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Recensione: L’altra faccia della Russia, di Stefano Tiozzo

Recensione: L’altra faccia della Russia, di Stefano Tiozzo

Recensione: L’altra faccia della Russia, di Stefano Tiozzo

Libri Recensione di Elena Genero Santoro. L’altra faccia della Russia di Stefano Tiozzo (TS - Terra Santa): dalla storia personale alla mentalità russa, dalla natura estrema ai problemi con la burocrazia. Un libro corposo, dettagliato, ben scritto, che tuttavia è talmente ricco di contenuti che non si può bere in poche ore.

Io e mio figlio siamo sempre stati attratti da posti come la Jacuzia, freddi, gelidi oltre misura. Quest’anno, durante le vacanze di Natale, in uno di quei giorni in cui non saremmo usciti da sotto il piumone, io e mio figlio, accoccolati vicini, abbiamo cercato su YouTube qualche documentario che ci mostrasse il luogo più gelido della terra mentre noi, al calduccio di una lenta giornata invernale, lo potessimo assaporare con distacco.
Ci siamo imbattuti nel Moscow Diaries di Stefano Tiozzo, un italiano, un dentista di Torino come noi, che dopo aver sposato Sati Kazanova, una cantante famosa in Russia quanto le Spice Girl da noi, si è trasferito a Mosca dove vive dal 2017.

Stefano Tiozzo, una volta in Russia, ha abbandonato la professione odontoiatrica e si è dedicato alla fotografia e ai documentari di viaggio.

Non si è limitato però a una serie di puntate su un canale YouTube. Stefano Tiozzo ha raccolto le sue memorie di viaggio anche in un libro: L’altra faccia della Russia, che copre un lasso di tempo tra il 2017 e il 2022, passando per il periodo della pandemia di Covid 19 che in Russia è stato vissuto in modo molto diverso rispetto a noi, in Europa, con meno restrizioni interne, ma con più blocchi per chi voleva uscire dai confini e recarsi in altri paesi. Questo ha dato modo a Stefano Tiozzo di esplorare, in quegli anni, parecchie zone della Russia, che si sono rivelate una diversa dalle altre.
Il libro di Stefano Tiozzo è corposo, sono quattrocentoventi pagine divise in quindici capitoli ognuno dei quali è talmente denso di informazioni che costituirebbe un libro già da solo.

Stefano Tiozzo spazia dalla sua storia personale alla mentalità russa, dalla natura estrema ai problemi con la burocrazia.

Non è la prima volta che leggo un saggio su un paese che presumibilmente non visiterò mai, per farmi un’idea della cultura del luogo.
Il libro di Tiozzo parla dei russi solo in una certa percentuale, molto riguarda le avventure di viaggio e anche la situazione politica e i rapporti con l’Ucraina.
Ne emerge, casomai ci fosse un dubbio, che la Russia è un paese terribilmente complicato e dall’impostazione imperiale, composto da popolazioni anche di cultura molto diversa.

Territorio immenso è composto da stati interni e da regioni con un regime governativo più autonomo, quello che resta della vecchia Unione Sovietica.

Semplificando in modo esagerato, in Italia abbiamo le regioni a statuto speciale, ma lì la faccenda è ancora più complessa.
La moglie di Tiozzo, nonostante il suo passaporto russo, è di origine caucasica, la sua lingua madre è il circasso, composto da tre vocali e quarantasette consonanti, talmente gutturale che o si impara nella primissima infanzia o in età adulta non si sarà mai in grado di pronunciarlo.
Il Caucaso è una regione relativamente piccola ma abitatissima da numerosi e diversi gruppi etnici, ognuno con la sua lingua e amico o rivale del popolo vicino.
Viene menzionato anche il ruolo della donna nella società russa, che è subalterno in un galateo univocamente accettato, ma in realtà lo è più nella forma che nella sostanza. Le donne russe, nei fatti, sono molto più indipendenti e tutelate di quelle europee quando si parla di stipendio e di diritti.
Poi ci sono altri stati dal territorio più ampio ma dalla cultura più omogenea e meno densamente popolati. Stefano Tiozzo li descrive con puntualità, dopo esserne venuto in contatto.

Vi sono poi i cenni storici, la questione in Crimea, quella in Ucraina.

Riassumerli sarebbe arduo, perché si tratta di una faccenda davvero ingarbugliata che affonda le radici nella notte dei tempi, dalla creazione dell’Ucraina in poi. Tuttavia, se si procede a ritroso nei secoli, ciò che Alessandro Orsini diceva in televisione nel 2022 mentre teneva una posizione che pareva sminuire l’attacco subito dal’Ucraina, stato sovrano, da parte di Putin, potrebbe acquisire un nuovo significato.

Stefano Tiozzo inizia il suo libro spiegando che "la Russia chiama".

Quelli che, come lui, si sono trasferiti lì, per varie vicissitudini della vita, sono stati richiamati, risucchiati dal destino, perché è la Russia che sceglie chi fare avvicinare a sé.
I russi amano la Russia come territorio, come una madre e non la tradirebbero mai.
I russi hanno una doppia anima europea e asiatica e, secondo l’autore, capiscono meglio l’Europa di quanto noi capiamo loro.
Per questo hanno una passione sfrenata per l’Italia e per gli artisti italiani. Tiozzo, in alcune situazioni di burocrazia critica se l’è cavata rispondendo alla domanda: canta ancora Celentano? Esistono addirittura dei cantanti italiani famosissimi in Russia e completamente sconosciuti in patria.

Il rovescio della medaglia è che i russi patiscono quando si sentono non capiti e discriminati in quanto russi.

Dopo l’attacco all’Ucraina in Europa e nel mondo si è attivata una russofobia che si è trasferta persino sugli atleti olimpionici.
Ma i russi, dopo l’inizio della guerra, si sono ripresi. Dopo le prime proteste, sono rimasti fedeli alla madre patria. Non a Putin, sottolinea Tiozzo, ma alla Russia stessa.
E anche Stefano Tiozzo, che nel febbraio 2022 si trovava all’estero, ha vissuto l’attacco all’Ucraina con dolore e disincanto. Nonostante tutto, una volta rientrato a casa, ha capito che non potrà mai smettere di amare il suo paese di adozione.
Un libro corposo, dettagliato, ben scritto, che tuttavia è talmente ricco di contenuti che non si può bere in poche ore.



L’altra faccia della Russia

di Stefano Tiozzo
TS - Terra Santa
Saggio
EAN 9791254710753
Cartaceo 18,05€
Ebook 12,99€

Quarta

«Era da molto tempo che avevo immaginato di raccontare la Russia dal di dentro, in tutte le sue mille sfumature e contraddizioni. Mi piace pensare che sia il momento più giusto – in senso morale – per farlo. Con la speranza che i miei racconti e la mia umile esperienza di viaggiatore e ricercatore umano possano essere un’arma non violenta contro la cecità e il razzismo che dominano l’attuale controverso rapporto tra questo immenso Paese e l’Occidente».

Dai Monti Altai alla Kamčatka, da Murmansk al Daghestan, da San Pietroburgo a Mosca fino alle tende dei nomadi Nenet.
Nell’avvincente varietà delle sue pagine questo libro si offre come autobiografia e reportage, cronaca di costume e racconto d’avventura. Dopo il successo di Moscow Diaries su YouTube – con oltre tre milioni di visualizzazioni – il celebre fotografo e blogger, che da anni vive in Russia, invita a prestare ascolto alla polifonica voce di un Paese dall’innegabile fascino e dalle molteplici antinomie.



Elena Genero Santoro
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5 libri per scoprire la poesia contemporanea

5 libri per scoprire la poesia contemporanea

Poesie per principianti: 5 libri per scoprire la poesia contemporanea

Professione lettore Di Stefania Bergo. Cinque libri perfetti per chi vuole iniziare a leggere poesie o per chi cerca liriche che parlano di piccole quotidianità e sembrano rivolgersi a ognuno di noi: un ottimo punto di partenza per scoprire la poesia contemporanea italiana e lasciarsi sorprendere dal suo potere evocativo.

La poesia non è solo un genere letterario per "addetti ai lavori" o per i soli appassionati: è un linguaggio universale, capace di raccontare emozioni, storie e riflessioni in modo diretto e profondo. Spesso, chi vi si avvicina per la prima volta pensa che sia complicata o distante, ma in realtà la poesia contemporanea trasforma frammenti di vita quotidiana in immagini potenti e suggestive con un linguaggio senza sovrastrutture.
I cinque libri che seguono sono perfetti per i "principianti", cioè per chi vuole iniziare a leggere poesia, o per chi cerca liriche che parlano di piccole quotidianità e sembrano rivolgersi a ognuno di noi: raccolte che uniscono immediatezza e intensità, che offrono prospettive diverse sulla vita, sull’amore, sulla resilienza e sul cambiamento.

Cinque raccolte che hanno in comune un linguaggio chiaro e diretto, ma al tempo stesso ricco di immagini e significati.

Offrono al lettore emozioni autentiche e una porta d’ingresso ideale per chi vuole avvicinarsi alla poesia senza sentirla distante o “troppo difficile”.
Che tu stia cercando versi da leggere in pochi minuti, riflessioni profonde, parole che danno forza o immagini che restano impresse, questi titoli sono un ottimo punto di partenza per scoprire la poesia contemporanea italiana e lasciarsi sorprendere dal suo potere evocativo.
  1. Dai graffi del cuore nascono parole di FraSté: poesie illustrate che trasformano il dolore in rinascita.
  2. Quel che resta delle parole di Tamara Marcelli: poesia, teatro e prosa in un viaggio tra emozioni, simboli e riflessioni.
  3. Il tempo di un caffè di Silvia Pattarini: poesie da assaporare tra emozioni, ricordi e vita vissuta.
  4. Battiti. Radio 100bpm di Matteo Carecci: poesie che danno voce al cuore e alle emozioni.
  5. Sotto le nuvole di Loriana Lucciarini: poesie di rinascita, coraggio e amore per se stessi.


Dai graffi del cuore nascono parole di FraSté: poesie illustrate che trasformano il dolore in rinascita. Un libro che emoziona, consola e invita a celebrare la vulnerabilità come forza.

Dai graffi del cuore nascono parole

Dai graffi del cuore nascono parole

di FraSté
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Poesie illustrate
ISBN 978-8833666686
cartaceo 18,00€
cartaceo edizione deluxe – cover rigida 21x27 – 25,00€ ebook 2,99€
Tutti noi portiamo dentro graffi invisibili, segni lasciati dalle esperienze che hanno plasmato chi siamo. È da questi segni che nasce la raccolta poetica di Francesca Stefania Rizzo, in arte FraSté.
Ogni poesia è un "graffio" trasformato in parola, una traccia che racconta fragilità, resistenza e rinascita. Non sono cicatrici da nascondere, ma mappe dell’anima, perché è proprio grazie a esse che diventiamo ciò che siamo e che continueremo a diventare.
Il progetto si arricchisce di un elemento unico: ogni testo è accompagnato da illustrazioni originali realizzate dall’autrice con le splines di AutoCAD®. Il cuore, filo conduttore delle immagini, appare come un mosaico fragile ma tenuto insieme da una sottile armatura, simbolo della capacità di resistere e ricomporsi. Il rosso vivo che lo attraversa diventa metafora di apertura, vitalità e coraggio di lasciarsi graffiare ancora, perché un cuore senza ferite è un cuore che non ha mai vissuto.
Dai graffi del cuore nascono parole è una raccolta che unisce poesia, arte e introspezione, ideale per chi cerca testi capaci di parlare al cuore e all’anima, regalando nuove prospettive sul senso della sofferenza e sulla bellezza della rinascita.
Un libro che emoziona, consola e invita a celebrare la vulnerabilità come forza, trasformando i graffi in voce poetica.
Disponibile anche in versione da collezione 21x27 cm, con copertina rigida.


Quel che resta delle parole di Tamara Marcelli: poesia, teatro e prosa in un viaggio tra emozioni, simboli e riflessioni, esplorando affetti, ossessioni e il conflitto eterno tra Bene e Male.

Quel che resta delle parole

Quel che resta delle parole

di Tamara Marcelli
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Poesie | Monologhi
ISBN 979-1254584989
Ebook 2,99€
Cartaceo 13,00€ – formato tascabile
La Letteratura è una donna dalle ossa possenti e dagli occhi delicati. Il Teatro un uomo dall’anima multiforme, forte e nostalgico.
Da questa immagine nasce Quel che resta delle parole, una raccolta che intreccia poesie, monologhi teatrali e riflessioni in prosa, dando vita a un mosaico di voci, sentimenti e simbolismi.
Il libro accompagna il lettore in un percorso che alterna luce e ombra, intimità e denuncia: dagli affetti familiari alla condanna della violenza contro le donne, dall’ossessione interiore al conflitto eterno tra Bene e Male. Ogni componimento diventa specchio di un’anima inquieta, che lotta contro maschere, clichés e mediocrità, trasformando le ferite in parole capaci di vibrare come musica.
Quel che resta delle parole è un’opera che unisce il profondo scavo interiore della poesia con la potenza espressiva del teatro e la riflessione lucida della prosa, componendo un cosmo variegato ma armonico. Un libro ideale per chi ama la letteratura contemporanea che esplora l’animo umano, capace di far convivere la fragilità e la forza, la denuncia e la bellezza, adatta a chi ama scoprire la poesia come arte totale, capace di fondere generi e linguaggi.

Il tempo di un caffè di Silvia Pattarini: poesie da assaporare tra emozioni, ricordi e vita vissuta. Emozioni, passioni, ricordi e visioni oniriche da leggere in pochi minuti ma portare dentro a lungo.

Il tempo di un caffè, Gli scrittori della porta accanto

Il tempo di un caffè

di Silvia Pattarini
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Poesie
ISBN 978-8833666501
ebook 2,99€
cartaceo 7,00€
C’è un momento speciale, intimo e sospeso, che ognuno di noi si concede: il tempo di un caffè. È proprio in questo spazio prezioso che si colloca la prima vera silloge poetica di Silvia Pattarini, una raccolta di trentasei liriche selezionate tra testi premiati, opere già apparse in antologie e poesie inedite, ora finalmente riunite in un unico volume.
Ogni componimento è un sorso lento da assaporare: versi che raccontano emozioni, passioni, sentimenti universali, ricordi e visioni oniriche, ma anche poesie ispirate a fatti di cronaca osservati con lo sguardo sensibile dell’autrice. Ne nasce una trama di parole che dà voce a ciò che spesso resta nascosto dietro i muri del silenzio.
Il tempo di un caffè è una raccolta poetica che invita a fermarsi, a ritrovare sé stessi e ad ascoltare i battiti dell’anima. Un libro da leggere a piccoli sorsi, come un rituale quotidiano, capace di trasformare ogni poesia in un momento di riflessione e bellezza.
Un’opera ideale per chi ama i testi che scavano nei sentimenti e le raccolte che sanno unire lirismo, introspezione e attualità.

Battiti. Radio 100bpm di Matteo Carecci: poesie che danno voce al cuore e alle emozioni. Tra musica, pensieri e poesia, ogni pagina diventa una trasmissione che invita a riscoprire ciò che fa battere forte il cuore.

Battiti. Radio 100bpm

Battiti
Radio 100bpm

di Matteo Carecci
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Narrativa | Poesia
ISBN 978-8833669274
cartaceo 12,00€
ebook 2,99€
Immaginate una radio speciale, sintonizzata direttamente sui battiti del vostro cuore. Una frequenza unica, dove ogni parola, ogni verso e ogni nota musicale diventano il messaggio che avreste sempre voluto ascoltare. È questa l’essenza di Battiti. Radio 100bpm, una raccolta poetica che trasforma emozioni e pensieri in onde da ascoltare con l’anima.
Tra parole, musica e poesia, ogni pagina è come una trasmissione che accompagna i lettori ovunque si trovino: a casa, per strada, in un momento di gioia o di malinconia. L’importante è che ci sia sempre un motivo per cui il cuore continui a battere forte, trovando la sua ragione in un ricordo, in un sogno, in una canzone o semplicemente in un attimo di vita.
Battiti. Radio 100bpm è un libro che invita a rallentare, a mettersi in ascolto e a lasciarsi guidare da una voce interiore che ricorda quanto sia necessario custodire e alimentare le proprie emozioni. Una raccolta intensa, perfetta per chi cerca poesie contemporanee capaci di ispirare, consolare e motivare.
Un’opera che unisce la forza della parola poetica al ritmo universale del cuore, trasformando ogni lettura in un’esperienza intima e vibrante, a 100 bpm di pura emozione.

Sotto le nuvole di Loriana Lucciarini: poesie di rinascita, coraggio e amore per se stessi. Versi che disegnano una vera e propria grammatica dell’amore e della sofferenza, un inno alla donna protagonista delle proprie scelte.

Copertina del libro

Sotto le nuvole

di Loriana Lucciarini
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Poesia
ISBN 978-8833665511
cartaceo 9,50€
ebook 2,99€
Con una voce intensa e autentica, Loriana Lucciarini in Sotto le nuvole porta i lettori dentro un viaggio poetico che celebra la forza dell’abbandono emotivo, la resilienza e l’emancipazione. Una raccolta che diventa manifesto di libertà femminile, capace di trasformare dolore e fatica in consapevolezza, e consapevolezza in rinascita.
I versi disegnano una vera e propria grammatica dell’amore e della sofferenza, raccontando la lotta di un’anima indomita che impara ad afferrare e ricomporre la fiamma della creatività, del coraggio e della vita stessa. Le poesie sono un inno alla donna protagonista delle proprie scelte, capace di superare mediocrità, pregiudizi e tormenti per riabbracciare con forza il proprio destino, evocando atmosfere intime e potenti allo stesso tempo. Ne nasce un’opera che fonde passione, fragilità e determinazione, invitando il lettore a ritrovare sé stesso attraverso la bellezza delle parole.
Sotto le nuvole è una raccolta ideale per chi ama la poesia contemporanea al femminile, i testi che parlano di cambiamento, resilienza e autenticità. Una lettura che accarezza e scuote, capace di restare impressa come un cielo in movimento.



Stefania Bergo
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La metamorfosi di un testo musicale: «Rain Rain Rain» di Simon Butterfly

La metamorfosi di un testo musicale: «Rain Rain Rain» di Simon Butterfly

La metamorfosi di un testo musicale: il caso di «Rain Rain Rain» di Simon Butterfly

Musica Di Davide Dotto. Di cover in cover, un viaggio tra le versioni di Rain Rain Rain: da Simon Butterfly a Marie Laforêt, tra traduzioni, riscritture affettive e poetiche, una trasformazione che non è solo linguistica, è soprattutto narrativa, poetica, culturale. E riflette la vitalità stessa dell’atto interpretativo, quando abbandona l’imitazione per farsi scrittura originale.

Nel vasto e variegato mondo musicale, prima o poi ci siamo imbattuti nel termine cover, un fenomeno più complesso di quanto possa sembrare. Una cover può essere molte cose: un gesto di appropriazione, una rilettura che getta nuova luce, una riscrittura radicale capace di infondere nuova anima a un brano.

Tradotta e reinterpretata, una canzone può davvero trasformarsi in qualcos’altro, in una nuova storia.

Il dibattito sul significato e sul valore delle cover non appartiene solo al passato: continua ad animare la scena musicale contemporanea. Ne è prova la recente querelle tra Laura Pausini e Gianluca Grignani a proposito del brano La mia storia tra le dita, che ha riportato al centro la questione della paternità di un testo, della melodia e del diritto all’interpretazione.
Alcune canzoni che oggi consideriamo iconiche sono, in realtà, cover.
Non mancano adattamenti totali che spostano il punto di vista, cambiano il genere, riscrivono l’emozione. In questi casi, una voce maschile diventa femminile (o viceversa), un lamento amoroso si trasfigura in invocazione familiare, una metafora meteorologica si dissolve in una narrazione drammatica: il testo si emancipa proponendo una nuova storia, nuovi protagonisti e un differente destinatario emotivo.

Rain, rain
Oh, rain, rain
Oh, rain, rain va, la
Oh, rain, rain va, la

Oh, rain, rain
Since you went away
Oh, rain, rain
Beating down all day
Oh, rain, rain
Never seen such rain
Oh, rain, rain
Everything in rain

Lovers often fight about fat smallic quarrel
Making up will be born right that′s the moral
When we parted that mind you, you're mine
Did our hearts mean goodbye
So lovers separate and hurt one another
Leaving all to fate and then they discover
They believe it makes two lovers same
So they must start again

Oh, rain, rain
Since my love has gone
Oh, rain, rain
Sun has never shone
Oh, rain, rain
Hear it beating down
Oh, rain, rain
Feel like I′m gonna drown
Oh, rain, rain
Wonder where you are
Oh, rain, rain
Never see the star
Oh, rain, rain
Can it start the strain
Oh, rain, rain
Life is only rain

Say we meet again I can't live without you
Every dream I ever dream is about you
I shall know when I see your eyes shine
You will always be mine

Oh, rain, rain
Since you went away
Oh, rain, rain
Beating down all day
Oh, rain, rain
Flooding through my brain
Oh, brain, brain
Driving me insane
Insane, insane.

Ne è un esempio emblematico Viens Viens di Marie Laforêt, riscrittura profonda di Rain Rain Rain di Simon Butterfly, entrambe pubblicate nel 1973.

Il brano originale, Rain Rain Rain di Simon Butterfly, non parla che della pioggia, usata come metafora – ossessiva e prevedibile – di una delusione amorosa. Nella rielaborazione francese, il testo firmato da Ralph Bernet mette in scena la supplica straziante di una figlia rivolta al padre assente.
Il punto di vista narrativo si ribalta: non è più quello di un innamorato deluso. Il tono si fa più lirico e disperato, l’evocazione della pioggia scompare, lasciando spazio a un dialogo interiore intimo e doloroso. Questo effetto è reso ancor più intenso dalla capacità recitativa di Marie Laforêt, artista poliedrica che riesce a dare voce a emozioni complesse e sfumate.
Con una filmografia che conta circa 50 titoli, Laforêt era innanzitutto un'attrice affermata, e questo si percepisce chiaramente nella sua interpretazione – in Italia la ricordiamo, tra l’altro, nella serie La Piovra 3 (1987) e nell’adattamento di A che punto è la notte di Nanni Loy, tratto dall’omonimo romanzo di Fruttero e Lucentini (miniserie del 1994). L'interpretazione data è talmente intensa e autentica da suggerire che il vissuto personale di Marie Laforêt si sia fuso con le parole del brano, conferendo alla supplica una profondità e un'emotività uniche.



Esiste anche una versione italiana (adattata da Gian Pieretti), Lei Lei, incisa dalla stessa Marie Laforêt e successivamente ripresa da Dalida.

Lei Lei di Dalida rispecchia in larga parte la struttura e il contenuto di Viens, Viens, ma introduce variazioni che ne modificano la percezione.
Una differenza rilevante emerge nel verso «torna a casa se puoi»: una formula che introduce un margine di dubbio, una possibilità sospesa – forse una forma di pudore emotivo.
L’intensità non si attenua, ma si traduce in una malinconia più trattenuta, scandita da un lirismo delicato e convenzionale.

Viens, viens

Viens, viens, c'est une prière
Viens, viens, pas pour moi mon père
Viens, viens, reviens pour ma mère
Viens, viens, elle meurt de toi.
Viens, viens, que tout recommence
Viens, viens, sans toi l'existence
Viens, viens, n'est qu'un long silence
Viens, viens, qui n'en finit pas.

Je sais bien qu'elle est jolie cette fille
Que pour elle tu en oublies ta famille
Je ne suis pas venue te juger
Mais pour te ramener...
Il parait que son amour tient ton âme
Crois-tu que ça vaut l'amour de ta femme
Qui a su partager ton destin
Sans te lâcher la main?

Viens, viens, maman en septembre
Viens, viens, a repeint la chambre
Viens, viens, comme avant ensemble
Viens, viens, vous y dormirez.
Viens, viens, c'est une prière
Viens, viens, pas pour moi mon père
Viens, viens, reviens pour ma mère
Viens, viens, elle meurt de toi
Sais-tu que Jean est rentré à l'école
Il sait déjà l'alphabet, il est drôle
Quand il fait semblant de fumer
C'est vraiment ton portrait.

Viens, viens, c'est une prière
Viens, viens, tu souris mon père
Viens, viens, tu verras ma mère
Viens, viens, est plus belle qu'avant.
Viens, viens, ne dis rien mon père
Viens, viens, embrasse moi mon père
Viens, viens, tu es beau mon père
Viens, viens.

Lei, lei

Lei, lei canta una preghiera
Lei, lei che ritorni spera
Lei, lei si sta consumando
Lei, lei torna o morirà

Lei, lei ogni primavera
Lei, lei è bella come era
Lei, lei sola si dispera
Lei, lei aspetta solo te

Io io so che l'altra è molto graziosa
E per lei tu scordi la tua famiglia
Io non voglio giudicarti pero
Torna a casa se puoi

E sembra quasi che il suo amore ti leghi
E la mano di chi t'ama rinneghi
Ll destino di chi è stato con te
Tu scordare non puoi

Lei, lei un giorno di settembre
Lei, lei tinse la tua stanza
Lei,lei non puo stare senza
Lei, lei torna o morira
Lei, lei canta una preghiera

Lei, lei che ritorni spera
Lei, lei si sta consumando
Lei, lei torna o morirà

Il più piccolo è tornato già a scuola
Ci diverte quando legge qualcosa
Se fa finta di fumare pero
Ci ricorda un po te

Lei, lei torna padre mio
Lei, lei sto aspettando anch'io
Lei, lei nella nostra casa
Lei, lei manchi solo, solo, solo, solo, solo tu

Lei, lei non mi dire niente
Lei, lei oggi è più contenta
Lei, lei oggi è insieme a te
Lei, lei oggi è insieme a te

Lei, lei torna padre mio
Lei, lei sto aspettando anch'io
Lei, lei nella nostra casa
Lei, lei manchi solo tu.

Le versioni a confronto: Viens Viens e Lei Lei

È possibile che anche alcune scelte linguistiche abbiano contribuito alla minore incisività del brano: espressioni come “tinse la tua stanza” o “E la mano di chi t'ama rinneghi” risultano  leggermente auliche, e poco adatte alla naturalezza emotiva che ci si aspetta da un pezzo pop.
Questo registro, più vicino alla lingua letteraria che  parlata, potrebbe aver reso Lei Lei meno immediata, limitandone la presa sul pubblico italiano.
Il ritornello di Lei Lei introduce un effetto straniante: invece di rafforzare il coinvolgimento emotivo, come accade con il francese, tende a frammentare la narrazione, creando distanza con l’ascoltatore. In Viens Viens, «Maman en septembre... a repeint la chambre», la presenza esplicita della madre rafforza il legame affettivo, rendendo la scena più vivida. L'interpretazione italiana, invece evoca una figura terza, un’impersonalità  che attenua l’impatto drammatico.
Questa scelta, unita al lessico ricercato (“tinse”, “rinneghi”), contribuisce a un’eleganza formale che però ne raffredda l’emozione. Tuttavia, è proprio grazie all'interpretazione altrettanto intensa di Dalida che questa rilettura lascia un segno, colmando le incertezze linguistiche con una vocalità drammatica e avvolgente. Dove le parole non arrivano, arriva la voce.



Ciò emerge con ancora più forza nell’ultima strofa, dove si intuisce un cambiamento di atmosfera: il ritorno sembra imminente, forse è già avvenuto.

È un finale aperto, ma segnato da una fiducia trattenuta – una possibilità di riconciliazione che Viens Viens non contempla.
È una scelta che può essere letta anche alla luce del contesto storico italiano degli anni Settanta, segnato dall’approvazione della legge sul divorzio (1970) e dal successivo referendum abrogativo (1974). In quegli anni, l’idea di famiglia veniva profondamente ridefinita, tra nuove forme di rottura e il bisogno di elaborare in modo diverso il dolore affettivo.
L'adattamento riflette proprio questo clima: da un lato, il riconoscimento della sofferenza di una donna abbandonata; dall’altro, la speranza che la frattura possa essere ricomposta. Un messaggio che, nella sua apparente semplicità, traduce poeticamente la tensione tra un mondo che cambia e una visione ancora saldamente radicata nella tradizione.

L'originale inglese di Simon Butterfly presenta un approccio puramente sentimentale.

Rain Rain Rain procede per ripetizioni insistenti che creano un effetto ipnotico, costruendo l'intera composizione attorno a una metafora meteorologica essenziale e di per sé scontata. La pioggia diventa il correlativo oggettivo di una condizione emotiva, sviluppata su un nucleo tematico circolare.
La versione Viens Viens aggiunge invece l'aspetto narrativo, un abbozzo di caratterizzazione e lo sviluppo di un vero e proprio racconto con dignità letteraria.
Ma c'è di più.

Il testo di Rain Rain Rain è costruito su una serie di stereotipi che mal si prestano a una riproduzione diretta in altre lingue senza perdere mordente.

Per poter funzionare in altri contesti, la canzone ha dovuto essere rimodellata e adattata con decisione.
È diventata, insomma, una matrice da cui si sono generate versioni autonome e profondamente differenti. La trasformazione non è quindi solo linguistica: è narrativa, poetica, culturale. E riflette la vitalità stessa dell’atto interpretativo, quando abbandona l’imitazione per farsi scrittura originale.

Traduzioni parallele o progetto condiviso?

C’è un dato che colpisce per la sua forza simbolica e logistica: Rain Rain Rain, Viens ViensLei Lei, e persino la versione spagnola Ven ven di Marisol, sono tutte pubblicate nel 1973. Non si tratta di semplici adattamenti successivi, ma di varianti coeve, nate quasi in parallelo in diversi Paesi europei. A distanza di mesi (e talvolta settimane) l’una dall’altra, rivelano l’esistenza di una vera e propria operazione editoriale continentale, pensata per plasmare un brano-matrice.
Il successo non precede le versioni: le crea. Assistiamo alla diffusione sincronica di una melodia essenziale – di fatto un brogliaccio – che si lascia riscrivere.
Al tempo stesso, questa pluralità di voci imprime una dimensione corale, rendendo ciascuna versione parte di una costellazione narrativa che attraversa confini, generi e sensibilità.

Nel mondo della canzone d’autore, non era raro che un brano venisse lanciato su più mercati attraverso versioni parallele in diverse lingue, a volte con il coinvolgimento diretto di artisti di nazionalità diverse. 

Questa strategia di co-creazione e adattamento internazionale era già prassi consolidata negli anni Sessanta e Settanta, soprattutto per brani destinati al grande pubblico europeo. Canzoni come Comme d’habitude (ripresa poi da Frank Sinatra nella versione My Way) o Tornerò dei Santo California (riproposta poi come Apprends-moi da Mireille Mathieu) sono esempi noti. Tuttavia, in quei casi la dinamica sembra più lineare: esisteva un originale riconoscibile, da cui derivavano versioni successive.

Nel caso di Rain Rain Rain ci troviamo di fronte a un fenomeno atipico per intensità, simultaneità e diffusione.

Non è solo il segno di una buona intuizione commerciale, ma l’espressione di una collaborazione creativa transnazionale, capace di rendere un’idea musicale in apparenza modesta in un successo europeo multiforme. Un caso che anticipa, sotto molti aspetti, le logiche globali della musica pop contemporanea.
È possibile che il fenomeno abbia seguito una dinamica a effetto domino: il successo di Viens Viens nella versione di Marie Laforêt avrebbe dimostrato il potenziale commerciale del materiale melodico, innescando una reazione a catena che ha portato alla diffusione quasi simultanea delle altre.
La matrice musicale di Simon Butterfly – inizialmente poco considerata dai produttori – avrebbe trovato legittimazione proprio nel trionfo francese.

Zitas: la risposta greca.

Ogni nuova interpretazione – dalla spagnola Ven ven di Marisol alla greca Zitas di Marianna Toli –  nasce dal desiderio di replicare un successo adattandolo ai propri mercati linguistici. Il risultato è un fenomeno spontaneo di amplificazione culturale: una canzone che diventa europea non per pianificazione, ma per contagio artistico.
Alla mappa si aggiunge, grazie alla versione greca, un ulteriore tassello prezioso: essa prende una direzione autonoma rispetto sia alla matrice inglese sia alla riscrittura francese. Il titolo stesso, che significa “Chiedi”, inaugura una poetica del desiderio e della ricerca, sostituendo la ripetizione ossessiva di Rain Rain Rain con una litania matura, fatta di appelli e invocazioni per ricucire un legame spezzato.



Non c’è traccia del dramma familiare della versione di Marie Laforêt, né della malinconia liquida dell’originale inglese.

Il testo greco si presenta come una risposta consapevole e stilisticamente elaborata al lamento dell’amante abbandonato. Dove Simon Butterfly piange nella pioggia e si sente sopraffatto dalla perdita, Marianna Toli restituisce una maggior complessità. È il punto di arrivo di un processo di metamorfosi testuale che passa dal vittimismo all’introspezione attiva, dalla nostalgia alla possibilità di rinascita.
Volendo, potremmo ora leggere il trittico europeo come una vera e propria sequenza di narrazioni complementari, generate da una stessa base melodica ma autonome nei contenuti.



Metamorfosi a confronto: tre voci, tre prospettive.

Questo conferma che non ci troviamo di fronte a semplici adattamenti, ma a un processo di rielaborazione profonda del testo che ha seguito percorsi paralleli.
La traduzione del testo greco rivela la dimensione più affascinante dell'operazione: l'interpretazione di Marianna Toli non si limita a nobilitare il materiale grezzo, ma risponde al lamento inglese. Se Simon Butterfly geme «rain, rain, since you went away», la cantante greca replica con «ζητάς» (chiedi), convertendo la passività in azione, il vittimismo in proposta. Non è più piango perché te ne sei andato, ma chiedere, aprire alla possibilità di un ritorno (riallacciandosi al testo francese). È alchimia narrativa: ribalta i ruoli. Mentre Marie Laforêt modifica il genere (da amoroso a familiare), Marianna Toli ribalta la prospettiva (da passiva ad attiva).
La versione greca Zitas – ripresa nella cover di Evridiki del 1991 – non si limita a riscrivere il brano originale, ma lo contraddice silenziosamente, rispondendo a un certo immaginario sentimentale tipico della canzone d’autore maschile anni Sessanta e Settanta. Un universo in cui l’uomo, abbandonato, si dispera e sublima la donna assente, elevandola a figura angelicata e silenziosa, mentre evita ogni dialogo.

La donna diventa un’assenza decorata di fiori, mentre l’emotività maschile occupa tutta la scena.

È l’immaginario di brani come Fiori bianchi per te interpretata da Salvatore Adamo – già esso stesso riscrittura di un originale francese – o Rose rosse di Massimo Ranieri.
Anche Rain Rain Rain si muove in questo solco, una forma di autoassoluzione passivo-aggressiva. La donna è evocata come colpevole e inaccessibile, e la pioggia dell’abbandono diventa un alibi per non agire.
Contro questa narrazione, Zitas propone un controcanto: una donna che si interroga, che cerca, che chiede, ma che non si annulla. È una voce che tenta di ricostruire un legame su basi nuove, senza indulgere nel lamento o nella mitizzazione. In questo senso, la versione greca è una risposta culturale e poetica a un lessico sentimentale datato.

I testi esaminati diventano specchio di epoche e di modelli relazionali che la lingua veicola e cristallizza, senza che nessuno possa dirsi dominante sugli altri.  

Non è solo questione di stile, ma di posizionamento dell'io: chi parla, a chi, e perché? Il linguaggio da cui queste riscritture sembrano affrancarsi è quello del controllo, della colpa, del non-ascolto — un immaginario che non scompare, ma si evolve attraverso i decenni.
Dalla vittimizzazione sentimentale degli anni Sessanta e Settanta ("piango perché mi hai lasciato") si passa, talvolta, alla sacralizzazione dell’io creativo: un artista che reclama spazi inviolabili anche dagli affetti più prossimi, e che talvolta — l'ha messo in luce in un suo testo Roberto Vecchioni — riduce figli e compagna a vuoti dettagli sacrificati al trenino della letteratura.
È un’altra forma di autoreferenzialità, più colta ma non meno problematica: il soggetto-poeta si erge a custode del senso, e in questo stesso gesto rischia di dissolvere l’altro — non più assente per dolore, ma marginale per struttura. L’evoluzione è emblematica: dai fiori per l’assente ai monologhi del genio incompreso, il denominatore comune resta l’io al centro, che pretende comprensione senza offrirla, ascolto senza restituirlo.

Forse è proprio questo il destino delle canzoni: non restare mai ferme.

Passano da una lingua all’altra, cambiano voce, prospettiva, funzione. Si piegano ai codici del tempo e, nel farlo, ne rivelano le crepe. Ogni nuova rielaborazione è una domanda rivolta al presente: che cosa possiamo ancora dire dell’amore, della perdita, del ritorno?
E così, dalla pioggia sentimentale di Simon Butterfly al pudore filiale di Marie Laforêt, fino alla fermezza poetica di Marianna Toli, non assistiamo soltanto a un gioco musicale. Assistiamo alla riscrittura del linguaggio affettivo.
Non si può dire, al momento, molto di più: le fonti disponibili sulla genesi e la diffusione di Rain Rain Rain sono piuttosto lacunose. La stessa voce di Wikipedia si limita a riportare dati essenziali su autore, anno e adattamenti principali, senza approfondire le dinamiche editoriali o gli aspetti narrativi e poetici delle letture che ne sono derivate.
Cercando online, ci si può imbattere in molte altre versioni, persino in una in lingua tedesca dello stesso Simon Butterfly, coeva a quella inglese.

In fondo, si potrebbe dire che il brano originale sia la cover di se stessa, un paradosso che ne rivela la natura più autentica: non un testo, ma un’idea musicale in costante metamorfosi.

Tra gli altri testi in circolazione, si segnala quello cecoslovacco di Karol Duchon, Šiel šiel (si potrebbe tradurre con "se ne andò" o "partì"), che assume un'accezione quasi eroica, trasformando il lamento in un viaggio epico, solenne.
Poi c'è quello polacco di Lidia Stanisławska, Wiem wiem (un verbo che richiama Viens viens come la spagnola Ven ven, ma che si deve tradurre con "So so")  che si focalizza su una nuova introspezione.
Merita un cenno la turca di Füsun Önal, Gel gel, che ha un tono più leggero e quasi giocoso.
Infine,  la rielaborazione orchestrale di Paul Mauriat che, pur facendo a meno di un testo, veicola un'emozione profonda sottolineando, in fondo, la versatilità  e la forza intrinseca della melodia originaria.





Davide Dotto
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