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Pets life: le vite nascoste dei nostri animali

Pets life: le vite nascoste dei nostri animali

Lifestyle Di Elena Genero Santoro. Dal documentario di Netflix, riflessioni sulle vite nascoste dei nostri animali: talenti naturali,  comportamenti acquisti e pet therapy.

Mia nonna, intrisa di nozioni del catechismo, operava una netta distinzione tra gli esseri umani e gli animali, le bestie, esseri per definizione inferiori che Dio ci ha dato affinché ne disponessimo a nostro piacimento. Noi umani siamo dotati di anima, quindi soggetti al giudizio divino una volta morti; gli animali invece, senza anima, sarebbero fuori da questo giro. Non è chiaro che fine facciano, forse smettono di esistere e basta.
In realtà mia nonna si affezionava anche ai suoi animali, operava le galline quando si riempivano il gozzo e si soffocavano col pastone e andava in panico quando il gatto Giuliano, felino di rara intelligenza e di efferata cattiveria, spariva per interi giorni per le sue avventure erotiche.

Mia nonna ammetteva con difficoltà di voler bene agli animali, perché erano bestie, uno scalino sotto di noi.

E se da una donna nata nel 1910 ed educata a considerare la Bibbia come un testo quasi scientifico (il mondo creato in sette giorni) non si può pretendere un approccio diverso, nemmeno quando facevo il liceo (inizio anni Novanta) le cose andavano meglio. Quando in filosofia si parlava di coscienza e autocoscienza la deduzione finale era che è autocosciente chi si riconosce allo specchio, quindi gli animali no, i bambini iniziano verso i diciotto mesi.

Nel frattempo l'osservazione degli animali si è ampliata, sono stati fatti degli studi che andavano oltre l'osservazione del leone all'inseguimento della gazzella. Ci si è concentrati sugli animali domestici.

Basta frequentare il web per trovare fenomeni notevoli. Oppure guardare il documentario di Netflix Le vite nascoste dei nostri animali per scoprire che definirli "bestie" è riduttivo.
Nel film Ratatouille della Disney il topo Remy realizza il suo sogno di diventare chef al ritmo del leitmotiv "Chiunque può cucinare". Il critico Anton Ego, alla fine, capisce il senso di quella frase. Non vuol dire che chiunque sia in grado di cucinare, ma che il vero talento si può trovare nascosto nei posti più impensati.

Quindi, non tutti gli animali sono intelligenti allo stesso modo, e qualcuno non lo è affatto (esattamente come gli umani), ma alcune delle creature che popolano le nostre case hanno abilità che non immagineremmo e che se adeguatamente stimolate potrebbero stupirci.

Ci sono comportamenti istintivi, talenti dati in dotazione dalla natura, come il sensore termico sul naso dei cani, che consente loro di "vedere" in base al calore. Ci sono comportamenti collettivi, come quelli degli animali in branco che si coordinano tra di loro, come gli stormi di uccelli. Ancora più affascinanti sono però i comportamenti acquisiti, perché, ebbene sì, gli animali apprendono.
È il caso del geco che impara ad aprire una porta guardando un suo simile in un filmato. O dei pappagallini che hanno capito come ottenere cibo in cambio di monete e quando a uno di loro è impedito di procurarselo, gli altri acquistano cibo anche per lui, collaborando. Sono letteralmente impazzita quando ho visto due topine che guidavano la macchina! Una macchinina della loro taglia, quadrata, di plexiglass, che loro hanno imparato a governare per raggiungere il cibo. Ci hanno messo sei mesi ad affinare l'abilità. All'inizio sapevano solo andare avanti, poi hanno imparato pure le manovre.

Mi hanno fatto pensare alla mia Moony, la mia porcellina d'India venuta a mancare lo scorso 10 marzo.

Era una bestiola intelligente e quando penso a lei ho ancora il magone, non solo perché non siamo riusciti a salvarla, ma anche perché mi sarebbe piaciuto godermela un po' di più. Era sveglia, curiosa, aveva uno sguardo vivo. A differenza di suo marito Stellina e di suo figlio Grisbì, Moony sapeva tornare al suo recinto da qualunque punto della casa. Nell'ultimo periodo si nutriva solo di pappine, dovevo imboccarla sempre con una siringa, ma è interessante spiegare che se all'inizio dovevo ficcarle la minestrina in bocca con siringhe da un millilitro, nelle settimane aveva capito come ciucciare in autonomia da una siringa più grossa. Negli ultimi giorni aveva persino imparato a leccare dal cucchiaino. Quando la mettevo sul tavolo lei si poneva in attesa, immobile. Le posavo la siringa vuota di fianco e lei non faceva una piega. Ma quando l'odore della pappina pronta si spandeva per la stanza, la mia Moony, fino a quel momento serafica, si rianimava, mi indicava la siringa, cercava di metterla in bocca, conscia che stavo per servirle la cena. Ed era una cavia.
Mi piace pensare che una come lei sarebbe stata più che in grado di guidare una macchina per topi. E anche di arrivare per prima.

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Poi, quando si inizia a esplorare il mondo dei cani, si entra in un vortice di sentimenti che vanno oltre le aspettative.

Torniamo al documentario Le vite nascoste dei nostri animali. C'è un cane che fa parapendio col suo padrone. Si fida a tal punto da lanciarsi nel vuoto con lui. Un'altra cagnolina, già star del web, parla. O meglio, schiaccia pulsanti sul pavimento che pronunciano parole. Ha iniziato con "outside" associando il pulsante alla passeggiata fuori, ma poi il vocabolario si è ampliato e la bestiola, tra un pulsante parlante e l'altro, ora fa delle vere dichiarazioni d'amore alla mamma umana. Un caso? E quando si specchia pare che si riconosca. Ma allora, quella storia dell'autocoscienza e delle bestie senza anima?
C'è un cane dolcissimo che da quando la sorella è morta si è legato molto ai suoi padroni (marito e moglie). Quando il marito si è rotto un piede e portava le stampelle, il cane zoppicava insieme a lui, per poi rimettersi a correre come un pazzo appena la moglie lo portava a spasso. Nessun veterinario gli ha riscontrato problemi fisici alla zampa: quel cane era solo malato di empatia.

Il documentario di Netflix non menziona le scimmie, da sempre ritenute l'anello di congiunzione tra uomo e resto della fauna, ma in questi giorni sul web circolava la notizia di una mamma scimpanzé che ha portato il figlio ferito dal veterinario.

Sarebbe arduo affermare che una creatura così sia priva di coscienza. E non si tratta solo di istinto genitoriale: la mamma scimpanzé sapeva esattamente dove portare il figlio per fargli ottenere dell'aiuto. Ha unito i sentimenti (istintivi?) di accudimento alla conoscenza acquisita della soluzione pratica.
Gli esempi di animali che prestano soccorso ai loro simili sono tanti. A volte vengono in aiuto persino degli umani. Con buona pace di quelli che considerano l'uomo come il padrone del creato.

Concludo con la pet therapy.

Non avevo mai capito bene cosa fosse, che benefici procurasse. Pensavo che occuparsi degli animali fosse un tenero diversivo per chi era ammalato.
In questi giorni ho preso il Covid. Sono stata abbastanza male e oltre al contatto con i miei figli ho dovuto rinunciare al contatto con i miei porcellini d'India Stellina e Grisbì. Questo non perché le cavie potessero contagiarsi, ma perché Stellina necessitava di una visita veterinaria e rischiava di diventare un mezzo di diffusione del virus per chi lo toccava: per mia madre che lo avrebbe accompagnato e per la veterinaria che lo avrebbe visitato. Quando Stellina è tornato l'ho subito preso in braccio. Me lo sono tenuto stretto, tenero e caldo com'era, nell'incavo nel mio collo. L'ho abbracciato a lungo. Deve avermi scatenato una tempesta di endorfine perché mi sono sentita fisicamente meglio. Allora ho intuito. La natura ci ha fornito gli animali da compagnia. Non importa che non sappiano parlare, non sappiano barattare il cibo coi soldi o non sappiano girare per la casa senza perdersi. La loro tenerezza, comunque, ci salverà.


Elena Genero Santoro


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