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Recensione: Vivere nella tempesta, di Nadia Fusini

Recensione: Vivere nella tempesta, di Nadia Fusini

Libri Recensione di Davide Dotto. Vivere nella tempesta di Nadia Fusini (Einaudi). Una lettura emozionante, una libera riscrittura della Tempesta di Shakespeare, per affrontare le piccole e grandi tempeste della vita quotidiana.

E il naufragar m'è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi, L’infinito
La tempesta, ultima opera di Shakespeare, fa da paradigma ai nostri naufragi. Di essi ci lamentiamo, ma senza le preoccupazioni e le ansie quotidiane, non potremmo stare.
Altrettanto archetipo è il mare – accogliente e primordiale –  in cui le burrasche si scatenano.
Non è poi così importante stabilire dove si trovi l'isola nella quale Prospero, un tempo duca di Milano, è stato esiliato con Miranda, la figlia neonata.
È nel Mediterraneo, quindi sulle rotte di Enea? O in un incontaminato Nuovo Mondo, luogo di creature mai viste e terre sconosciute da conquistare? Di sicuro non è quella di Edmond Dantès.
Ciò che rileva sono la sospensione onirica respirata nella commedia, la meditazione cui esorta, la  ricerca di una conoscenza più elevata.

I mari minacciano, ma anche salvano. 

La tempesta diventa l’imprescindibile prova; tale è il naufragio della Provvidenza dei Malavoglia.


Non è scontato il mutamento dei propositi originari, qualunque essi siano. L’invito raccolto da alcuni personaggi della Tempesta è quello della metamorfosi. Ci aspetteremmo che Prospero, sapiente e gran mago castighi e non perdoni gli antichi nemici, rei di un grave torto perpetrato ai suoi danni.
La storia medesima progredisce in ben altro intreccio, ognuno sollecitato a riconoscere le proprie colpe. Cosa che taluni si guardano bene dal fare.

Sotto questo profilo vi è continuità con il romanzo María di Nadia Fusini, tra chi, dopo la tempesta, contempla il proprio cammino e la propria evoluzione e chi, invece, regredisce, arretra nella violenza senza nessuna possibilità di remissione.


La Tempesta mette sul piatto il significato delle azioni compiute; la pausa meditativa dà il tempo di ripensare, convertirsi (rivolgere l' attenzione altrove), perdonare.

La domanda da porre è quale uso mai è fatto della seconda chance. Mutano le prospettive, o si è destinati a replicare quel che è già stato, nell’eterno ritorno che tormenta lo spirito di Friedrich Nietzsche?
Non tutti avvertono la necessità di purificarsi e proseguono lungo l’identico percorso. Tra i tanti, coloro che desiderano deporre di nuovo Prospero: «Sull’isola, chi vi giunge non vuole che comandare. Chi arriva, trama il colpo di stato [...]»
Eppure persino Caliban – l’aborigeno dell’isola – ha la sua illuminazione. Quella di Prospero gli permette di «guarire dalla sopravvalutazione di se stesso».
 La passione di sé, che ha annichilito tanti suoi eroi tragici, ora gli appare il frutto di un amore mal posto, egocentrico ed egoistico, al fondo mortifero.
Nadia Fusini, Vivere nella tempesta

Diviene, la commedia, una presa d’atto d’eccezione, quella della indistruttibilità e ingovernabilità del male.

Qualcuno ha parlato, in merito, di banalità e di stupidità.


Il male è ineluttabile e composito. Se non lo si abbraccia totalmente col proprio essere, ci si deve passare attraverso. Prospero è stato spodestato ma ha spodestato egli stesso. L’andamento circolare degli eventi non è in discussione. Lo sono piuttosto gli insegnamenti tratti dalle cose che si ripropongono uguali a loro stesse.
Le azioni in sé e per sé non passano in secondo piano: non c’è figura nella Tempesta priva di colpe. Ciascuno è caduto. Chi non lo è – per esempio Miranda, la figlia di Prospero – deve ancora affacciarsi alla vita e alle sue insidie.

Si deve pure ragionare sulle motivazioni profonde da cui esse (azioni e colpe) scaturiscono, con le rispettive e più autentiche responsabilità.

La Tempesta di Shakespeare chiede qualcosa di impegnativo sia ai suoi personaggi («di saper vedere, saper ascoltare») sia ai lettori. In particolare esorta costoro «non a distrarsi ma centrarsi».
A tutto questo conduce la lettura multiforme, fluttuante e a tratti biografica di Nadia Fusini:
Accostare un testo del passato all'orecchio come fosse una conchiglia per ascoltarvi i nostri pensieri, le nostre emozioni, è un modo di leggere – un modo all'apparenza possessivo, in cui pare trionfare una volontà appropriativa. Potremmo però anche intendere il gesto in senso opposto, e cioè come l’affermazione dell’incontrastata potenza metamorfica di un corpo di parole che sfugge al possesso di chi l’ha concepito e risponde di sé soltanto a chi legge e si plasma al suo desiderio...
Nadia Fusini, Vivere nella tempesta

Vivere nella tempesta

di Nadia Fusini
Saggio
ISBN 978-8806225957
Cartaceo 15,72€
Ebook 9,99€

Sinossi

Un libro può essere come una conchiglia che accosti all'orecchio e vi senti riecheggiare pensieri ed emozioni. La "Tempesta" di Shakespeare è la conchiglia di questo libro di tempeste, in cui si narra di navi, isole, viaggi e naufragi, e mari e oceani, dell'incontro con lo sconosciuto, il selvaggio, il diverso. Nella "Tempesta" di Shakespeare c'è la Mirabilis Miranda, la Bella che ci attrae; e c'è la Bestia Caliban che ci fa paura. Assistendo alla commedia, o leggendola e rileggendola, viviamo il rischio del naufragio e siamo premiati col dono della salvezza, patiamo la colpa e riconosciamo il debito, e con esso la logica della punizione e la gratuità del perdono. L'isola è infatti il luogo del salvataggio ma è anche il luogo dove si rimette in scena il delirio del potere, dove vivere si presenta insieme come una rinascita - e una ripetizione - e dove tutto volge verso la commedia. La commedia della vita umana. E se in questo suo ultimo dramma Shakespeare sceglie di volgere la trama verso uno scioglimento comico è appunto perché sceglie la vita e con essa non tanto il terrore, ma la pietà, la meraviglia della pietà. Questo nuovo libro di Nadia Fusini è una lettura emozionante e una libera riscrittura della "Tempesta" e insieme un invito a riflettere su quel che significa l'atto di vivere; e cioè, essere coscienti e vigili di fronte alle piccole e grandi tempeste della vita quotidiana. Per poi della vita riconoscere il dono, la meraviglia.

Davide-DottoDavide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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