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Recensione: Il lato attivo dell'infinito, di Carlos Castaneda

Recensione: Il lato attivo dell'infinito, di Carlos Castaneda

Recensione: Il lato attivo dell'infinito, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Il lato attivo dell'infinito di Carlos Castaneda (BUR). La naturale conclusione di un percorso narrativo, l'interessante racconto della vita meno spirituale dell'autore dall'adolescenza all'età adulta, con episodi a volte surreali, morbosi e fuori contesto.

Rispetto a tutti i precedenti romanzi di Carlos Castaneda, Il lato attivo dell’infinito presenta delle peculiarità uniche nel suo genere che possono conquistare o lasciare perplesso il lettore. Ma quale effetto ha avuto su di me? Come sempre, procediamo con ordine e dall’inizio.

In primo luogo, ne Il lato attivo dell’infinito appare per lo più l’autore e non Don Juan, il suo sciamano mentore.

Infatti, il romanzo è interamente incentrato su episodi salienti del passato di Castaneda, rievocati per far comprendere quanto abbiano influenzato la sua vita non solo come essere umano, ma anche come apprendista sciamano. Lo stesso Don Juan li analizza saltuariamente per dimostrare al suo pupillo come ogni avvenimento possa essere letto attraverso una chiave spirituale, al di là dell'ordinario.

Così, l'autore si tuffa nei ricordi, i quali coprono il periodo che va dall’infanzia alla maturità, riscoprendo situazioni mai narrate nei libri precedenti, se non appena accennate.

Ad esempio, vengono menzionati l'ammissione all'università e l'abbandono subito dopo (senza rivelarne il contesto per evitare spoiler). Vengono inoltre ripescate alcune situazioni apparentemente non correlate alla sua crescita interiore, quali per esempio la vicissitudine dello psicologo con la sua segretaria o l'amico alle prese con continui guasti alla propria automobile.
Ciò che potrebbe affascinare di più il lettore affezionato a Castaneda è la rivelazione di episodi legati a Don Juan, soprattutto il suo arrivo da lui e il loro primo vero incontro.

Per interpretare certi episodi, l'autore richiama molti concetti già trattati nei libri precedenti, anche solo per accennarli o sintetizzarli.

Si torna quindi a parlare del “vedere” di uno sciamano, delle differenze tra un vero Nagual (ovvero Don Juan) e un semplice sciamano, del silenzio interiore, del punto di rottura, del punto di unione, dell’accettazione della morte per uno sciamano, del fermare il tempo, del Sognare e degli inorganici.
Al contempo, vengono forniti nuovi spunti di riflessione come ciò che accade dopo la morte e tutto ciò che ruota intorno ai “predatori” (entità energetiche tutt’altro che benevole verso gli umani).
Come in ogni suo libro, non mancano momenti in cui Carlos Castaneda rischia di morire non solo durante la sua pratica di sciamano ma persino da adolescente e adulto.
Tutto ciò ci conduce al gran finale, tipico dei libri di Castaneda, che rappresenta anche la naturale conclusione di questa collana.
Ed eccoci giunti alla mia personale opinione.

Il lato attivo dell’Infinito, ha i suoi punti di forza e le sue debolezze.

Da una parte, è decisamente più comprensibile dei precedenti in quanto incentrato sul passato da “comune mortale” di Castaneda, seppur gli episodi non siano affatto leggeri o spensierati. Al contrario, alcuni di essi sono morbosi, raccapriccianti, disgustosi, grotteschi, drammatici e quasi surreali.
D'altro canto, ci sono anche episodi commoventi e sofferti, profondi e coinvolgenti, al punto che sorprendono il lettore per le molte e insolite esperienze vissute da un ragazzo (e poi uomo). Tutto ciò suscita curiosità e mantiene vivo l’interesse.
Personalmente, però, alcuni episodi mi hanno lasciato perplesso per la loro incoerenza e mancanza di logica, come ad esempio l'esperienza di Castaneda con il "malavitoso".

È senza dubbio piacevole e interessante scoprire Castaneda da una prospettiva più umana e terra-terra rispetto a quella a noi più familiare dei libri precedenti, incentrati sul suo apprendistato sciamanico. 

Al tempo stesso, le nozioni sciamaniche restano l’aspetto più interessante del romanzo; ho trovato altresì affascinante il concetto di “infinito”, “cosa succeda dopo la morte” e, perché no, anche i predatori e la loro “fame”.
Mi ha colpito anche il fatto che abbia riassunto in questo romanzo i concetti chiave che già conosciamo Peccato che vengano spiegati in modo talmente rapido e superficiale da risultare incomprensibili (a meno che uno non abbia già letto in precedenza il libro in cui l'autore ne parla in modo approfondito).
D’altra parte, gli episodi vissuti da Castaneda colmano con nuovi tasselli il quadro che ci siamo fatti, arricchendolo di particolari che colpiscono e inteneriscono.

Di contro, alcuni episodi li ho trovati un po’ troppo surreali, morbosi e fuori contesto.

Certo, a ben guardare ciascuno di essi aveva una sua ragione d’essere e nella crescita interiore dell’autore, eppure alcuni mi hanno fatto, per varie ragioni, storcere il naso.
In definitiva, Il lato attivo dell’infinito di Carlos Castaneda non può essere letto come libro a sé stante, ma rappresenta la naturale conclusione di un percorso narrativo che abbraccia l’intera collana dell’autore (che consta, compreso questo, di dieci libri). Ecco perché, per chi ha letto tutti gli altri, immergersi in quest’ultimo non può che essere piacevole quanto “ritornare in un luogo familiare”. Un libro quindi che non può mancare nella libreria di ogni “fan di Castaneda” e che arricchisce il lettore di nuovi concetti affascinanti e misteriosi. Ma al tempo stesso gli fa scoprire un aspetto inconsueto dell'autore, ovvero quello fuori dalla sua vita di sciamano e immerso nella quotidianità del suo passato di ragazzo e di uomo, come potrebbe essere quello di ognuno di noi.


Il lato attivo dell'infinito

Autobiografico
di Carlos Castaneda
BUR
Non-fiction | Saggio narrativo
ISBN 978-8817258890
Cartaceo 10,00€
Ebook 7,99€

Quarta  

Il lato attivo dell'infinito è la regione a cui accedono gli sciamani dopo la morte. Per prepararsi all'ultimo viaggio nell'ignoto, gli sciamani ripensano e rivivono gli atti e i momenti fondamentali della loro vita: il metodo più efficace per raccogliere la somma totale delle loro emozioni e conoscenze, della propria energia vitale. Per questo don Juan Matus, lo sciamano Yaqui che ha scelto Castaneda, lo esorta a mettere insieme l'"album" delle proprie esperienze. Questo libro è appunto l'album di un guerriero dello spirito.

Libri di Carlos Castaneda




Andrea Pistoia
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Recensione: L'arte di sognare, di Carlos Castaneda

Recensione: L'arte di sognare, di Carlos Castaneda

Recensione: L'arte di sognare, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. L'arte di sognare. Guida all'espansione della mente di Carlos Castaneda (Rizzoli). Le avventure oniriche di un aspirante sciamano: un libro interessante, indispensabile per un cammino di apprendimento per diventare un onironauta.

Eccoci a una nuova recensione riguardante un romanzo di Carlos Castaneda, aspirante sciamano immerso in rituali, spiegazioni metafisiche e vicende esoteriche.
Nello specifico, dal titolo di questo libro, L'arte di sognare, si evince che si andrà a parlare di sogni, ma non quelli “classici”, che fanno tutti, bensì quelli fuori dall’ordinario.
Andiamo con ordine.

Nella premessa di L'arte di sognare, Carlos Castaneda spiega come, nel suo ultimo periodo di apprendistato sciamanico, ha scoperto di aver condiviso in sogno delle esperienze con altri tre stregoni.

Paradossalmente non ne ha ricordo fino a che il suo maestro Don Juan non adotta certi espedienti.
Da qui si dipana un dialogo tra l’autore e il suo mentore in cui quest’ultimo in primis si riallacci a concetti ampiamente spiegati nei libri precedenti, quali il punto d’unione e la seconda attenzione, per poi entrare nel vivo, ovvero l’arte di Sognare (con la lettera maiuscola in quanto è un sognare “a un livello superiore”, dove si è coscienti durante i propri sogni, con tutto ciò che di affascinante e misterioso ne conseguenze).

Qui Don Juan spiega come ci siano sette varchi da aprire se si vuol Sognare e che si possono attraversare solo attraverso “l’intento” di uno sciamano.

Dopo miriadi di tentativi, Carlos Castaneda incomincia a essere cosciente nella sua attività onirica (tradotto: sa di essere in un sogno mentre questo continua a svolgersi). E da qui incominciano i guai, in quanto incontra e poi si scontra con gli inorganici, entità eteriche che interagiscono con gli umani fornendo loro aiuto per fini non proprio nobili (al punto che persino l’autore scoprirà quanto avere a che fare con loro sia pericoloso e a volte persino letale).
Carlos Castaneda in questi viaggi onirici conosce anche “l’Emissario del sogno” (un’entità che non solo lo guida in mondi fantastici e surreali ma gli fornisce dei consigli concreti) e un “esploratore onirico” imprigionato in quella realtà immateriale.
Da qui è un susseguirsi di sogni affascinanti (ma anche spaventosi) e di spiegazioni profonde del suo maestro Don Juan, il quale porterà Carlos Castaneda a conoscenza non solo di altre informazioni sul Sognare ma anche di alcuni segreti degli sciamani antichi. Il tutto fino al gran finale, dove l'autore incontrerà l’Inquilino (ovvero lo “sfidante della morte”), un immortale che offre agli sciamani dei “doni di potere” in cambio di energia personale. Accetterà Carlos Castaneda questo scambio? E ciò cosa comporterà? Leggete il libro e lo scoprirete.

Che dire di L'arte di sognare? Innanzitutto che, rispetto ad altri libri, c’è molta più azione e meno chiacchiere.

Quindi, da una parte ci sono le avventure oniriche di Carlos Castaneda a contatto con gli inorganici e dall’altra le spiegazioni illuminanti di Don Juan sull’argomento. E, sempre restando in tema inorganici, essi si dimostrano entità ambigue. Ciò spinge il lettore a chiedersi più volte se siano buone o cattive, dato che a tratti risultano inquietanti e altre sagge, curiose e benevoli.
L’incontro tra l’autore e l’Inquilino (con la sua attuale natura di entità eterna) risulta un episodio affascinante per il lettore, posto sempre di fronte al dilemma se tutto ciò che sta leggendo sia veramente autobiografico e non frutto della sfrenata fantasia di Castaneda.
Infine, nel libro c’è spazio per dei discorsi poetici (ho trovato adorabile il concetto di ricerca della libertà per uno sciamano) ma anche profondi e adattabili alla nostra realtà quotidiana (in special modo quale sia la via dello stregone, incentrata sull’eliminare il superfluo, materiale e non, in modo da utilizzare l’energia risparmiata per fini più nobili e spirituali).

Come sempre, non mancano certi passaggi ostici e di difficile comprensione per il lettore occidentale medio, specialmente quando si parla di punto di unione e di essere coesivo.

La spiegazione dell’autore diventa a volte talmente confusa e complessa da costringere il lettore a rileggere alcuni paragrafi più volte.
Apro parentesi: a prescindere da quale libro di Castaneda stiate leggendo, vi consiglio di attingere alle risorse di internet per chiarirvi certi concetti, in quanto alcuni siti web li spiegano in modo semplice e alla portata di tutti. Ciò vi eviterà di leggere decine e addirittura centinaia di pagine in perenne stato confusionale.
Tirando le somme, rispetto ad altri libri di Carlos Castaneda quest’ultimo l’ho trovato più comprensibile e accessibile alla mia mente “da profano”.

I continui sogni di Castaneda a contatto con gli inorganici e il loro mondo mantengono viva l’attenzione del lettore e lo appassionano.

Pensare che questo sia un libro autobiografico, e che quindi le situazioni oniriche ivi narrate siano reali, affascina e spaventa al tempo stesso.
Come detto poc’anzi, di concetti complessi e ostici per fortuna ce ne sono pochi e il non comprenderli spesso non limita la lettura. Ciò permette al lettore di seguire senza rallentamenti la trama e di fantasticare sui mondi con cui l’autore è venuto a contatto (ma soprattutto di sperare che questi possano veramente esistere ed essere accessibili a chiunque).

Tra l’altro, per chi vuol diventare un onironauta (ovvero colui che vive coscientemente i propri sogni), questo libro è tra le letture consigliate.

Indispensabile per un cammino di apprendimento, non tanto per le poche tecniche presenti quanto per le potenzialità che tale esperienza può offrire.
In definitiva, un libro interessante, decisamente piacevole da leggere e che fornisce tanti spunti di riflessione su ciò che il sogno è, a livello spirituale e di evoluzione personale.


L'arte di sognare
Guida all'espansione della mente

di Carlos Castaneda
Rizzoli
Autobiografia | Saggio
ISBN 978-8817057455
Cartaceo 12,35€
Ebook 7,99€

Sinossi 

Indio messicano, sciamano e conoscitore del mondo della magia, Don Juan ha stabilito da tempo un rapporto maestro-discepolo con Carlos Castaneda. Le eccezionali rivelazioni esoteriche dello sciamano, mediante le quali è possibile attingere ad arcane energie, a forze recondite dello spirito consentono, tramite il sogno sapientemente indirizzato e coltivato, di distaccarsi a poco a poco da tutto quanto è terreno e materiale per inoltarsi in dimensioni diverse. Sette sono le porte che il "sognatore" deve varcare per raggiungere la perfezione nell'arte, appunto, di sognare. Questa esaltante esperienza tuttavia, non è priva di pericoli: può accadere di non poter più ritornare, di dover restare in un'altra dimensione per sempre…

Altri libri di Carlos Castaneda



Andrea Pistoia
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Recensione: Il potere del silenzio, di Carlos Castaneda

Recensione: Il potere del silenzio, di Carlos Castaneda

Recensione: Il potere del silenzio, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Il potere del silenzio di Carlos Castaneda (BUR). Episodi di vita di Don Juan e Carlos, ridicoli, spaventosi, magici e drammatici. Un libro che non può essere compreso senza aver prima approfondito i precedenti.

Questo romanzo incomincia con un ripasso delle nozioni apprese nelle precedenti opere. Ciò è utile per comprendere i concetti presenti più avanti.
Poi ci si tuffa nella storia vera e propria, che segue sostanzialmente due livelli temporali diversi (in cui l’autore non è il protagonista ma per lo più una comparsa). Quindi è come se si stessero leggendo due libri distinti ma sapientemente amalgamati per offrire una certa omogeneità al tutto.


Il “primo libro” è incentrato su Don Juan che conduce Carlos in alcuni luoghi magici del Messico per fornirgli lunghe e complesse spiegazioni sui concetti chiave dello sciamanesimo.

Qui il maestro continua a trascinare l’allievo in stati alterati di coscienza per fornirgli degli insegnamenti utili al suo apprendistato. Ed è così che veniamo a conoscenza di nuovi concetti: “noccioli astrali”, “intento”, “spirito”, “anelli di collegamento” e “i quattro modi dell’agguato”. Ma c’è anche spazio per parlare del “corpo sognante”, ovvero la capacità di essere in due posti contemporaneamente, e delle esperienze passate di Carlos (incomprensibili a quest’ultimo fino a che il suo mentore non gli fornisce una spiegazione “sciamanica”).

Il “secondo libro” invece verte sul passato di Don Juan, da quando era scampato alla morte grazie a colui che sarebbe diventato il suo maestro, il nagual Julian, fino al suo apprendistato con quest’ultimo.

Lo fa narrando certi episodi, considerati da lui in un primo momento assurdi e incomprensibili ma col senno di poi (e soprattutto con le conoscenze sciamaniche acquisite) sensate se non addirittura necessarie. Infatti, Don Juan dimostra al suo allievo come ogni singola “follia” di Julian sia stata studiata a tavolino fin nei minimi particolari per indurlo in un certo stato d’animo o di coscienza e come un maestro sia disposto a tutto pur di rendere il suo allievo a sua volta un nagual.


Che dire di questo libro?

Innanzitutto che si alternano lunghe spiegazioni su concetti fondamentali per l’apprendistato di Carlos (su tutti i “noccioli astratti”, “l’intento” e “l’agguato”) a episodi di vita vissuta sia dall’autore che dal suo maestro. Peccato che, secondo me, proprio queste spiegazioni siano il punto debole del libro: non tanto perché si dilunghino in modo eccessivo quanto per la complessità dei concetti in essi contenuti. Come negli ultimi libri da me letti dell’autore, sono infatti troppo lontani dalla mia comprensione di “occidentale medio”. Di conseguenza sfugge non solo la loro essenza ma anche tutto ciò che si sviluppa da essa. Ergo, mancando la base, tutto il resto è un enorme ammasso d’informazioni lacunose che fanno perdere più e più volte il filo del discorso.


Seppur l’autore riassuma continuamente certe spiegazioni (sviluppate in modo esaustivo nei precedenti libri) c’è sempre quella sensazione di avere a che fare con nozioni troppo fuori dai consueti canoni per comprenderle appieno.

Per chiarire ciò a cui mi sto riferendo, quando si entra in concetti quali “il riflesso di sé”, “l’agguato” o “l’impeccabilità”, tutto diventa più difficile se non addirittura incomprensibile.
Anche se, di contro, queste spiegazioni vengono intervallate da (pochi) episodi d’azione decisamente d’effetto e spiazzanti. Basta citare quando Don Juan “impazzisce” per insegnare a Carlos la “lezione di spietatezza” o il finale, dove il maestro mostra come si può trascendere qualsiasi legge fisica una volta che si è divenuti sciamani.
Ovviamente nel romanzo fanno la loro comparsa altri sciamani, alcuni decisamente particolari e affascinanti (primo fra tutti, “lo sfidante della morte”, ovvero colui che può vivere in eterno).
Non mancano neppure concetti poetici, quali il “balzo del pensiero nell’inconcepibile” o cos’accade quando muore uno sciamano.

Dulcis in fundo, una domanda è d’uopo: “Mi è piaciuto?”

Ammetto che le troppe spiegazioni, a me incomprensibili, mi hanno fatto calare più volte l’interesse. Di contro, gli episodi di vita vissuta da Don Juan e Carlos, tra il ridicolo e lo spaventoso, tra il magico e il drammatico, mi hanno incuriosito e, a volte, appassionato. Senza contare che le spiegazioni “magiche” di certi comportamenti dei maestri sono un valore aggiunto all’opera.
Eppure tutto ciò non è stato sufficiente a farmi apprezzare appieno questo libro.
Specialmente perché mi aspettavo di leggerne uno incentrato ancora una volta su Carlos e il suo apprendistato, non certo su quello del suo maestro (chiariamo: comprendo la necessità di questa decisione narrativa. Semplicemente mi divertiva di più l’idea di Carlos sottoposto incessantemente alle “torture magiche” di Don Juan).
Infine, vi avverto, è un libro che non può essere sicuramente compreso senza aver prima approfondito i precedenti, né tantomeno letto con superficialità, in quanto la distrazione su un singolo concetto condurrebbe di conseguenza a non capire tutto ciò che ne segue.

Il potere del silenzio

di Carlos Castaneda
BUR
Saggio
ISBN 8817258911
Cartaceo 9,50 €
Ebook 6,99€

Sinossi 

È sempre don Juan il protagonista dei libri di Castaneda, studioso di etnologia dedicatosi in particolare alle antiche tradizioni esoteriche degli indios del Messico centrale. Nel paesaggio allucinato e selvaggio di un Messico immutabile si placa il rumore della vita quotidiana e si afferma il silenzio interiore. Diviene così possibile attingere ad arcane energie, forze recondite dello spirito che la razionalità del moderno mondo occidentale ha soffocato. Solo il nagual, lo sciamano (nelle vesti di don Juan) è in grado di controllare questi misteriosi poteri e di compiere incredibili esperienze, condividendole con colui che ha scelto come apprendista, cioè lo stesso Castaneda.

Andrea Pistoia
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Recensione: Il fuoco dal profondo, di Carlos Castaneda

Recensione: Il fuoco dal profondo, di Carlos Castaneda

Recensione: Il fuoco dal profondo, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Il fuoco dal profondo di Carlos Castaneda (BUR). Si torna a parlare di sciamanesimo, in un romanzo ricco di dialoghi e povero d'azione.

Questo libro si apre con una ricapitolazione di alcune esperienze passate dello scrittore con il suo maestro Don Juan per poi proseguire con una lunga chiacchierata dove quest’ultimo espone al suo allievo molti interessanti insegnamenti che porteranno Carlos Castaneda a diventare uno stregone.
Veniamo così a conoscenza di vecchi e nuovi concetti: la consapevolezza interna (ovvero prestare attenzione a ciò che si sta facendo), i veggenti (uomini capaci di azioni incredibili), l’importanza personale (la parte del nostro ego e amor proprio sensibile all’opinione altrui), l’impeccabilità di un guerriero (sia nella vita di tutti i giorni che nella propria interiorità) e il “meschino tiranno” (un essere umano che rende la nostra vita un inferno).

Il “meschino tiranno”: Don Juan approfondisce proprio quest’ultimo concetto raccontando un periodo doloroso e tragico della sua vita.

Da quando il suo meschino tiranno lo ha quasi ucciso con uno sparo al petto fino all’astuta vendetta dell’aggredito.
Si torna quindi a parlare di sciamanesimo: il differente approccio nell’affrontare il mondo e il potere tra nuovi e vecchi veggenti, il motivo per cui esistiamo, l’energia che si sprigiona durante il sesso, cos’è questa entità “divina” chiamata Aquila e cosa producono le sue emanazioni.
In pratica, le prime cento pagine vertono tutte su una lunga ma interessante conversazione tra allievo e maestro.
Nelle pagine successive invece si passa all’azione, ovvero l’incontro tra Carlos e gli esseri inorganici (entità spirituali che possono aiutare o ostacolare lo sciamano, allievo o maestro che sia), alcuni episodi del passato di Don Juan, tra cui il suo apprendistato a opera del suo astuto maestro Don Juliàn, e il “corpo di sogno” di Genaro (un altro sciamano).
Il fuoco dal profondo infine si chiude con i botti. Infatti va a riproporre un episodio letto in uno dei precedenti romanzi ma interpretandolo attraverso le nuove nozioni acquisite da Carlos Castaneda. Ciò ci porta a scoprire come le spiegazioni date allora da Don Juan fossero false (ma non poteva fare in altro modo dato che l’allievo non avrebbe mai compreso a quel tempo ciò che realmente stava accadendo).

Che dire di Il fuoco dal profondo di Carlos Castaneda ?

Rispetto ai precedenti, verte per lo più su dialoghi serrati a discapito dell’azione. Chiariamo: non che i dialoghi non ci fossero anche negli altri romanzi, ma in questo abbondano. Di contro, alcuni li ho trovati troppo lunghi e fuori dalle nostre logiche di pensiero occidentale per essere apprezzati in toto da un lettore “occasionale”. Ciò appesantisce la lettura.
Tra l’altro, bisogna aver letto tutti i precedenti libri per comprendere appieno certe spiegazioni. Senza contare che fornendone in abbondanza e di complesse, è facile perdere il filo del discorso e la comprensione del testo (anche se, ribadisco, restano conversazioni affascinanti e surreali che conquistano, specialmente quando si soffermano sul “punto d’unione”, ovvero ciò che ci permette di percepire un’altra realtà e le emanazioni dell’Aquila).

Rispetto agli altri romanzi di Carlos Castaneda l’ho trovato più prolisso e di difficile comprensione. 

Certo è che più si approfondisce l’apprendistato di Castaneda più si viene a contatto con concetti troppo distanti dalla nostra realtà occidentale per apprenderli nel modo corretto.
Di contro, mi ha coinvolto molto scoprire lo sconvolgente passato di Don Juan e la vera natura di certi episodi accaduti nei vecchi libri, e spiegati in modo finalmente chiaro e coerente.
Per quanto a livello “di azione” accada poco, ammetto che quelle poche vicende presenti mantengono vivo l’interesse del lettore e gli offrono nuovi spunti di riflessioni su che cosa sia la realtà e su quante cose siano ancora a noi oscure.
In più, al di là delle conversazioni tra i due uomini, molta importanza la si dà alle prove pratiche per spostare il “punto d’unione”, mutare forma, vedere entità eteree e risvegliare poteri latenti.
Ergo, è un libro molto interessante per i temi trattati e le rivelazioni fornite. Se non vi farete demoralizzare dalle lunghe spiegazioni di difficile comprensione la troverete una piacevole e illuminante lettura.

Il fuoco dal profondo

di Carlos Castaneda
BUR
Narrativa
ISBN 978-8817127509
Cartaceo 9,50 €
Ebook 6,99€

Sinossi 

Il libro vede ancora protagonisti Don Juan e Genaro con il loro apprendista, lo scrittore peruviano Carlos Castaneda. Tra Juan e Carlos si crea un sodalizio, un'amicizia, uno straordinario rapporto maestro-discepolo.
Gli iniziatori non insegnano a Carlos stregoneria o incantesimi, ma le tre parti di un'antichissima conoscenza: la consapevolezza dell'essere, l'agguato e l'intento. Non sono stregoni ma veggenti, e Juan è anche nagual, cioè sciamano, ed è soprattutto "guerriero della libertà totale" proprio perché padrone della percezione, dell'agguato e dell'intento.


Andrea Pistoia
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Recensione: Il dono dell'aquila, di Carlos Castaneda

Recensione: Il dono dell'aquila, di Carlos Castaneda

Recensione: Il dono dell'aquila, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Il dono dell'aquila di Carlos Castaneda (BUR). La cultura sciamanica messicana e gli stati alterati di coscienza, in un romanzo che a volte risulta ridondante.

Eccomi qui a parlare dell’ennesimo libro di Castaneda e dell’evoluzione del protagonista da “comune mortale” a sciamano.
Partiamo dicendo che questo romanzo è suddiviso in tre parti distinte, anche se c’è un filo conduttore che li collega.
La storia incomincia con Carlos Castaneda che s’incontra con gli allievi e allieve (già visti negli scorsi libri) dei suoi maestri Don Juan e Don Genaro. Con loro ha svariate esperienze che abbracciano tutta la prima parte del libro. Tra rituali e condivisioni di esperienze mistiche, apprendiamo nuove pratiche sciamaniche, tra cui: le tre attenzioni in cui vive un uomo, lo scorgere le auree delle persone e il viaggiare nei sogni. Ma soprattutto scopriamo come i personaggi, nei momenti più disparati, si ricordano episodi cruciali perduti nella propria memoria (come se qualcuno avesse indotto i malcapitati a dimenticarli) del loro passato con i due maestri.


Nella seconda parte invece Carlos Castaneda si muove per il Messico in compagnia della Gorda, approfondendo con lei il “perdere la forma umana” e il sognare consapevolmente, da solo o in coppia.

Troppo lungo spiegare l’intero processo in una recensione ma, vi assicuro, è tutto veramente affascinante.
La terza parte, infine, è un enorme flashback in cui Carlos Castaneda ricorda gli incontri con Don Juan, il quale gli racconta del suo benefattore (ovvero maestro), delle Regole dell’Aquila, dei compagni ‘spirituali’ del protagonista e del suo incontro con Don Genaro.
In quest’ultima parte il racconto del maestro coinvolge il lettore in quanto quest’ultimo viene a conoscenza di alcuni retroscena (specialmente il come e il perché ha scelto Castaneda e gli altri allievi) e scopre come certi episodi letti nei precedenti libri abbiano una spiegazione completamente diversa da quella fornita in passato da Don Juan al protagonista (e di conseguenza al lettore).
Ma passiamo ora a valutare questo romanzo.
Come per gli altri libri dell’autore, ho trovato pro e contro.


Perché leggere  Il dono dell'aquila di Carlos Castaneda.

Naturalmente in primis il fatto che resta comunque un libro di Castaneda, quindi si sa già cosa aspettarsi, dallo stile ai colpi di scena, dalle esperienze mistiche alle spiegazioni al limite della nostra comprensione.
Il mistero intorno ai loro ricordi, che affiorano nelle situazioni più disparate, s’infittisce sempre più e mantiene vivo l’interesse del lettore per pagine e pagine, finché verso la fine si ha una spiegazione sciamanica chiarificatrice.
Non di meno, tutto ciò che riguarda il sogno e su come muoversi coscientemente al suo interno è quantomeno intrigante e affascinante. Gli esercizi che propone invogliano a sperimentare e a credere che, come tutti i libri dell’autore, ci sia un fondo di verità in ogni sua esperienza.
Rileggere i primi incontri di Castaneda ma questa volta analizzati dal punto di vista del suo maestro danno una prospettiva nuova all’intera esperienza dell’autore.


Cosa non mi ha convinto di Il dono dell'aquila di Carlos Castaneda. 

Come negli altri libri, spiazza e personalmente infastidisce notare come tutti questi “aspiranti sciamani” (ma anche i compagni-stregoni di Don Juan) siano folli e instabili, aggressivi ed esagerati, irritanti e dispettosi. Non ci si capacita di come persone “sulla via dell’illuminazione” possano essere protagonisti di continui litigi, lotte e colpi bassi, manco fossero dei bambini delle elementari!
Al tempo stesso, non comprendo come Carlos, pur essendo considerato il Nagual (quindi un maestro da seguire), venga perennemente criticato, insultato e minacciato da coloro che dovrebbero portargli invece il massimo rispetto. Durante il racconto si evince in più punti come lui si senta un pesce fuor d’acqua, sempre insicuro e alla mercé degli avvenimenti (al contrario della Gorda, la quale si dimostra più forte e decisa). Ciò rende il tutto incoerente e lascia perplessi.


Come nei libri precedenti c’è sempre qualche entità che attenta alla vita dell’allievo e ci sono i soliti allarmismi rivolti a Carlos sulla pericolosità, mortale, di certi rituali. 

Onestamente, il ripetere questa pantomima in ogni libro dopo un po’ sa troppo di “già visto” (anche se queste situazioni hanno una ragione d’essere ben precisa, svelata successivamente).
Ci sono veramente tanti, troppi, personaggi. Tra i compagni di Carlos e quelli di Don Juan, arriviamo a una ventina di comprimari che si susseguono e alternano. Addirittura, in un capitolo, quando fanno il punto sul ruolo di ognuno, bisogna stilare un elenco di tutti gli interpellati per capirci qualcosa! Non che sia fondamentale sapere chi fa cosa, ma diciamo che tutta questa processione di allievi e maestri manda in confusione il lettore.


Appaiono anche nuovi, misteriosi personaggi.

La Donna Nagual, Zuleica (la quale insegna a Carlos l’arte di sognare), Florinda (che insegna la tecnica dell’agguato) ma soprattutto Silvio Manuel, percepito come un nemico mortale per gli aspiranti stregoni. Qui c’è un nuovo paradosso, in quanto da una parte questo conduce gli amici-compagni spirituali di Castaneda a considerare quest’ultimo un nemico che attenta alla loro vita (dato che nei loro ricordi lui è pappa e ciccia con Silvio) ma dall’altra continuano a seguirlo. Ergo, questa ulteriore incoerenza di base nei loro comportamenti ha aumentato la mia perplessità (facendomi sorgere il dubbio che sia stato un grossolano errore di caratterizzazione dei personaggi e delle loro azioni. Questo fino alla fine, dove anche questa sotto-trama ha una spiegazione).

In definitiva, è un romanzo di Carlos Castaneda, quindi come tutti gli altri si riscontrano pregi e difetti che possono attirare o respingere il lettore. 

Certo è che, come i libri precedenti, c’è tanto da imparare della cultura sciamanica messicana e degli stati alterati di coscienza. L’autore mantiene vivo l’interesse del lettore con certi escamotage narrativi (in primis il motivo per cui si sono dimenticati episodi salienti e fondamentali della loro vita) anche se ammetto che certe spiegazioni sono state rese troppo prolisse, diventando a tratti noiose e allungando oltre il necessario il racconto.
Ciò non toglie però che, tirando le somme, la trama conquista per com’è stata imbastita e per ciò che di spirituale e mistico si percepisce dietro certi episodi e rituali.


Il dono dell'aquila di Carlos Castaneda

Il dono dell'aquila

di Carlos Castaneda
BUR
Saggio
ISBN 978-8817258906
Cartaceo 10,00€

Sinossi 

Carlos Castaneda, partito intorno alla metà degli anni sessanta alla volta del Messico per una tesi sulle proprietà delle piante psicotrope, si imbatte in Don Juan, sciamano e profondo conoscitore delle "piante che danno potere". Si ferma presso di lui e ne diventa apprendista. Dagli appunti che Castaneda stende in quegli anni, nasceranno i libri. Nel paesaggio allucinato delle aride e desolate plaghe di un Messico diverso, tra le antiche rovine delle civiltà autoctone più remote, l'apprendista raggiunge il livello più alto dei poteri magici: ottiene "il dono dell'aquila", la libertà, si scioglie da ogni forma di condizionamento e diviene nagual, energia cosmica pura.


Andrea Pistoia
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Recensione: Il secondo anello del potere, di Carlos Castaneda

Recensione: Il secondo anello del potere, di Carlos Castaneda

Recensione: Il secondo anello del potere, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Il secondo anello del potere di Carlos Castaneda (BUR). Il quinto libro di una saga sugli sciamani e la magia messicana.

Dato che mi ero ripromesso di leggere tutti i libri di Carlos Castaneda, dopo i quattro recensiti precedentemente in questo sito, eccomi giunto a Il secondo anello del potere.
Come sapete, Carlos Castaneda racconta nelle sue opere il percorso che ha affrontato per diventare uno stregone. In questo libro l’autore torna in Messico in quanto ha bisogno di capire se il colpo di scena che conclude il quarto libro, L’isola del Tonal, sia accaduto veramente o è stato unicamente frutto della sua immaginazione.


Vorrebbe domandarlo a Don Juan, il suo maestro sciamano, ma quest’ultimo è scomparso. Al suo posto trova le allieve di quest’ultimo e gli apprendisti di Don Genaro (altro potente stregone che abbiamo conosciuto nei precedenti romanzi).

Tutto il libro si dipana sugli incontri/scontri tra Carlos Castaneda e gli allievi dei due stregoni. 

Affronta in primis Dona Soledad, anche se più che un incontro tra stregoni saggi sembra un racconto horror “dei tempi andati” di Stephen King. Di conseguenza, le prime cinquanta pagine spiazzano subito per la direzione che prende la storia: ci si aspetterebbe infatti un romanzo con apprendisti equilibrati invece si è catapultati in uno scontro incomprensibile, ridicolo e surreale, in cui gli antagonisti sono delle persone emotivamente instabili che non sanno gestire le proprie pulsioni.
Ciò non migliora col proseguo della storia, infatti via via subentrano le altre allieve; qui tutto precipita nell'isterismo e in dinamiche relazionali fuori da ogni logica. Per intenderci, se possiamo accettare queste reazioni esagerate da un maestro che usa sistemi poco ortodossi per trasmettere grandi verità, risultano incomprensibili se compiute dalle allieve, le quali dimostrano solamente di essere delle pazze con enormi problemi psicologici ed emotivi.

Persino gli allievi di Don Genaro risultano infantili, irosi e violenti, tra litigi, volgarità senza filtri e insulti gratuiti.

(Vedi il «Lurida troia» rivolta ad un’allieva di Don Juan o «Duecentoventi natiche» per offendere l’obesità di un'altra).
Sono tutto fuorché senza macchia; lo dimostrano specialmente in certe loro azioni, quali il voler sottomettere le allieve di Don Juan o il tentare addirittura di violentarne una. Qui si raggiunge l’apice dell’incredulità, del disgusto e si vacilla nella lettura in quanto ci si aspetta che l’allievo di uno stregone, dopo anni di apprendistato e dopo aver raggiunto certi livelli di consapevolezza, abbia trasceso certi beceri istinti e pulsioni, invece si scopre come nessuno abbia ottenuto un suo equilibrio. Più che ad un incontro di uomini “sulla via dell’illuminazione” sembra una visita in un manicomio criminale!


Tantomeno Carlos Castaneda ne esce facendo la figura del giovane saggio: anche lui infatti reagisce in modi paradossali che lasciano perplessi e increduli.

(Per fare un esempio, come fa a dialogare amichevolmente, quasi con profondo rispetto, con una donna che fino a un attimo prima ha cercato di ucciderlo?)
In più, l’autore viene designato come il successore di Don Juan, eppure tutto è fuorché un guerriero senza macchia: negli scontri con gli altri allievi si dimostra insicuro, in balia degli eventi, sprovveduto e con scatti di estrema paura e rabbia ingiustificati per uno che dovrebbe essere uno stregone da rispettare. Al contrario i suoi avversari sembrano sapere sempre cosa fare e come farlo, con una sicurezza che Carlos Castaneda si sogna (e per questo viene ampiamente deriso dai presenti, anche pesantemente).

In Il secondo anello del potere, come nei libri precedenti, si parla di rituali e tecniche e ci si immerge in discorsi magico-filosofici.

(Per dirne alcuni, lo “stampo umano”, gli alleati e i “buchi nello stomaco”)
Ma così lontani dalla realtà occidentale da risultare a volte incomprensibili al lettore medio occidentale. Infatti, non avendo delle analogie con la vita di tutti i giorni, non si riesce a capire quanto possano essere solo fonte di fantasia sfrenata o di realismo romanzato.
Infine, altra particolarità che potrebbe infastidire, ma resta comunque un nonnulla rispetto a ciò che vi ho appena riportato, è la traduzione del testo. A volte sono stati usati dei termini insoliti: sinché, dacché, ammenoché, la sera avanti, pel (per dire: “per il”), mi fè segno, ecc. Non che non si capisca cosa si voglia comunicare con questo stile un po’ retrò della lingua italiana ma semplicemente spiazza trovare parole così inusuali.


Ok, ma alla fine c’è qualcosa che si salva? Se si va oltre tutti gli episodi difficili da digerire, qualcosa di buono lo si trova sicuramente.

Innanzitutto i primi incontri tra gli allievi e i loro maestri sono interessanti e offrono più spessore al background dell’intera epopea dell’apprendista stregone. Infatti ogni allievo racconta come ha incontrato il suo maestro (mostrandoci così un affresco di persone allo sbando, con un passato a volte doloroso, commovente e straziante) e come quest’ultimo l’ha indirizzato verso la strada della stregoneria messicana. Ciò è interessante in quanto offre nuovi particolari sul passato dei due maestri e un quadro più chiaro di alcuni episodi accaduti a Carlos che, grazie alle spiegazioni degli altri apprendisti stregoni, si arricchiscono di nuovi significati.
Forse proprio questo è la forza del quinto libro della saga: narrare come persone fuori controllo siano state salvate da questi maestri spirituali e guidate verso un equilibrio interiore (anche se, c’è da ammetterlo, nel libro si evince dagli scatti di ira e dalle crisi degli allievi come la strada verso la pace dello spirito è ancora lunga).
In più, si parla di tecniche sciamaniche che nei precedenti libri non sono stati riportati, quali il rubare il potere di un’altra persona (anche se per farlo si è disposti a uccidere Carlos pur di acquisirne il potere. Peccato che poi, una volta che non si è riusciti nell'intento, tutti amici come prima. Mah…) e si approfondiscono certe tematiche accennate in passato, ovvero l’arte di sognare, l’aura (anche se ne parlano in altri termini) e si vanno ad analizzare vecchi comportamenti adottati da Don Juan verso l’autore in un’ottica più chiara, grazie al ‘sapere’ acquisito in questo libro, mostrando come certi atteggiamenti del maestro avevano un senso di essere attuati.


Personalmente ho trovato molto interessante (e comprensibile) l’ultima parte del libro, dove si spiega in modo pratico e chiaro come “contemplare” (in pratica meditare), con tanto di esempi pratici da sperimentare a nostra volta. 

Ho trovato sempre molto poetico il ‘Fermare il mondo’, ovvero andare in un altro stato di coscienza per immergersi nel Tonal. E infine ho apprezzato ampiamente le ultime pagine del romanzo, dove finalmente sono un gruppo di persone sagge unite per uno scopo superiore: condividere i propri segreti con l’autore per chiarirne le perplessità.
Ma alla fine dove sono andati Don Juan e Don Genaro? Ce lo svelano gli allievi alla fine, in una rivelazione magica che chiude in bellezza il libro.

Come al solito, domanda di rito: consiglierei Il secondo anello del potere di Carlos Castaneda?

Ammetto che tante parti non mi sono piaciute: specialmente gli scontri verbali e fisici con tracce di horror e di volgarità gratuita. Le ho trovate troppo paradossali addosso a degli apprendisti stregoni evoluti. Senza contare che i comportamenti degli allievi sono stati per lo più irritanti, odiosi e deplorevoli.
Di conseguenza, l’opera non è pienamente digeribile. Capisco l’obiettivo dell’autore di mostrare le mille (oscure) sfaccettature di un apprendista ma avrei evitato di riportare certi episodi; forse la lettura non solo non ne avrebbe risentito ma ne avrebbe addirittura giovato.
Certo è che resta sempre un libro di Castaneda; di conseguenza gli aspetti più spirituali, magici e poetici sono presenti anche qui (anche se per lo più condensati alla fine).
Ovviamente non si può leggerlo se prima non si conoscono i libri precedenti: sono in una continuity serrata che non ammette ignoranza (anche solo per gli episodi in cui ripercorre il passato di Carlos, le pratiche sciamaniche e i concetti sviscerati nei libri precedenti).
Di conseguenza, consiglio di leggere prima gli altri libri e poi quest’ultimo. E se riuscirete a sopportare gli allievi odiosi e i comportamenti illogici dei protagonisti, rimarranno delle dissertazioni filosofiche e dei concetti affascinanti che spronano ad andare oltre i propri limiti, spirituali e mentali.


Il secondo anello del potere

di Carlos Castaneda
BUR
Saggio
ISBN 978-8817059503
Cartaceo 8,50€

Sinossi 

Dopo aver appreso le arti magiche che introducono nel labirinto del "mondo del potere e della conoscenza" Castaneda sperimenta le facoltà acquisite in uno straordinario viaggio nell'universo della stregoneria applicata. E'la prova del fuoco che anche lui è uno stregone e un guerriero, quindi è in grado di affrontare e vincere fenomeni extranormali e terrificanti. Figura centrale del libro è un formidabile personaggio: dona Soledad, magica e terribile antagonista di Castaneda e, nello stesso tempo, espressione di quanto vi è di più profondo e misterioso nel concetto di femminilità.

Andrea-Pistoia

Andrea Pistoia
Nasco in una solare giornata di luglio a Vigevano. A dodici anni scoppia l’amore per la letteratura. Affronto la scuola come un condannato a morte. In compenso la mia cultura extra-scolastica cresce esponenzialmente. Dopo due anni vissuti a Londra, torno in Italia come blogger, giornalista, recensore di fumetti e sceneggiatore di un fumetto online per una nota casa editrice. Chitarrista dei ‘Panama Road’, direttore editoriale di una fanzine online.
Ancora e mai più (nelle mutande), Youcanprint.
Di donne, di amori e di altre catastrofi, Youcanprint.
Da zero a 69, PubMe - Collana Gli Scrittori della Porta Accanto.
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Recensione: L'isola del Tonal, di Carlos Castaneda

Recensione: L'isola del Tonal, di Carlos Castaneda

Recensione: L'isola del Tonal, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. L'isola del Tonal di Carlos Castaneda (BUR). Un libro che risulta per certi versi illuminante e coinvolgente, specialmente nelle scene d’azione, mentre per altri un po’ troppo lento.

Dopo la trilogia sull’apprendistato di Carlos Castaneda, non potevo esimermi dal leggere questo quarto libro.
Ma prima di entrare nel vivo della recensione, una premessa: la trilogia si conclude con i botti e un finale che parrebbe chiudere degnamente tutta la saga (resto sul vago per non spoilerare). Ergo, pensavo che questo quarto libro fosse un approfondimento delle tematiche accennate nella trilogia. In realtà è il seguito cronologico, ovvero parte da dove termina il terzo, abbracciando quindi gli anni successivi al 1971. Si scopre così che il suo apprendistato con don Juan e don Genaro non è ancora concluso e che lo aspettano altre avventure magiche e mistiche.


L'isola del Tonal di Carlos Castaneda è un romanzo di quasi quattrocento pagine suddiviso in svariati capitoli, anche se grossomodo la prima parte è incentrata sul Sognare mentre la seconda sul Tonal e sul Nagual.

Tonal e Nagual, tuttavia, non possono essere spiegati in poche righe in una recensione, quindi bypasso la cosa.
Abbandonate quindi le droghe psicotrope del primo libro (ovvero il peyote e la mescalina), allievo e maestro si concentrano su altri modi per entrare in uno stato alterato di coscienza e per interrompere il dialogo interiore, in modo tale da percepire la realtà a più largo spettro.
L'isola del Tonal alterna lunghi dialoghi chiarificatori a episodi di azione pura in modo da dimostrare come la realtà sia ben al di là di come la vediamo solitamente.


A questo punto, però, veniamo ai pro e contro dell’Isola del Tonal di Carlos Castaneda.


Pro:
  • È Carlos Castaneda, quindi chi ha letto i precedenti libri troverà la famigliarità del suo stile narrativo atto a riportare su carta esperienze e nozioni illuminanti.
  • Il piacere di trovare concetti spirituali orientali re-interpretati dalla cultura messicana. Per intenderci, la kundalini loro la chiamano “La breccia” e l’aura intorno alle persone viene definita come “Essere luminoso”.
  • Alcuni concetti sono affascinanti, ovvero il significato di essere un guerriero senza macchia e l’arte di Sognare.
  • Il fatto che certi episodi riportati nella trilogia vengano chiariti in questo libro. Tante prove che Carlos Castaneda ha affrontato in passato, e motivate in modo a volte superficiale e sbrigativo, qui hanno una spiegazione esaustiva, mostrando così come certe verità non potevano essere fornite senza un adeguato bagaglio di sapere (per intenderci, è come quando si dà ad un bambino una spiegazione fantasiosa perché non ha ancora le nozioni e la capacità per comprendere le leggi che governano il mondo). Ne sono esempi lampanti certe prove o rituali, quale l’usare droghe psicotrope per raggiungere stati alterati di coscienza o le sfide contro la strega Catalina. Stesso discorso vale per certi concetti (ad esempio il “Vedere”) che adesso vengono approfonditi chiarendo dubbi e perplessità dell’autore e del lettore. Tutto ciò fa ottenere ulteriori punti all’opera.
  • Il finale aperto e poetico è con i botti; spiazza e incanta il lettore, lasciandolo col quesito: “E adesso cosa accadrà?”. Infatti, dato che non è chiaro se l’episodio sia una metafora o la realtà, si è inevitabilmente invogliati a leggere il romanzo successivo per scoprirlo (ovvero Il secondo anello del potere).


Contro:
  • L'isola del Tonal consta di circa quattrocento pagine. Personalmente le ho trovate eccessive, dato che in certi punti si dilunga in spiegazioni che lasciano il tempo che trovano. Lo dimostra il fatto che, ripensando a certi capitoli (in special modo quando spiega il Tonal e il Nagual o il “doppio” di ogni stregone), ho il vuoto totale.
  • Tonal e Nagual: quasi tutto il libro è incentrato su questi concetti. Il problema è che sono concetti così lontani dalla nostra realtà (anche per chi da tempi immemori ha dimestichezza con certi concetti filosofici) che fanno fatica ad essere compresi e accettati. Senza contare che l’autore vi si dilunga per pagine e pagine intere, risultando nel complesso un po’ noioso e monotono.
  • Si torna ancora una volta a parlare di morte durante le pratiche magiche. Come nei precedenti libri, i maestri di Carlos Castaneda tirano in ballo ad ogni prova il rischio di decesso nel caso l’autore non esegua alla lettera certe indicazioni e rituali. Di conseguenza, anche qui il lettore resta perplesso: sarà veramente pericoloso o è solo un astuto escamotage per indurre Carlos Castaneda a comportarsi in maniera impeccabile? Tra l’altro, durante la lettura si scopre come alcune raccomandazioni fornite all’allievo nei precedenti libri non erano atte a evitare all’apprendista una morte prematura ma erano solo un modo per metterlo alla prova e sfruttare la sua paura per superare le difficoltà. Al che viene spontaneo chiedersi se anche in questo libro valga lo stesso “approccio educativo”.
  • Ho trovato fastidioso quel continuo prendersi beffa di Carlos Castaneda da parte dei suoi maestri. Non solo, ma questi ultimi spesso ridono, scherzano e fanno cose da pazzi. Specialmente don Genaro risulta irritante nel suo vestire costantemente i panni del buffone (anche se un attimo dopo passa in “modalità saggio”, spiazzando autore e lettore). Diciamo che chi si aspetta dei maestri in versione monaco zen pacato e saggio resterà deluso dalla cosa. Di contro c’è che ad ogni comportamento inusuale ne scaturisce una spiegazione plausibile (offerta da Don Juan) che chiarisce il tutto.
  • Sembra una sciocchezza ma, per quanto mi riguarda, il fatto che si diano tutti del lei (al contrario dei precedenti libri in cui si davano del tu) mi ha lasciato molto perplesso. Non so per quale ragione sia stata fatta questa scelta stilistica ma preferivo di gran lunga quella confidenziale e amichevole dei precedenti romanzi.

In definitiva, L'isola del Tonal di Carlos Castaneda è un libro che risulta per certi versi illuminante e coinvolgente, specialmente nelle scene d’azione, mentre per altri un po’ troppo lento per i miei gusti. 

Come ogni libro di Carlos Castaneda, il lettore attento troverà in modo molto approfondito verità e concetti affascinanti ma in chiave stregoneria messicana; ciò risulta un valore aggiunto a tutta la lettura. Sfortunatamente, essendo concetti fuori dalla nostra prospettiva abituale della realtà, a volte sono di difficile comprensione. Non di meno, il fatto che vengano così sviscerati da ogni angolazione, invece di aiutare nella comprensione diventano dispersivi e impegnativi da assimilare.
Di contro, il finale e certe parti del libro valgono l’intera lettura.
Vi chiederete: "Quindi ce lo consigli o no?"
Lo consiglio a tutti coloro che hanno già letto la trilogia, che vogliono scoprire i retroscena di quei libri e approfondire certi concetti fuori dall’ordinario. Se poi si soprassiede a certe spiegazioni prolisse, risulta comunque scorrevole, specialmente nei momenti in cui si passa all’azione.
Lo sconsiglio a chi invece è al suo primo libro di Carlos Castaneda: c’è una continuità serrata da seguire e L’isola del Tonal diventa incomprensibile se non si ha il background dei precedenti. Ergo, partite da A scuola dallo stregone (primo della saga, nonché il più famoso).


L'isola del Tonal

di Carlos Castaneda
BUR

ISBN 978-8817127516
Cartaceo 9,35€
Ebook 7,99€

Sinossi 
Un docente universitario di etnologia decide di apprendere le arti esercitate dagli stregoni ma, per ben dieci anni, ha l'impressione di essere preso in giro da loro. Solo alla fine scoprirà che questo "imbroglio" è in realtà una tecnica di insegnamento, un modo diverso per avviarlo alla conoscenza. Questo libro narra la fase conclusiva dell'imbroglio e forma la sintesi dell'apprendistato.

Andrea Pistoia
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Recensione: Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan, di Carlos Castaneda

Recensione: Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan, di Carlos Castaneda

Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan, di Carlos Castaneda, BUR, 2012. Un racconto illuminante, il capitolo finale della trilogia dedicata agli insegnamenti di don Juan Matas, l'indio yaqui che ha svelato a Castaneda i misteri della sua antica cultura.

Quando il mio bisogno di misticismo prende il sopravvento, eccomi sprofondare in un nuovo libro di Carlos Castaneda e del suo maestro don Juan. Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan chiude la trilogia dell’autore che da ‘apprendista stregone’ pone le basi per essere uno sciamano.
Ma di che cosa tratta questo terzo libro?
È per certi versi un reboot, ovvero riviviamo il primo incontro di Castaneda col suo maestro, per poi seguire gli insegnamenti di quest’ultimo sul modo giusto per cacciare gli animali e trovare le piante magiche fino a giungere agli scontri con la strega Catalina e alle chiacchierate con don Genaro, un altro sciamano. Tutto questo all’insegna di una maggiore comprensione dell’universo, delle leggi ‘sottili’ che lo governano e di come controllarle.


Per chi ha già letto gli altri due, salta subito all’occhio come per l’appunto questo libro non sia il seguito della vita dell’autore narrata nei precedenti volumi ma un approfondimento.

Infatti, il primo romanzo abbraccia gli anni dal 1961 al 1964, il secondo dal 1968 al 1970 mentre il terzo dal 1960 al 1971. Ergo, se non si conosce questo antefatto, all’inizio della lettura si resta spiazzati e confusi in quanto non si riesce a collocare cronologicamente gli episodi narrati. Ma, superata questa prima incertezza temporale, la lettura si fa più spedita e chiara.
Si parte subito, per poi proseguire, con i botti: fin dalle prime pagine si entra in concetti profondi e spiazzanti, difficili da concepire per una mente occidentale razionale. Si parla di cancellare la propria storia personale, di come diventare un guerriero, inteso come un uomo di sapere, della differenza tra guardare e vedere e tra fare e non fare, del potere intrinseco nel mondo, del compito degli spiriti, di come avere il controllo dei propri sogni e del vedere le energie sottili (o aura, per coloro che masticano le medicine orientali). Concetti ammetto difficili da comprendere per chi non è mai venuto a contatto con certe discipline, ma accessibili a chi ha conoscenze di pranoterapia, filosofia orientale e scienze esoteriche, anche se spiegate in modo e con termini differenti.
Altri concetti invece, anche per chi è avvezzo a certe pratiche fuori dall’ordinario, lasciano un po’ perplessi (come il fatto che anche il vento ha una sua volontà e potere o certi rituali strampalati e al limite del buon senso) in quanto non si capisce se quelle azioni abbiano una ragione d’essere o siano solo un escamotage di don Juan per aprire la mente al suo discepolo (ad esempio, possibile che sia veramente mortale per Carlos allontanarsi da un luogo o voltare le spalle ad una, presunta, strega? In tal caso, possiamo accettare come veritiera una superstizione? Mah…).


In tutto questo, Castaneda ascolta il punto di vista e le spiegazioni del maestro, mettendole in discussione, ponendovi delle domande inevitabili e cercando delle soluzioni logiche (anche se certi fatti misteriosi non possono in alcun modo essere compresi con un approccio razionale ed occidentale). Senza contare che don Genaro, al pari del suo amico sciamano, stupisce per i suoi comportamenti fuori da ogni logica, al punto che ci si domanda seriamente se lui sia un uomo che ‘vede oltre’ o solo un pazzo (anche se, proseguendo con la lettura, si scopre come tutte le sue azioni abbiano una spiegazione plausibile).

Don Juan non si limita solo a imbastire rituali strambi ma, col suo fare sempre ambiguo ed enigmatico, spiattella in faccia al suo allievo quanto quest’ultimo sia pieno di conflitti e di debolezze che non gli permettono di diventare un vero sciamano

A tratti affettuoso e a tratti diretto ed implacabile, gli mostra quanto sia fragile nella sua arroganza ma anche curioso e pronto a rischiare. Non di meno, lo sprona a superare i propri limiti, anche ponendolo in situazioni scomode o pericolose (ad esempio, lasciandolo in balia delle entità in piena notte, tra le colline, senza possibilità di trovare una via di fuga o una direzione per tornare alla civiltà). 
Tutto questo è solo un’immensa prova per spingere Carlos a diventare un guerriero e, indirettamente, ad insegnare a noi come affrontare certi ostacoli della vita. Eccetto alcune parti, le quali lasciano il tempo che trovano (quasi tutto il capitolo su come cacciare gli animali e cucinarli), nel libro si trovano vere e proprie perle di saggezza (ad esempio quando ci rispecchiamo nell’autore e nelle sue debolezze, ammettendo in fondo come la nostra vita e le nostre abitudini non siano così funzionali e prioritarie come c’illudiamo che siano e come l’uomo moderno stia buttando via il suo tempo in attività futili e in pensieri superflui).
Senza contare alcuni interi capitoli degni di nota, che meritano più di una rilettura, come quello sull’ultima azione del guerriero, il quale prima di passare a miglior vita offre alla morte la sua danza, maestosa ed incantatrice.
Nota di merito va all’ultimo capitolo, il quale vale da solo i soldi spesi per l’intero libro (giuro!), con un finale col botto: 

[SPOILER!]
Castaneda prima parla con uno spirito guida, il quale gli spiega il motivo razionale e logico di tutti gli atteggiamenti strambi e misteriosi che i suoi maestri hanno rivolto all’allievo, e poi ‘ferma il mondo’, ovvero lo vede com’è in realtà, percorso da migliaia di filamenti d’energia uniti da un legame che accomuna tutti gli esseri della terra, lui compreso. Vede tutto questo e capisce il discorso di don Genaro sul fatto che quest’ultimo sia ancora in ‘viaggio verso Ixtan’.
[FINE SPOILER].

Quindi, che giudizio darei a questo libro?

Il finale è epico e commovente. Certo non è un libro di facile lettura e chi si appresta a leggerlo dovrà essere sintonizzato su una certa prospettiva più mistica e sopra le righe del mondo per apprezzarlo appieno.
Poi, se soprassediamo ad alcune parti che lasciano perplessi per la loro reale gravità (vedi tutti i discorsi di don Juan sul se non fai la tal cosa ti ucciderà) troviamo un libro appassionante, illuminante e riflessivo. Il maestro che mostra all’allievo le zone d’ombra e le debolezze di quest’ultimo è un valore aggiunto e dà profondità e spessore all’opera.
A livello narrativo, il libro scorre come i suoi predecessori, quindi è sempre un piacere ritornare al ‘caro vecchio stile-Castaneda’.
L’unica cosa che mi ha lasciato perplesso, lo ammetto, è stato questo scrivere nel terzo libro fatti che sono accaduti a cavallo degli altri due. È come se un autore realizzasse una trilogia sulla propria vita ma nel primo romanzo spiegasse, ad esempio, la sua vita lavorativa, nel secondo quella affettiva e nel terzo quella mistica, penalizzando il lettore che a causa di questa ‘scissione’ non riesca a comprendere pienamente quanto un elemento abbia potuto influire sugli altri. Sarebbe stato interessante, e più logico e diretto, avere una continuità tra i tre, portando avanti la narrazione di tutte le esperienze in una loro corretta cronologia.

Chiariamo: i libri della trilogia di Carlos Castaneda restano comunque comprensibili e non vanno ad intaccare più di tanto lo spessore narrativo e la qualità delle esperienze che ha vissuto. 

C’è però da dire di contro che certi episodi posti nel giusto contesto cronologico avrebbero, secondo me, avuto un impatto maggiore per il lettore. Anche perché, con che criterio certi episodi di una certa importanza, se non fondamentali per l’apprendistato di Carlos, non vengono menzionati nel primo libro e solo nell’ultimo?
Capisco il voler enfatizzare certe esperienze per dare una continuità a quegli elementi su cui ha focalizzato un libro (l’incontro con le piante magiche nel primo romanzo) ma, cavoli, alcune cose accadute nel terzo romanzo sono spettacolari e sconvolgenti!
Morale della favola: il terzo libro si riconferma accattivante e ricco di spunti riflessivi quanto i primi due e meritevole di essere letto sia come degno finale della trilogia sia come libro da leggere a sé stante (anche se, ovviamente, leggere tutta la trilogia sarebbe la cosa più consigliata).
C’è sempre da imparare da Castaneda e don Juan.


Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan

di Carlos Castaneda
BUR
Saggio
ISBN 978-8817054652
Cartaceo 8,50€
Ebook 6,49€

Sinossi
Viaggio a Ixtlan è il capitolo finale della trilogia dedicata agli insegnamenti di don Juan Matas, l'indio yaqui che ha svelato a Castaneda i misteri della sua antica cultura. Un racconto illuminante, che ci permette di ripercorrere l'ultimo apprendistato dell'autore: il viaggio destinato a portarlo - attraverso lezioni, esercizi corporali e spirituali, prove, visioni - a percepire finalmente l'universo quale è, senza il filtro delle convenzioni. È giunto il momento di accostare, e fare proprio, un concetto fondamentale, che sta alla base del cammino verso una comprensione profonda dell'esistenza: la differenza tra il "guardare" quotidiano e il "vedere" del saggio. E, attraverso questo nuovo sguardo, padroneggiare la facoltà di "fermare il mondo", per interrompere il flusso di immagini nel quale scomponiamo il reale e giungere a un istante di totale lucidità.
Andrea-Pistoia

Andrea Pistoia
Nasco in una solare giornata di luglio a Vigevano. A dodici anni scoppia l’amore per la letteratura. Affronto la scuola come un condannato a morte. In compenso la mia cultura extra-scolastica cresce esponenzialmente. Dopo due anni vissuti a Londra, torno in Italia come blogger, giornalista, recensore di fumetti e sceneggiatore di un fumetto online per una nota casa editrice. Chitarrista dei ‘Panama Road’, direttore editoriale di una fanzine online.
Ancora e mai più (nelle mutande), Youcanprint.
Di donne, di amori e di altre catastrofi, Youcanprint.
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Recensione: Una Realtà Separata, di Carlos Castaneda

Recensione: Una Realtà Separata, di Carlos Castaneda

Recensione: Una Realtà Separata, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Una Realtà Separata di Carlos Castaneda (BUR). Liberare la mente per scoprire se stessi.

Per quanto il primo libro di Castaneda Gli insegnamenti di Don Juan non sia stato tra quelli che metterei nella mia rosa dei preferiti, ho voluto comunque dare una seconda chance a questo autore leggendone il seguito: Una realtà separata.


Ritroviamo Carlos Castaneda, sempre in veste di aspirante sciamano, il suo maestro Don Juan e il sempre presente Pejote, la droga che conduce l’apprendista a vedere oltre l’ordinario.
La narrazione segue l’iter del primo libro, con l’autore che racconta (col suo solito stile da accademico preciso e curioso) le sue esperienze sotto forma di diario.
Rispetto al precedente romanzo, qui si dà molta importanza al ‘vedere’, che è la capacità di osservare ogni cosa com’è realmente e non come ci appare, andando oltre la materialità (per chi è avvezzo di pranoterapia, il ‘vedere’ è in fondo lo scorgere le energie sottili che permeano ogni cosa).
Ma c’è anche spazio per discorsi filosofici (che ricordano tanto il concetto Zen di ‘illuminazione’) e soprattutto su cosa significa essere un vero guerriero.

Nelle trecento e più pagine che compongono Una Realtà Separata, Carlos Castaneda cerca con la sua logica da persona iper-razionale di capire cosa gli accade intorno e dentro di sé (a volte investendo il suo maestro di domande tra l’ingenuo e l’irritante).

Non è certo di aiuto Don Juan, il quale spesso e volentieri non spiega al suo allievo il significato delle sue esperienze lasciandolo, e lasciandoci, insoddisfatto (pecca già riscontrata nel precedente libro).
In compenso questo romanzo contiene dei punti di forza che me l’hanno fatto apprezzare più del precedente. In primis, facciamo la conoscenza di un altro sciamano, Don Gennaro, il quale in un episodio alquanto adrenalinico spiega il legame tra tutte le cose (tradotto in termini ‘pranici’: come usare le energie sottili intorno a noi e la kundalini).
Altro punto di forza è l’umanizzazione di Don Juan, il quale in più occasioni racconta del suo passato tanto tragico quanto commovente. Così facendo lo sentiamo più uno di noi, ‘comuni mortali’. Senza contare gli incontri con gli amici e parenti di quest’ultimo, i quali, trattandolo come ormai un vecchio con qualche rotella fuori posto, lo spogliano del suo ruolo di grande stregone. Ciò fa decisamente sorridere.
Non di meno, scopriamo anche episodi del passato di Carlos Castaneda e di conseguenza le mille sfaccettature della sua personalità.

E tra una chiacchiera ed un episodio del passato, non possono mancare vicende fuori dall’ordinario, quali l’incontro, sempre sotto Pejote, con ‘il Guardiano’ e con ‘l’acqua’. 

Se da una parte, però, mettono un po’ d’avventura e d’imprevisto alla storia, dall’altra lasciano perplessi: quanto queste entità sono vere e quanto frutto della droga? Il dubbio resta (anche se l’idea che possano veramente esistere e che influenzino le nostre vite in modi inaspettati e misteriosi è affascinante). Senza contare gli avvertimenti perentori di Don Juan, il quale asserisce che, in ogni viaggio del suo allievo, questo sarebbe potuto morire se avesse fatto una mossa falsa o se non fosse stato aiutato dal suo maestro. Queste dichiarazioni lasciano il tempo che trovano: diavolo, ad ogni passo Castaneda è a rischio passaggio a miglior vita? Possibile?
Per quanto mi riguarda, Una Realtà Separata l’ho trovato più scorrevole del primo (anche se, lo ammetto, ho dovuto interrompere la lettura varie volte perché difficile da digerire in un sol boccone).
Mentre il primo romanzo era più un’introduzione puramente descrittiva alle pratiche sciamaniche, nel secondo si dà anche spazio alla caratterizzazione dei personaggi (arricchendo la storia di episodi buffi, divertenti e commoventi) e ai loro trascorsi.
Non solo accadono episodi più incisivi e d’effetto a livello narrativo ma il tutto impreziosito da dialoghi spirituali e metafisici (che ricordano concetti Zen a me familiari: forse è per questo che ho trovato la lettura più comprensibile e alla mia portata).
A conti fatti, è un bel racconto che può emozionare e conquistare per le perle di saggezza che si trovano in esso e per quegli episodi di realtà fuori dall’ordinario che ci fanno supporre come ci sia un mondo sconosciuto oltre il nostro.


Una Realtà Separata di Carlos Castaneda

Una Realtà Separata

di Carlos Castaneda 
BUR  
Saggio
ISBN 978-8817064736  
cartaceo 8,50€

Sinossi
L’incredibile viaggio intellettuale di Castaneda e dello sciamano messicano don Juan Matus è il resoconto di un faticoso cammino di crescita spirituale e dell’immersione in una nuova saggezza radicalmente alternativa rispetto a quella razionalista della civiltà occidentale.
In Una realtà separata – seconda tappa del processo iniziatico aperto da Gli insegnamenti di don Juan – l’autore prosegue la propria esperienza rivelatrice e apprende la fondamentale differenza tra “vedere” e “guardare”: mentre “guardare” si riferisce al modo consueto in cui siamo abituati a percepire la realtà, “vedere” comporta un procedimento complesso in virtù del quale possiamo arrivare a conoscere l’essenza delle cose.
Attraverso la narrazione delle avventure vissute insieme a don Juan, Castaneda accompagna il lettore in un sorprendente itinerario di trasformazione interiore e porta alla luce aspetti inediti e nascosti della realtà quotidiana in grado di sovvertire i criteri con cui siamo abituati a leggere il mondo.
Andrea Pistoia
Nasco in una solare giornata di luglio a Vigevano. A dodici anni scoppia l’amore per la letteratura. Affronto la scuola come un condannato a morte. In compenso la mia cultura extra-scolastica cresce esponenzialmente. Dopo due anni vissuti a Londra, torno in Italia come blogger, giornalista, recensore di fumetti e sceneggiatore di un fumetto online per una nota casa editrice. Chitarrista dei ‘Panama Road’, direttore editoriale di una fanzine online.
Ancora e mai più (nelle mutande), Youcanprint.
Di donne, di amori e di altre catastrofi, Youcanprint.
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Recensione: Gli insegnamenti di don Juan, di Carlos Castaneda

Recensione: Gli insegnamenti di don Juan, di Carlos Castaneda

Recensione: Gli insegnamenti di don Juan, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Gli insegnamenti di don Juan di Carlos Castaneda (BUR). Un viaggio interiore attraverso pratiche sciamaniche.

La prima volta che lessi questo libro ero giovane e sbarbatello. Tradotto: leggevo qualsiasi cosa mi capitasse tra le mani.
Mi aveva attirato il titolo e quella sinossi da viaggio interiore attraverso pratiche sciamaniche.
Passano gli anni, addirittura decenni, e lo riprendo in mano con la maturità che (forse) ho acquisito nel frattempo.
È così che ne leggo la nuova versione, con un’analisi strutturale ad impreziosire il tutto: un buon trecento pagine di vita vissuta.
Ma prima di entrare nel vivo della recensione, ecco un breve sunto della storia: Carlos Castaneda è un peruviano poco più che trentenne in cerca di un maestro. Lo trova in Don Juan, uno sciamano messicano, il quale lo accoglie come suo apprendista. Lo scrittore si trova così a seguire un percorso fatto di stati di coscienza fuori dall’ordinario, incontri tanto magici quanti surreali e comportamenti irrazionali ed incontrollati. Il tutto grazie all’aiuto del suo mentore ma soprattutto delle droghe, Pejote in primis, che quest’ultimo gli fa ingerire o fumare.
Ed ora il mio personale parere.

Che dire? Difficile recensire Gli insegnamenti di don Juan di Carlos Castaneda, in quanto il giudizio dipende dalle aspettative e conoscenze del lettore.

A livello di scrittura, Carlos sa il fatto suo: ha uno stile molto accademico, da persona di cultura medio alta, al punto che in alcuni pezzi diventa difficile seguirlo. In special modo nell’analisi strutturale a fine libro: veramente pesante da digerire, in quanto troppo schematica ed asettica, ricca di termini tecnici e spiegazioni complesse.
Non solo, il libro è il racconto di circa quattro anni di apprendistato della realtà sciamanica ma con una narrazione più analitica che romanzata. Infatti, per quanto l’argomento sia affascinante, l’autore, descrivendo minuziosamente tutte le pratiche, tende a diluirne l’effetto narrativo.
Ergo, chi cerca un trattato filosofico sui massimi sistemi dell’universo e sulle fatidiche domande che ognuno si pone almeno una volta nella vita (Chi siamo? Dove andiamo? Qual è il senso della vita?) avrà poche risposte e mal assortite, chi è convinto di trovare un ricettacolo di come sballarsi con droghe alternative si sbaglia di grosso, in quanto Don Juan non dà spiegazioni accurate sulla preparazione degli intrugli, e chi pensa di trovare avventure mozzafiato e magie a iosa alla Harry Potter ne resterà deluso. Stessa sensazione l’avrà anche chi cerca una storia leggera e spensierata, in stile ‘Profezia di Celestino’. Infatti il registro narrativo è completamente differente, con tutti i pro e contro che ne conseguono.

Senza contare che tante volte ciò che accade a Carlos Castaneda sotto l’effetto delle droghe non ha una spiegazione. 

O meglio, ce l’ha ma lo sciamano non la fornisce, lasciando il suo apprendista, e noi, all’oscuro di ciò che è veramente accaduto oppure ne viene data una ma al limite del buon senso, su cui ci riserviamo un dubbio amletico: sarà vero oppure la droga ha mandato l’autore fuori di testa?
Intendiamoci, il libro merita una lettura: è scritto bene e fa conoscere un mondo, il Messico rupestre negli anni ’60, lontano anni luce dal nostro. Ma è pur sempre il racconto puramente descrittivo ed autobiografico di un uomo, quindi per nulla romanzato o abbellito da colpi di scena e narrazione ad effetto. Certo, è uno stralcio di vita fuori dai nostri canoni ma non certo così strepitoso da restare nella memoria dei più, specialmente per quelli non avvezzi o interessati alle pratiche magiche e stati alterati di coscienza.
Quindi cosa resta? Un libro che sarà decisamente apprezzato da chi è appassionato di sciamanesimo, in quanto potrà comprendere a grandi linee la vera natura di ogni rituale e visione. Altrimenti i più recepiranno poco e male. Con rischio noia.

Gli insegnamenti di don Juan

di Carlos Castaneda
BUR
Saggio
ISBN 978-8817064019
cartaceo 8,50€
ebook 4,99€

Sinossi
Carlos Castaneda racconta il suo apprendistato filosofico sotto la guida di un indio yaqui di nome Juan Matus, sciamano dalla personalità magnetica, e ci accompagna lungo un percorso iniziatico che conduce fino alle regioni inesplorate della nostra interiorità.
Attraverso la descrizione delle pratiche rituali in uso presso la stirpe di don Juan, Castaneda ci insegna ad abbandonare i canoni di pensiero occidentali e a intraprendere un cammino di conoscenza e di ricerca interiori, per arrivare a riconoscere l’esistenza di una vita che trascende i confini della mera percezione sensibile.
Ed è percorrendo questo itinerario – una vera e propria rinascita a cui i lettori partecipano passo dopo passo – che si potrà giungere finalmente alla piena consapevolezza di sé e a toccare il nucleo luminoso della propria libertà spirituale.

Andrea Pistoia
Nasco in una solare giornata di luglio a Vigevano. A dodici anni scoppia l’amore per la letteratura. Affronto la scuola come un condannato a morte. In compenso la mia cultura extra-scolastica cresce esponenzialmente. Dopo due anni vissuti a Londra, torno in Italia come blogger, giornalista, recensore di fumetti e sceneggiatore di un fumetto online per una nota casa editrice. Chitarrista dei ‘Panama Road’, direttore editoriale di una fanzine online.
Ancora e mai più (nelle mutande), Youcanprint.
Di donne, di amori e di altre catastrofi, Youcanprint.
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