Gli scrittori della porta accanto

The week: focus sugli eventi tra l'11 e il 17 luglio

The week: focus sugli eventi tra l'11 e il 17 luglio

The week Di Argyros Singh. Cosa è successo nel mondo tra l'11 e il 17 luglio? Il G20 in Indonesia, la morte dell’ex premier giapponese, le proteste in Asia e le foto delle origini dell'Universo.

Questa settimana su The Week, uno sguardo fuori dall’Italia e dall’Europa, per guardare a Oriente: dal G20 in Indonesia alla morte dell’ex premier giapponese, Shinzō Abe, dall’insurrezione in Sri Lanka alla delicata situazione in Siria e nell’Asia centrale. Infine, concludo con due notizie internazionali che ci proiettano nel cosmo.



Il G20 indonesiano e il rapporto tra Russia, Siria e Turchia

  1. Il G20 è stato in larga parte una delusione su più fronti. Prevedibile.

    Il fatto che si sia realizzato in Indonesia ha però un valore simbolico, dato il crescente peso economico-demografico del Paese, uscito dalla crisi finanziaria nel 1997-98 attraverso la cooperazione internazionale. All’epoca cadde il regime di Suharto e il successore, Habibie, avviò un processo di democratizzazione e di riforme economiche. A oggi, l’Indonesia è un importante attore del Sudest asiatico e membro del G20, mediatore tra l’Occidente e i BRICS, ma è anche membro preminente dell’ASEAN, l’unione economica a cui prendono parte anche Brunei, Cambogia, Thailandia, Laos, Filippine, Vietnam, Malesia e Myanmar.

    Indonesia a parte, il G20 è ormai ricordato per l’isolamento del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, primo ad arrivare e primo ad andarsene, in anticipo sulla scaletta.

    D’altra parte, all’inizio dei lavori del vertice, il presidente Putin aveva dichiarato alla Duma: «Avrebbero dovuto capire [gli Occidentali] che hanno già perso fin dall’inizio della nostra operazione militare speciale, poiché il suo inizio sancisce l’avvio del crollo dalle fondamenta dell’ordine mondiale americano». Forse le recenti dichiarazioni del leader russo dovrebbero chiarire il suo intento neo-imperialista.
    A queste si unisce l’approvazione, da parte della Duma, di un disegno di legge che renderà possibile l’adozione di un’economia di guerra. Il decreto prevede che le aziende russe forniscano beni alle forze armate e che i lavoratori siano obbligati a fare gli straordinari per lo sforzo bellico.

    Un altro aspetto della definitiva svolta autoritaria è la “pulizia” dei dissidenti ancora in corso.

    In questi giorni, è stato ritrovato nella periferia di San Pietroburgo il cadavere di un top manager dell’industria del gas, Yury Voronov, 61 anni. Era il capo della compagnia di trasporti Astra Shipping, che si occupava dei contratti artici per Gazprom, ed è (almeno) il quinto morto in sei mesi tra i dirigenti russi.
    Anche la Bielorussia prosegue il suo allineamento a Mosca con una persecuzione. Gli attivisti che mesi fa avevano sabotato il traffico ferroviario per limitare il supporto logistico alla macchina militare russa rischiano la pena di morte. Il comitato investigativo bielorusso ha definito tre uomini “traditori della patria”, condannandoli per “atti terroristici”. Gli ultimi emendamenti dello scorso maggio alla legge sulla pena capitale fanno rientrare l’accusa di tentato attacco terroristico tra i reati passibili di pena di morte.

    Questa settimana è qui che voglio inserire il consiglio di lettura, con Un Occidente prigioniero di Milan Kundera (Adelphi, 2022), autore famoso di scritti quali L’insostenibile leggerezza dell’essere.

    Nel giugno 1967, si tenne in Cecoslovacchia il IV Congresso dell’Unione degli scrittori. Kundera aprì i lavori con un suo discorso, che spezzava il legame tra gli scrittori e il potere sovietico, con mesi di anticipo sulla Primavera di Praga. Riporto le parole iniziali, come invito alla lettura, in cui all’aggettivo “ceco” potete sostituire “ucraino” o ogni altro popolo dell’Europa orientale, da secoli in lotta per affermare la propria identità e la distinzione dalla grande Russia.
    Cari amici, nessuna nazione sul pianeta Terra risale alla notte dei tempi e la nozione stessa di nazione è relativamente moderna, eppure la maggior parte di queste percepisce la propria esistenza come una certezza, un dono di Dio o della Natura presente da sempre. I popoli sono in grado di riconoscere nella loro cultura, nel sistema politico e persino nelle frontiere il frutto di una creazione, e dunque fonte di interrogativi o di problemi, mentre ritengono la propria esistenza in quanto popolo un dato inoppugnabile. La storia assai poco felice e frammentata della nazione ceca, le ha consentito di sfuggire a tale ingannevole illusione. L’esistenza della nazione ceca non è mai stata percepita come una certezza, e proprio in questa non-certezza risiede uno dei suoi principali attributi. Milan Kundera, Un Occidente prigioniero
    Sul G20 – aljazeera.com e ispionline.it | Sulla Bielorussia – rainews.it

  2. Accusando l’Occidente a Bali, Lavrov ha cercato una nuova sponda nella Turchia, quale garante del transito delle navi dai porti ucraini.

    Anche il premier italiano Mario Draghi è stato di recente ad Ankara: i due Paesi non si incontravano in un vertice bilaterale dal 2012 e l’anno scorso Draghi aveva definito il presidente Erdoğan un “dittatore”. Dunque, un rapporto non semplice, che ha anche radici storiche. A unirli ci sono però alcuni interessi condivisi, dato che la Turchia è attraversata da importanti rotte migratorie ed energetiche che la collegano al Medio Oriente.
    Nel frattempo, dopo un parziale riavvicinamento alla NATO (si veda il mio precedente intervento sul vertice dell’alleanza a Madrid), le autorità doganali turche hanno fermato una nave cargo russa che trasportava grano ucraino dal porto di Berdjans’k. Il gesto mostra una prima presa di posizione turca a favore dell’Ucraina, che andrà però valutata sul medio-lungo termine. Il presidente turco, infatti, si incontrerà il 19 luglio a Teheran con i presidenti Putin e Raisi: si tratterà della questione siriana e avverrà un incontro bilaterale russo-turco.
    Ora che la Turchia sembra aver trovato una nuova intesa con gli Stati Uniti, essa può alzare la posta con la Russia e avanzare pretese commerciali e, forse, persino territoriali.

    Al centro, la situazione siriana. Ankara sta ammassando truppe ai confini di Raqqa e Hasaka, realizzando esercitazioni e pressing di artiglieria contro i Curdi.

    C’è la forte preoccupazione che possa attuarsi l’operazione militare turca già vista in passato, chiamata Peace Spring. La Turchia vorrebbe creare un’area cuscinetto, ma la Russia si oppone, cercando di mediare in una situazione che, al momento, non sarebbe in grado di gestire a causa del conflitto ucraino.
    Allo stato delle cose, le truppe di Damasco sono schierate con i Curdi e l’esercito siriano (SAA) sta sostenendo le SDF. Mosca ha inoltre bombardato Idlib e dintorni, nella parte nord-occidentale del Paese, un’area abitata da oltre quattro milioni di persone e controllata da ribelli sostenuti dalla Turchia. Questa sembra così voler approfittare della debolezza della Russia e della necessità della NATO di avere il via libera di Erdoğan per l’ingresso di Svezia e Finlandia nell’alleanza.

    La Russia, da parte sua, ha posto il veto alla risoluzione 2585 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che prevedeva l’ingresso di aiuti umanitari proprio nell’area nord-occidentale, al valico di Bab Al-Hawa, che collega Siria e Turchia.

    Mosca vorrebbe la gestione completa degli aiuti da parte del regime di Bashar al Assad.
    L’11 luglio è stato però trovato un accordo, per favorire gli aiuti attraverso la Turchia; forse un segnale di distensione in vista dell’incontro tra Putin e Erdoğan in Iran. Dove al centro non ci saranno certo gli interessi del popolo siriano, ma quelli particolari delle due nazioni. Secondo l’ultimo rapporto del Syrian Network for Human Rights, solo nei primi sei mesi di quest’anno sono morti 568 civili. Milioni di altri cittadini soffrono per le torture, la fame e la povertà, senza che all’orizzonte vi sia una prospettiva di pace e di ricostruzione. Lo stesso rapporto chiede al Consiglio di Sicurezza di applicare la risoluzione 2254 sul cessate il fuoco e di giudicare responsabili le entità coinvolte nelle violenze, tra cui il regime russo, presso la Corte penale internazionale. Sulla Turchia – limesonline.com, limesonline.com e ispionline.it | Sulla situazione siriana – osservatoriodiritti.it e bbc.com


Proteste in Asia centrale e nel Sudest asiatico

  1. Spostandoci ancora più a Oriente, in Asia centrale, stiamo assistendo a diversi movimenti tellurici nella politica di alcuni Paesi.

    A partire dall’Uzbekistan. A inizio luglio, la popolazione è scesa in piazza per protestare contro una modifica costituzionale, portando a morti tra civili e militari.
    Il nucleo delle proteste è concentrato a ovest del Paese, nella regione autonoma del Karakalpakstan, coinvolta dagli emendamenti della riforma alla costituzione, che cancellerebbe la sovranità dello Stato autonomo e il diritto di secessione. Inoltre, la riforma estenderebbe il mandato presidenziale da cinque a sette anni e per l’attuale presidente, Shavkat Mirziyoyev, il conteggio partirebbe dal post referendum, consentendogli un nuovo doppio mandato.

    Quali interessi esterni ci sono in gioco?

    Per far comprendere la fragilità dell’alleanza russo-cinese, il colosso asiatico avrebbe tutto da guadagnare da un allontanamento dell’Uzbekistan da Mosca, dato che l’anno scorso la Cina ha costituito il principale mercato d’esportazione per Taškent. Ma anche la citata Turchia guarda con interesse alla situazione, dato che già in primavera aveva integrato ufficialmente l’Uzbekistan all’Organizzazione degli Stati turchi. L’etnia turcofona dei Karakalpak potrebbe essere spinta a un riavvicinamento ad Ankara.

    Nell’Asia centrale, a gennaio, anche il Kazakhstan aveva mostrato segnali di insofferenza, con proteste presto represse nel sangue dalla Russia, che aveva agito nell’àmbito dell’Organizzazione del Trattato per la Sicurezza Collettiva (CSTO).

    D’altra parte, a guerra ucraina scoppiata, il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev non ha riconosciuto le autoproclamate repubbliche del Donbass; ha cancellato le celebrazioni del 9 maggio e ha affermato di non voler permettere a Mosca di aggirare le sanzioni; ha rimarcato la priorità dell’integrità territoriale rispetto al principio di autodeterminazione dei popoli.
    Come Erdoğan, Tokayev potrebbe approfittare della debolezza della Russia, anche per evitare un coinvolgimento nelle sanzioni. Il più importante Stato dell’area avrebbe infatti la possibilità di vendere gas senza passare per la Russia, la quale subirebbe un grave danno dall’esclusione dalla nuova via della seta. Il Kazakhstan è anche parte degli Stati Uniti del mondo turco (Türk Devletleri Teşkilâtı) e nel rapporto tra la Turchia e l’Iran c’è la prospettiva di una reale autonomia dalla Russia. Sull’Uzbekistan – cnn.com, ansa.it e notiziegeopolitiche.net | Sul Kazakhstan – formiche.net, formiche.net e ilfoglio.it

  2. Vengo così al Sudest asiatico, trattando le ultime vicende nello Sri Lanka.

    Qui è scoppiata una imponente rivolta popolare contro la famiglia Rajapaksa, che negli ultimi vent’anni ha governato il Paese. Il presidente, Gotabaya Rajapaksa, è fuggito alle Maldive e in seguito si è ufficialmente dimesso; la residenza presidenziale è stata presa d’assalto dai manifestanti: altri palazzi del potere sono stati occupati. Lo Sri Lanka ha così dichiarato lo stato di emergenza nazionale. Il primo ministro, Ranil Wickremesinghe, sta ora lavorando alla formazione di un governo di unità nazionale.

    L’insurrezione, motivata da una grave crisi economica, era prevedibile.

    Da mesi, in Sri Lanka si registravano frequenti blackout, carenze di cibo, carburante e medicinali. Lo stato di emergenza era già stato indetto a fine marzo, quando importanti manifestazioni si erano svolte nella capitale Colombo. Al centro la decisione governativa di vietare i fertilizzanti chimici, ad aprile 2021, provocando una riduzione dei raccolti del 40-60% e, al momento, un picco dell’80% della popolazione non è in grado di comprare gli alimenti base per ogni pasto. A maggio, lo Sri Lanka è andato in default; a nulla è valso il dialogo con il FMI per la ristrutturazione del debito; nemmeno India, Cina e Russia hanno deciso di aiutare in modo concreto il Paese. La crisi si è aggravata con il crollo del turismo a causa del Covid, un settore fondamentale per l’economia nazionale. A ciò si aggiungono i dissapori interni, rinati in questa fase di crisi: nel 2009, infatti, terminava una guerra civile in cui la minoranza Tamil fu decimata dal ministro della Difesa, Gotabaya Rajapaksa, fratello del presidente Mahinda. L’insofferenza verso la famiglia Rajapaksa è così giunta al culmine.

    Le proteste hanno avuto un inizio relativamente pacifico, come grande movimento di popolo.

    Le forze dell’ordine, dopo un primo utilizzo gas lacrimogeni, accompagnati da cariche, avevano lasciato esprimere la folla, fino alle varie occupazioni dei simboli del potere. Corruzione, incapacità politiche e nepotismo hanno fatto collassare il sistema democratico cingalese, e ora solo quel popolo sovrano, sceso in piazza, ha la facoltà di individuare un nuovo corso socio-politico. E – si auspica – nel modo più pacifico possibile. Sullo Sri Lanka – cnn.com, cnn.com, today.it e ilpost.it


Morte di un (ex) premier

Concludo questo excursus a Oriente nel Paese del Sol Levante. L’8 luglio, è stato assassinato l’ex premier giapponese Shinzō Abe, colpito da un’arma da fuoco durante un comizio nella città di Nara. Era stato fautore di una macro riforma economica che prendeva il suo nome (Abenomics) e aveva spinto per una riforma costituzionale che, in chiave conservatrice, consentisse il riarmo del suo Paese, condizionato dalle conseguenze della seconda guerra mondiale.
Abe si trovava a un comizio per sostenere la rielezione del candidato di un suo partito alla Camera dei Consiglieri, quando Tetsuya Yamagami, ex militare di quarantuno anni, ha sparato due colpi di pistola, che lo hanno raggiunto al collo e al petto, provocando la morte per dissanguamento. L’uomo aveva fabbricato l’arma da sé, dato che in Giappone la diffusione delle armi da fuoco è a livelli bassissimi e gli omicidi di questo genere sono rari (il Giappone ha uno dei tassi di criminalità più bassi al mondo). Interrogato, l’assassino ha affermato di provare rancore per l’ex premier, da lui collegato alla Chiesa dell’Unificazione – un movimento religioso di origine coreana – che avrebbe fatto il lavaggio del cervello alla madre.

Nella storia nipponica, l’attacco al premier non è così frequente, benché vi sia un precedente significativo nel tentativo di colpo di Stato del 15 maggio 1932.

Quando esponenti radicali della Marina imperiale giapponese compirono omicidi mirati, tra cui quello del primo ministro Inukai Tsuyoshi. Il 26 febbraio 1936 ci fu un altro tentativo di colpo di Stato, ma il premier Okada Keisuke si salvò. All’epoca, questo clima di incertezza favorì la crescita del militarismo; oggi, però, la situazione sembra ben diversa. L’attentatore avrebbe agito in forma solitaria per motivazioni personali; inoltre, alle elezioni di domenica 10, la coalizione di governo, guidata dal premier Fumio Kishida, ha vinto le elezioni per il rinnovo parziale della Camera Alta, rafforzando i liberaldemocratici. L’onda emotiva dell’assassinio ha inoltre portato al voto un maggior numero di giapponesi, sebbene non vi sia stato alcuno slancio significativo. Kishida, che si era mostrato molto commosso all’annuncio della morte di Abe, ha affermato di voler rafforzare la difesa nei prossimi cinque anni, in contrasto all’ascesa cinese nei mari orientali, e di voler sviluppare l’eredità dell’ex premier. Sull’eredità di Shinzō Abe – limesonline.com | Sulle elezioni giapponesi – corriere.it e ansa.it

Dallo spazio, una prospettiva d’incanto

Il più potente telescopio mai creato, il James Webb Space Telescope, ci ha permesso di vedere alcune immagini spettacolari della Nebulosa della Carena, di un esopianeta gassoso (WASP-96b), la Nebulosa Anello del Sud, le cinque galassie del Quintetto di Stephan e l’ammasso galattico SMACS 0723.
La missione è arrivata a questo risultato dopo venti anni di lavori e un costo di circa dieci miliardi per la realizzazione del telescopio, in un progetto coordinato da NASA, ESA (Agenzia Spaziale Europea) e CSA (Agenzia Spaziale Canadese).
Attraverso le immagini sarà possibile implementare gli obiettivi della ricerca astronomica, riguardanti in particolare l’universo primordiale, ma anche la vita al di fuori del Sistema Solare e lo studio della materia e dell’energia oscura. Nubi interstellari di gas ionizzati, nebulose scolpite dalla radiazione ultravioletta e dai venti stellari, sorgenti di luce fioca – che già Hubble aveva captato – ora ben visibili.

Per ora, le osservazioni del cosmo si sono spinte fino a 330 milioni di anni dopo il Big Bang, ma il James Webb Space Telescope è in grado di osservare parti dello spazio di 13,5 miliardi di anni fa, quando si formarono le prime stelle.

Il telescopio opera a -233°C, dato che per osservare con precisione all’infrarosso è necessario avere temperature molto basse, e orbita intorno al Sole (a differenza di Hubble, che orbita intorno alla Terra).
Le notizie sullo spazio non finiscono qui. Una, in particolare, ci riguarda.

In settimana è stato lanciato Vega C, il nuovo lanciatore dell’ESA realizzato dalla Avio, in Italia.

Il razzo è partito dalla base europea di Kourou, nella Guyana Francese, trasportando il satellite scientifico Lares dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e sei cubesat, ovvero satelliti miniaturizzati, di cui due italiani – Astrobio e Greencube – realizzati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dalla Università Sapienza di Roma. Il lancio ha lasciato in orbita il carico, che permetterà di svolgere esperimenti sulla relatività di Einstein e misurazioni di geodesia spaziale, disciplina che si occupa di studiare fenomeni come i movimenti dei poli terrestri e il campo gravitazionale.
Le notizie dallo spazio ci mostrano dunque importanti progressi tanto nella ricerca a distanze siderali, quanto nello studio del nostro pianeta. Le prospettive scientifiche e filosofiche che si schiudono di fronte a queste meraviglie dovrebbero spingerci a considerare la vacuità di quei conflitti umani che ci sembrano tanto irriducibili. Sulle immagini del JWST – focus.it, wired.it e bbc.com | Sul lancio del satellite italiano – ansa.it



Argyros Singh


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