membri possono iscriversi e scrivere in vernacolo.
Ma anche libri che trattano l'argomento, addirittura pubblicità – recenti – in cui i personaggi parlano i dialetti delle differenti regioni italiane.Un caso ancora da citare è Trento, dove quest'anno le luminarie natalizie che hanno illuminato la città riportavano frasi in dialetto trentino. Vie e piazze della città sono state infatti addobbate con scritte che hanno voluto da un lato ricordare la tradizione alpina della città e dall'altra quella del canto corale, infatti le frasi erano ispirate a canzoni con strofe come «Che dolceza ne la voze» o «Se smorza 'na fiamela», per fare due esempi.
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Ma come mai questa riscoperta del parlare dialettale?
Il dialetto è unico per ogni regione, zona, città o addirittura può essere differente in una stessa valle, per quanto piccina, ma è capace di unire, di far sentire parte di una comunità. È qualcosa che recupera il passato, l'identità, i sacrifici e il vivere dei nostri antenati, qualcosa che se ne siamo capaci possiamo portarci dietro ricordando chi siamo stati e chi siamo oggi. Insomma il dialetto è identità, è riconoscersi in un territorio, è capire che è bello “essere di”, parlare e scrivere in vernacolo.Il dialetto è un po' casa nostra, qualcosa in cui ci identifichiamo. Può essere anche qualcosa che parla delle nostre radici, ma altrove. Chi, ad esempio, vive da sempre in una zona ma ha i suoi antenati in un'altra, magari con un dialetto differente, è stato capace di non perdere un tassello importante del suo passato. Il dialetto è conservare memoria, tenere traccia anche oralmente di una popolazione, piccola o grande che sia.
Mai come adesso il dialetto è capace di unirci anche se siamo distanti e a ricordare chi abbiamo perso, ma fa e farà sempre parte di noi. Ve lo dice una ragazza mezza trentina per parte di madre (na popa) e mezza veronese per parte di padre (na buteléta) – mio padre è scomparso a luglio, ma certe parole del suo dialetto e certe frasi le ricorderò per sempre. Anche il dialetto è lasciare un pezzo di se stessi ai propri figli.
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Spero che in tanti riscoprano il loro dialetto e, se non l'hanno mai fatto, lo scoprano per la prima volta. Basta fare un giro in Rete, leggere libri per imparare quanto la parlata di un luogo faccia parte di noi.
Hai finì. Ne sentin prest!
(Ho finito. Ci sentiamo presto!)
Per approfondire
La Rena Domila (informazione in dialetto veronese)
Video Minions in dialetto trentino (di EsseEmme)
Lara Zavatteri |
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