Gli scrittori della porta accanto

Michelangelo, il ritrattista di Dio: vita e opere

Michelangelo, il ritrattista di Dio: vita e opere

Arte Di Letizia Bilella. Michelangelo, il ritrattista di Dio. Pittore, scultore, architetto, poeta, degno avversario del genio di Leonardo suo contemporaneo.

La parola “Rinascimento”, usata oggi in Italia è uno strano ibrido fra la parola ottocentesca “Risorgimento” e la parola “Rinascenza”, forgiata anche questa da Leon Battista Alberti a metà del 400. Il termine esiste invece ora in tutte le lingue europee per definire il periodo rinascimentale.
Curiosa sorte fu quella del grande fiorentino Michelangelo Buonarroti. Considerato il massimo genio della sua epoca, amico e critico degli stessi papi che lo proteggevano, era come afflitto da una perenne insoddisfazione che gli fece sfiorare la ribellione religiosa protestante. Fu il testimone e il protagonista della più lunga stagione del Rinascimento, iniziando a essere attivo e riconosciuto quando ancora Firenze era gloriosa signoria medicea e vivendo, negli anni i rigori della Controriforma e della mutazione conseguente degli sfarzi romani.

Tra i preraffaelliti londinesi Michelangelo era di moda e, per quanto amanti inizialmente del 400 di Botticelli, evolsero con Burne-Jones verso un modello femminile michelangiolesco.

Il Rinascimento riscoperto e le muscolature redivive di Michelangelo venivano a influenzare gli artisti per tutto un secolo, fino agli albori dell’impressionismo: Auguste Rodin, Emile-Antoine Bourdelle, Aristide Maillao. Era stata proprio in quella fucina di sperimentazione artistica che fu la scuola medicea del Giardino di San Marco a Firenze, che ebbe inizio la carriera di Michelangelo Buonarroti, in quella che appare la prima vera accademia d’arte e di cultura in Europa, alla corte di Lorenzo il Magnifico. Qui si formò lo spirito iniziale di Michelangelo, che iniziava a capire di non essere più solo un artigiano ma di appartenere a un’elite politica e culturale.

La creazione di Adamo, volta della Cappella Sistina, Roma.

Nato il 6 marzo del 1475 (lo stesso anno nel quale nasce il secondo figlio maschio di Lorenzo il Magnifico, Giovanni, che diventerà nel 1513 papa Leone X), a Caprese presso Arezzo e cresciuto a Firenze, nel 1487 entrò nella bottega del pittore Domenico Ghirlandaio. 

Compì i suoi primi passi come scultore a Firenze, nel giardino di San marco, dove dette prova del proprio talento con lo scalpello sotto la guida di Bertoldo di Giovanni e potè studiare le antichità ivi raccolte da Lorenzo il Magnifico. Quest’ultimo decise di accogliere il giovane nel suo stesso palazzo, così il Buonarroti entrò in contatto con la cerchia di intellettuali e artisti che animavano la corte del signore di Firenze e lo iniziarono al culto della classicità e al pensiero neoplatonico.
Nel 1494, con la cacciata del Medici da Firenze, Michelangelo lasciò la città e soggiornò per un anno a Bologna dove realizzò alcune sculture per l’Arca di san Domenico nella chiesa omonima.
Tornò a Firenze, ormai repubblicana, e riprese i contatti con Lorenzo di Pierfrancesco Medici.
L’anno seguente si trasferì a Roma dove eseguì i suoi primi capolavori: il “Bacco” per il cardinale Raffaele Riario, e la “Pietà vaticana” per il cardinale Jean de Bilheres.

Il David a Firenze e la Pietà a Roma.

La carriera di Michelangelo spiccò il volo, destinata a svolgersi tra i due grandi centri del Rinascimento italiano: Firenze e Roma. 

Nella sua Firenze repubblicana gli venne affidato l’arduo compito di trasformare un grossissimo blocco di marmo – che nessuno osava toccare – nel suo capolavoro più grande: il “David”. L’inizio del lavoro avvenne nel 1501. L’opera venne posta, dopo lunga discussione cittadina, in piazza della Signoria nel 1504.
Rispose a varie commissioni private, fra le quale quella per il “Tondo Doni”.
Pier Soderini incaricò Michelangelo e Leonardo di affrescare la sala del Maggior Consiglio dipingendo rispettivamente la “Battaglia di Coscina” e la “Battaglia di Anghiari”. Entrambi gli artisti lavorarono ai disegni e realizzarono i cartoni, che però abbandonarono quando lasciarono la città: Leonardo tornò a Milano (1506) e Michelangelo a Roma (1508).
Alla corte di Giulio II della Rovere, Michelangelo affrontò la titanica impresa pittorica della volta della Cappella Sistina, portata a termine dopo quattro anni di lavoro duro e solitario.
Da Roma papa Giulio II tentò di riconquistare Firenze, ribelle alla sua linea politica. Il pontefice morì prima della conclusione dell’impresa e fu il suo successore, Leone X Medici, a portare a termine l’operazione.


Dal 1515, durante il pontificato di Leone X e Clemente VII Medici, Michelangelo lavorò a Firenze per il complesso di San Lorenzo.

Progettò la facciata della chiesa, che mai realizzò; realizzò, invece, la Sagrestia nuova con le tombe medicee; lavorò alla Biblioteca laurenziana.
Abbandonò temporaneamente il cantiere negli anni dell’ultima Repubblica (1527-1530), quando diventò responsabile delle difese murarie della città. Dopo il ritorno dei Medici e l’avvento del principato, con il duca Alessandro I, Michelangelo riprese i lavori, ma nel 1534 abbandonò per sempre Firenze, stabilendosi definitivamente a Roma. Clemente VII affidò a Michelangelo, che conosceva sin dall’adolescenza, la realizzazione dell’immane affresco del “Giudizio Universale” sulla parete di fondo della Cappella Sistina (1536-1541). Michelangelo tornava nel luogo dove per Giulio II aveva dipinto la volta fra il 1508 e il 1512. Il progetto partiva dalla “Genesi”, si concludeva con il “Giudizio” sulla parete di fondo. Nella complessa iconografia si riflettevano le idee espresse nell’ambito dei circoli degli spirituali, frequentati dal Buonarroti tramite Vittoria Colonna, poetessa e nobildonna, sua musa ispiratrice e confidente. Il “Giudizio” di Michelangelo appare troppo severo, quasi calvinista con quei pochi annessi nel segno dei cieli e la stessa Madonna spaventata dal Figlio che con gesto autoritario sembra ricacciare le moltitudini verso il basso. Dopo la morte di Michelangelo, ci fu chi parlò di cancellare l’affresco. Fu Daniele da Volterra, allievo del sommo maestro, a trovare una soluzione di mediazione, condivisa con alcuni cardinali tolleranti: il “Giudizio Universale” non era eretico, era solo erotico e come tale sconcio per tutti quei nudi svergognati. E così fu salvato il capolavoro mentre l’eroico Daniele passò alla cronaca con il soprannome di “Braghettone” per aver messo le mutande ai corpi ignudi.

il “Giudizio Universale”

Nel 1537 Michelangelo celebrò il rivoluzionario Alessandro de Medici con la statua del “Bruto”, che iniziò a scolpire nel 1539. Nel 1547, iniziò a scolpire la “Pietà Bondini”, dove Nicodemo, suo autoritratto, sorregge il Cristo Deposto: sposò le tesi del nicodemismo, quelle di chi professa una fede ufficiale di giorno e ne pratica una diversa nell’intimità notturna del raccoglimento domestico.

Michelangelo dedicò gli ultimi 20 anni della sua vita a imponenti progetti architettonici e urbanistici. 

Fra i più significativi la sistemazione di piazza del Campidoglio, i progetti per Porta Pia, la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. Divenuto responsabile della Fabbrica di San Pietro, progettò la cupola e ne avviò l’edificazione.
La “Pietà Bandini” e la “Pietà Rondanini” trovano un corrispondente poetico nelle rime degli ultimi anni, dove torna insistita la meditazione sulla fragilità umana e sulla morte.
Dopo la morte di Michelangelo, il 18 febbraio del 1564, l’amato nipote Leonardo Buonarroti trasferì, di nascosto dal Papa, il corpo dello zio a Firenze. Il duca Cosimo I de Medici chiese agli artisti dell’Accademia delle arti del disegno, istituita l’anno precedente e dedicata all’artista, di allestire le esequie solenni nella chiesa di San Lorenzo.
La grandezza eccezionale di Michelangelo Buonarroti come persona e come artista, è riconosciuta dagli esperti e dal pubblico nell’arco dei secoli, seppure con differenze di apprezzamento nei diversi periodi. Michelangelo sfiorò, lucido e attivo, il traguardo dei 90 anni, rappresentando una cospicua eccezione rispetto alla vita media del tempo e, in ragione dei suoi esordi precoci, disponendo di oltre sette decenni di lavoro da artista. La molteplicità del suo ingegno creativo; riluttante a farsi circoscrivere in una categoria professionale, fu un artista completo.
Le sedi cui le sue opere furono destinate, tra le quali la città suprema della Cristianità, composta dalla basilica di San Pietro con il Palazzo apostolico vaticano, e l’insigne complesso di San Lorenzo protetto dai Medici a Firenze, rappresentarono apici eccelsi di fede e d’arte visitati da un pubblico planetario.
Con Michelangelo ancora vivente, vennero pubblicate a stampa ben due sue biografie: la prima ad opera di Giorgio Vasari nel 1550; la seconda per ispirazione dello stesso Michelangelo firmata dal suo assistente Ascanio Condivi nel 1553. Un’ampia e definitiva biografia, Vasari la pose a coronamento della seconda edizione delle “Vite” nel 1568. Nel frattempo la morte dell’artista aveva dato luogo a un’avventurosa apoteosi: il trafugamento della salma da Roma, le trionfali esequie di Stato in San Lorenzo a Firenze, l’orazione funebre di Benedetto Varchi, fece seguito, negli anni, la monumentale tomba, in Santa Croce. La celebrità odierna di Michelangelo attraverso la critica, la letteratura, la divulgazione multimediale, costituisce per l’Italia e specialmente per Firenze e per Roma, un tratto distintivo di attrattiva, contribuendo a dare al nostro Paese la nomea di patria del Rinascimento.

Per maggiori info, vi invitiamo a consultare il sito michelangelo-buonarroti.com
Letizia Bilella

Letizia Bilella
Diploma di maturità in Perito Commerciale e Programmatore, e laurea in Conservazione dei Beni Culturali (nello specifico in Beni Archivistici e Librari). Amo i libri sia come contenitore, sia per il contenuto. Amo scrivere, sia nel senso proprio di impugnare una penna, sia buttare idee su un foglio e dar loro forma. Dal 2010 collaboro con un settimanale della mia provincia (AG), e con varie testate giornalistiche della zona, occupandomi di cultura, spettacolo, e in alcuni casi anche di politica locale. Nel mio piccolo comune (Burgio) faccio la guida turistica, e collaboro attivamente con l’Amministrazione Comunale nell’organizzazione di eventi. Amo tutto quello che è arte, in ogni sua forma, ogni suo aspetto.


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