
Di Claudia Gerini. Da Marie Curie a Freddie Mercury: storie di migranti che hanno cambiato la storia o anche solo la loro vita. Grazie alla loro disperata fuga in cerca di un mondo migliore.
Coloro che sono passati per l’esperienza della tortura
-e io sono fra quelli-
sono in genere restii a parlare del tema
per una questione elementare di pudore,
ma nessuno tace
quando si tratta di denunciare
quella riga del comportamento umano
e le canaglie che inducono a praticarla.
Luis Sepulveda, scrittore cileno costretto all’esilio
Lasciano le proprie case nella speranza di trovare, in un posto lontano e tanto diverso da quelli che conoscono, un futuro migliore. Alcuni scappano dalla guerra e dalle bombe che fischiano ogni giorno sopra le loro teste, altri da fame e carestie, altri da regimi politici totalitari dove la libertà dell’individuo non è neanche contemplata. Hanno la speranza di trovare un luogo più accogliente, magari un lavoro e una casa o semplicemente pace. Affrontano viaggi rocamboleschi, spendendo i risparmi di un vita, affidandosi a volte a veri e propri trafficanti di schiavi moderni che lucrano sullo scambio di esseri umani anziché di merci.
Quando finalmente mettono piede in quella che nei loro sogni rappresenta la terra promessa, trovano spesso ancora sofferenze, umiliazioni. Insomma la loro strada è sicuramente in salita.
Additati e a volte considerati come la causa di ogni problema, devono, oltre che cercare di ricostruire la propria vita, pezzo per pezzo, anche dimostrare che sono persone, come tutti gli altri. Molti ci riescono. Mattone dopo mattone, si creano una nuova vita, integrandosi nel paese in cui sono andati vivere, trovando un lavoro e una casa. Altri continuano a vivere di stenti, cercando di dimostrare che non sono “l’uomo nero” di cui aver paura, e magari maledicendo il giorno in cui, per il sogno di una vita migliore, hanno lasciato il proprio paese.
Altri ancora, invece, ce la fanno.
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Additati e a volte considerati come la causa di ogni problema, devono, oltre che cercare di ricostruire la propria vita, pezzo per pezzo, anche dimostrare che sono persone, come tutti gli altri. Molti ci riescono. Mattone dopo mattone, si creano una nuova vita, integrandosi nel paese in cui sono andati vivere, trovando un lavoro e una casa. Altri continuano a vivere di stenti, cercando di dimostrare che non sono “l’uomo nero” di cui aver paura, e magari maledicendo il giorno in cui, per il sogno di una vita migliore, hanno lasciato il proprio paese.
Altri ancora, invece, ce la fanno.
Ci sono molti profughi e migranti che, anche nel corso della storia, hanno davvero trovato una vita migliore, magari hanno avuto successo oppure si sono distinti per doti particolari.
Guardando indietro nel tempo ecco alcuni immigrati che hanno fatto la storia.
Anche ai giorni nostri ci sono stati dei rifugiati e immigrati che possono dire di avercela fatta. Alcuni si sono distinti nello sport, nella musica e nella scrittura.
Anche ai giorni nostri ci sono stati dei rifugiati e immigrati che possono dire di avercela fatta. Alcuni si sono distinti nello sport, nella musica e nella scrittura.
ALBERT EINSTEIN
Nato nel 1879 ad Ulma, cambiò spesso residenza per problemi economici e visse a Monaco, Pavia, Berna e poi a Milano. Ma nel 1933 si spostò negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni naziste contro gli ebrei. Divenuto un fisico e uno scienziato famoso anche per la sua teoria sulla relatività.
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ENRICO FERMI
Scienziato italiano, sposato con un ebrea, emigra negli Stati Uniti nel 1938 per sfuggire alle leggi razziali. Le sue ricerche sulla scissione dell’atomo furono determinanti per la realizzazione della bomba atomica.
JOSEPH PULITZER
Immigrato ungherese negli Stati Uniti, divenne editore e giornalista. Fondò quello che tutti i giornalisti aspirano a vincere: “il premio Pulitzer”.
MARIE CURIE
Emigrata in Francia dalla Polonia vinse due volte il premio Nobel e fu la prima donna a insegnare alla Sorbona.
OSCAR DE LA RENTA
Emigrato da Santo Domingo in Europa e poi negli Stati Uniti, divenne una delle icone della moda internazionale.
RIGOBERTA MENCHU TUM
Nata in Guatemala da una famiglia contadina, fu coinvolta nel Comitato per l’Unità dei contadini, un gruppo di protesta che difendeva i loro diritti. Nel 1991 lasciò il Guatemala, dopo l’uccisione e la tortura di alcuni membri della famiglia. Nel 1992 ottenne il premio Nobel per la pace.
Ci sarà cura per tuttiHo attraversato la frontieracarica di dignitàporto al fianco la bisaccia pienadi tante cosedi questa terra piovosa.Porto i ricordi millenari di Patrocinio,i sandali che sono nati con mel’odore della primaveral’odore dei muschile carezze dei campi di maise i gloriosi calli dell’infanzia.Ho attraversato la frontiera amoretornerò domani quandola mamma torturatatesserà un altro guipil multicolorequando il papà bruciato vivosi alzerà di nuovo prestoper salutare il soledai quattro cantoni della nostra casa.Allora ci sarà cura per tutti,ci sarà incensole risate dei piccoli Indios,ci saranno allegre marimbas.Accenderanno lumi in ogni casa,in ogni fiumeper lavare la grande pentolaal mattino.Si accenderanno le torce,illumineranno le strade,i dirupi, le rocce e i campi.
Rigoberta Menchu, tratto da “Un continente desaparecido” di Gianni Minà, Sperling Paperback, 2000
JAN KOUM
Nel 1992 lasciò l’Ucraina per la California. È diventato famoso per aver fondato WhatsApp, “cambiando” la vita a milioni di persone.
BETO PEREZ
Emigrato dalla Colombia a Miami, ha fondato l’impero della Zumba Fitness divenuta famosa a livello mondiale.
FREDDIE MERCURY
Tutti sanno che Freddie non era nato in Inghilterra ma a Zanzibar. I genitori, indiani, si trovavano a Zanzibar per motivi di lavoro. Nel 1964 si trasferì con la famiglia nel Regno Unito a causa della rivoluzione che portò alla nascita della Tanzania. Con i Queen è diventato uno dei miti assoluti della musica mondiale. Ancora oggi le sue canzoni e la sua voce fanno sognare migliaia di persone.
THE SHOW MUST GO ONEmpty spaces – what are we living forAbandoned places – I guess we know the scoreOn and onDoes anybody know what we are looking forAnother hero another mindless crimeBehind the curtain in the pantomimeHold the lineDoes anybody want to take it anymoreThe show must go onThe show must go onInside my heart is breakingMy make-up may be flakingBut my smile still stays onWhatever happens I’ll leave it all to chanceAnother heartache another failed romanceOn and onDoes anybody know what we are living forI guess I’m learningI must be warmer nowI’ll soon be turning round the corner nowOutside the dawn is breakingBut inside in the dark I’m aching to be freeThe show must go onThe show must go on – yeahOoh inside my heart is breakingMy make-up may be flakingBut my smile still stays onYeah, oh oh ohMy soul is painted like the wings of butterfliesFairy tales of yesterday will grow but never dieI can fly – my friendsThe show must go on – yeahThe show must go onI’ll face it with a grinI’m never giving inOn with the showI’ll top the billI’ll overkillI have to find the will to carry onOn with theOn with the showThe show must go on, go on, go on, go on, …
GODFRED DONSAH
Arrivato su un barcone dieci anni fa con il padre, che da clandestino ha svolto i lavori più umili come il raccoglitore di pomodori. Il figlio, a 15 anni, tenta la carriera calcistica. Oggi, grazie al suo talento e a una buona dose di fortuna, è un promettente calciatore del Bologna.
YUSRA MARDINI
Scappata dalla Siria con la sorella, durante la traversata dalla Turchia alla Grecia, sopra un’improbabile imbarcazione, si tuffa in mare, con la sorella e un’altra ragazza e nuota trascinando letteralmente la piccola barca a riva, salvando di fatto la vita alle persone che vi erano stipate sopra. Yusra si è tuffata perché è una nuotatrice e ha dimostrato la sua bravura alle olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016, portabandiera del Team dei Rifugiati.
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SAMUEL STORM
Dopo nove mesi di viaggio è arrivato in Italia, in Sicilia. Ha trovato persone che hanno creduto in lui e nel suo talento fino ad arrivare al talent show di Rai 2, X Factor, piazzandosi al 4° posto.
PAP KHOUMA
Immigrato nel 1984 dal Senegal è ormai un italiano a tutti gli effetti. Pap è uno scrittore ed è iscritto all’albo dei giornalisti stranieri. Ha pubblicato nel 1990 “Io venditore di elefanti”, nel 2005 “Nonno Dio e gli spiriti danzanti” e nel 2010 “ Noi neri Italiani”. In particolare questo suo ultimo lavoro tratta il tema del razzismo in Italia e cosa significhi oggi essere neri in questo paese, raccontando una serie di storie, scritte in prima persona in forma di lettere ad un giudice. Le storie parlano di come, oggi più che mai, i neri, per molti italiani, siano una razza inferiore, forti del fatto che, guidati da ignoranza, ottusità e, appunto, razzismo, gli italiani considerino italiano solo chi è bianco.
È un libro che lascia una grande amarezza, con vicende che si vorrebbe credere inverosimili e che invece accadono, negli stadi ma anche per strada, in qualsiasi luogo.
Un italiano bianco non vivrà e non capirà mai la rabbia che provano gli italiani neri. Io ho la mamma italiana e non ho mai avuto problemi di documenti, però la rabbia viene creata dall'occhiata sospetta che senti su di te quando entri in un negozio; il taxi che non ti prende da una certa ora; se non sei vestito bene in certi luoghi rischi di essere considerato un criminale; quando ti siedi vicino a una signora o una ragazza, lei subito sposta la borsa; quando prendi la metropolitana con i tuoi amici bianchi, chiedono il biglietto soltanto a te. Quando ti chiedono: "Da dove vieni?" E tu rispondi: "Da Milano". Cominciano a chiederti: "Allora dove sei nato?" Dici: "A Milano!". "Ma tua mamma?". "È italiana!" "E tuo padre?" "Mio padre è senegalese". "Allora, tu non sei italiano, ma senegalese". Non finisce mai. È come una goccia che continua a cadere sulla testa per tutta la vita. Ti logora e ci vuole tanta energia e consapevolezza per non cadere nella trappola della disperazione. Il messaggio che vorrei darei ai figli della migrazione è di non farsi travolgere dalla rabbia. Sviluppare la propria consapevolezza rispetto a questi strani meccanismi che regolano i rapporti sociali. Ai fratelli bianchi, mi viene da dire che non si può considerare chi non ha il tuo stesso colore, un ospite. Quindi l'ospite non deve chiedere niente. Noi non siamo come la prima generazione di immigrazione degli anni Settanta e Ottanta […] La nostra generazione rifiuta di essere subalterna. Siamo italiani e non stranieri o ospiti. Sono ritornato in Italia, perché non avevo nessuna intenzione di scappare dal mio paese.
Pap Khouma, tratto da “Noi neri italiani, storie di ordinario razzismo”
Queste sono solo alcune delle persone che, lasciando il proprio paese di origine, sono riuscite ad affermarsi o comunque a trovare un nuovo posto da chiamare casa.
Perché dietro a quei volti, a quelle persone che spesso vediamo per strada, al supermercato, davanti a quei lager moderni che chiamano strutture d’accoglienza, ci sono persone, sentimenti, magari talenti o semplicemente storie.
PH © Yusra Mardini
Claudia Gerini Claudia Gerini nasce a Pontedera negli anni ’70. Completa il liceo linguistico e collabora saltuariamente con un’importante testata giornalistica. Poi abbandona gli studi e le passioni per un impiego fisso. Da più di 15 anni infatti lavora nel reparto gastronomia di un supermercato. Adora la sua famiglia ed è ciò a cui si è ispirata per scrivere questo suo primo romanzo. Il sogno di Giulia, Lettere Animate. |
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