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8 giorni alla fine: una serie TV distopica Sky original

8 giorni alla fine: una serie TV distopica Sky original

Serie TV | Sky Recensione di Stefania Bergo. 8 giorni alla fine, la serie TV  distopica Sky original, tra speranza e paura: cosa sei disposto a sacrificare pur di salvarti la vita?

8 giorni alla fine è una serie distopica tedesca diretta da Stefan Ruzowitzky e andata in onda a settembre del 2019 su Sky Atlantic e ora sono disponibile on demand  su Sky e NOWTV – gli otto episodi della prima stagione.
La serie, creata da Rafael Parente e Peter Kocyla, racconta, come dice il titolo, gli otto giorni che precedono l'impatto di un gigantesco asteroide, Horus, diretto verso la Terra, in particolare verso l'Europa, denominata Kill Zone dal momento che le possibilità di sopravvivere sono praticamente nulle. Sì, il mondo, a una possibile minaccia globale, risponderebbe così: rinchiudendo le persone nei propri confini pur sapendo che, per pura casualità, quei confini possono fare la differenza tra la vita e la morte. Perché non è possibile evacuare tutti, non è possibile accogliere tutti dall'altra parte del mondo, lontano dall'impatto. Un impatto talmente distruttivo da spazzare via l'Europa e provocare una nube di polvere in grado di oscurare il sole e causare cambiamenti climatici devastanti ovunque, come quelli che hanno portato alla scomparsa dei dinosauri. Quindi, sebbene l'impatto possa essere circoscritto, i suoi effetti riguarderanno tutto il pianeta. Da cui: ognuno pensi a salvare la propria pelle, non c'è tempo per essere altruisti. Sconvolgente. Realistico.  Distopico?


La serie è psichedelica e scandisce i giorni che mancano alla fine – uno per ogni episodio –, mostrando come si prepara al disastro un gruppo variegato di persone. 

Non si conosce molto di loro, non c'è una gran caratterizzazione dei personaggi, giusto qualche feedback per poter inquadrare e comprendere meglio le loro scelte. Ma poco importa che il profilo dei personaggi non sia approfondito, dal momento che non interessa sapere chi fossero prima ma come stiano affrontando ora la paura e l'istinto di sopravvivenza. Guardare 8 giorni alla fine è come spiare vari angoli di una città del nord Europa per vedere cosa accade – accadrebbe? – nella mente delle persone dal momento in cui sanno di essere condannati.
Non importa nemmeno chi siano i personaggi: una manciata di persone in qualche modo correlate tra loro, uno spaccato di società e situazioni personali adatto allo scopo, cioè dimostrare che la disperazione per la salvezza diviene spesso follia. Una follia pre-distopica sottolineata da una colonna sonora che trae dalla lirica la suggestione di un canto in latino su base ansiogena o drammatica.


Ma chi sono i protagonisti di 8 giorni alla fine?

I personaggi principali sembrano essere quelli di una famiglia che cerca di scappare dalla zona d'impatto circoscritta, dove non c'è quindi alcuna possibilità di sopravvivere. Uli, fisico, e sua moglie Susanne, medico, tentano inizialmente la via dell’immigrazione clandestina in Russia per mettere al sicuro i propri figli, investendo ogni loro risparmio in un viaggio illegale oltre confine perché, ricordiamolo, a nessuno è permesso di uscire dalla Kill Zone e "invadere" le aree che hanno qualche possibilità in più di sopravvivere – vi ricorda qualcosa? Ma il loro piano fallisce miseramente, separandoli e mettendoli in nuove situazione critiche prima e riportandoli a casa poi, con un niente di fatto, nuove soluzioni da trovare e un fastidioso ticchettio che alita sul collo: mancano pochi giorni, sempre meno, alla fine.
Il fratello di Susanne, Hermann, è un diplomatico e ha a disposizione una serie di privilegi che gli possono garantire la salvezza, per lui e la fidanzata Marion incinta al nono mese. Ma dato che i mezzi a disposizione sono comunque limitati, il diritto alla vita è garantito solo a un ristretto gruppo di persone: a facoltosi politici, talmente disumani da sacrificare mogli e figli pur di assicurasi un posto su un volo per l'America o in un bunker di stato – dotati di ogni comfort –, dove sopravvivere in attesa di un nuovo inizio. Così, Hermann nega alla sorella e ai suoi figli qualsiasi aiuto.
Nella storia entrano anche altri personaggi. C'è Deniz, poliziotto e amante di Susanne. E Klaus, un uomo violento e senza scrupoli che rinchiude sua figlia Nora in un bunker da lui stesso costruito per proteggerla dalla follia dilagante che c'è fuori, dove tutti sembrano disposti a fare qualsiasi cosa – anche uccidere – pur di accaparrarsi un posto per la salvezza. Che poi è esattamente quello che fa lui, preoccupandosi più di avere armi a disposizione che generi di conforto – nuovamente, vi ricorda qualcosa?

A otto giorni dalla fine il mondo è sconvolto e sconvolgente, dilagano follia e angoscia, e ognuno pensa a sopravvivere a qualsiasi costo, riconoscendosi il diritto, prima che il dovere, di portare avanti la specie.

A otto giorni dalla fine il mondo è sconvolto e sconvolgente, dilagano follia e angoscia, e ognuno pensa a sopravvivere a qualsiasi costo, riconoscendosi il diritto, prima che il dovere, di portare avanti la specie.

Ma mai come in questo caso, essere i primi della fila significa perdere la propria umanità, sacrificare i propri cari, essere pazzi criminali. Quindi, detto tra noi, che umanità sarebbe quella che torna a vivere partendo dalla feccia?
C'è anche chi, conscio che la salvezza è assicurata solo a un gruppo d'élite, decide di attendere la fine dando sfogo ai propri istinti animali, creando comuni in enormi case abbandonate, dove consumarsi di alcol, droghe e sesso, o comunità hippy lungo i fiumi, vivendo gli ultimi istanti in armonia con la natura e in contatto col proprio io interiore, stordendosi di marijuana e preghiere. L'imminente schianto di Horus, infatti, prevedibilmente ha un forte impatto sulle comunità religiose della zona, e in particolare un piccolo gruppo di fedeli si lascia guidare da un giovane predicatore, Robin, convinto di essere il nuovo Messia, in grado di assicurare loro la salvezza di Dio.


Ancora una volta, l'umanità si divide in chi pare avere il diritto alla sopravvivenza e chi deve lottare per i pochi posti rimasti a disposizione.

E la lotta mostra sempre il lato peggiore dell'uomo, secondo Stefan Ruzowitzky.
Quella che stiamo vivendo oggi è per certi versi una situazione d'emergenza globale, anche se non apocalittica come quella di 8 giorni alla fine. E inizialmente ho assistito a egoismi e prevaricazioni anche tra conoscenti. Evidentemente l'istinto umano, atavico, è ancora proteso verso la salvezza individuale, perché individuali sono spesso le minacce. Ma se gli eventi coinvolgono l'intero pianeta – come una pandemia – che senso ha pensare solo a se stessi? Arrivare fino allo scenario più drammatico di lasciare sul vialetto di casa moglie e figlia per correre da soli verso un bunker? E ammesso di riuscire a sopravvivere alla catastrofe, si potrebbe sopravvivere al rimorso e al senso di colpa?
8 giorni alla fine è una serie vietata ai minori di 14 anni, le scene di violenza, sesso e perdizione sono molto esplicite, il delirio psichedelico di un'umanità allo sbando è reso da un'eccellente e suggestiva fotografia. Fa riflettere perché ci pone davanti a uno specchio inquietante: vorremmo davvero che fossero così gli ultimi otto giorni di vita dell'umanità? Saremmo davvero disposti a sacrificare tutto pur di comprarci il diritto di sopravvivere?




Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, StreetLib collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione).
Mwende. Ricordi di due anni in Africa, Gli scrittori della porta accanto Edizioni.
La stanza numero cinque, PubMe Gli scrittori della porta accanto Edizioni.


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