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100 anni di Paul Newman: 6 film cult da (ri)vedere in streaming

100 anni di Paul Newman: 6 film cult da (ri)vedere in streaming

100 anni di Paul Newman: 6 film cult da (ri)vedere in streaming

Cinema Di Stefania Bergo. Un secolo dalla nascita di un'icona del cinema americano, Paul Newman, l'attore, regista e filantropo dagli occhi di ghiaccio diventati leggenda, che ha saputo unire carisma naturale e intensità interpretativa, creando personaggi indimenticabili: sei film cult che l'hanno consacrato a Hollywood da (ri)vedere in streaming.

Il 26 gennaio 2025 è stato il centenario dalla nascita di Paul Newman, attore, regista e filantropo tra i più amati e rispettati nella storia del cinema. Con i suoi occhi azzurro ghiaccio – freddi solo nel colore – diventati leggenda, Newman ha saputo unire carisma naturale e intensità interpretativa, creando personaggi complessi e indimenticabili.
A renderlo una figura unica non è stata solo la sua carriera artistica, ma anche l’impegno civile, la passione per le corse automobilistiche e le straordinarie iniziative benefiche legate alla sua azienda alimentare Newman’s Own, fondata da insieme a A.E. Hotchner nel 1982, i cui profitti vengono interamente destinati alla Newman's Own Foundation, che a sua volta utilizza i fondi per sostenere diverse iniziative benefiche, con un'attenzione particolare ai bambini – tra cui diverse organizzazioni in Italia, come Dynamo Camp.

A cent'anni dalla nascita, restano i suoi personaggi più iconici, i film cult che l'hanno consacrato a Hollywood.

Film che attraversano diversi generi e fasi della sua carriera, mostrando la versatilità e la profondità del suo talento – a dispetto dell'Academy che fu alquanto parca di riconoscimenti nei suoi confronti – il carisma che incolla allo schermo, così come il suo sguardo profondo, ribelle, sempre velato di malinconia. Resta il simbolo di una mascolinità che non seguiva le mode dell'industria cinematografica del suo tempo, di una bellezza raffinata che non aveva bisogno di sovrastrutture.
Molti sono i film – 56, realizzati tra il 1954 (Il calice d'argento, di Victor Saville) e il 2002 (Era mio padre, di Sam Mendes) – e i personaggi indimenticabili. Ne ho scelti sei, quelli che secondo me sono imprescindibili per ripercorrere la sua carriera, per chi lo vuole ricordare e per chi ancora non lo conosce.
Voi quale aggiungereste a questa lista?


La gatta sul tetto che scotta

La gatta sul tetto che scotta

Drammatico – USA 1958
Regia di Richard Brooks
Con Elizabeth Taylor, Paul Newman, Burl Ives, Jack Carson, Judith Anderson, Madeleine Sherwood, Larry Gates, Vaughn Taylor
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su Tim Vision
Tratto dall’omonima pièce di Tennessee Williams, che nel 1955 vinse il premio Pulitzer, questo dramma familiare, ambientato in una calda notte nel Mississippi degli anni '50, è uno dei primi grandi successi di Newman.
Il film segue la crisi personale e familiare di Brick Pollitt, che si ritrova confinato nella villa dei genitori con la moglie Maggie, soprannominata "la gatta", per celebrare il 65º compleanno del padre, Harvey "Big Daddy", malato terminale di cancro.

Senza dubbio, uno dei suoi film più famosi, un'interpretazione che gli è valsa la sua prima candidatura all'Oscar. Il suo ruolo di Brick Pollitt, ex campione sportivo tormentato e anaffettivo, lo consacra come uno degli attori più promettenti della nuova generazione hollywoodiana. Un personaggio intenso, in lotta coi suoi demoni, incoscientemente alla ricerca di una mano tesa per tenerlo a galla oltre il collo della bottiglia cui si attacca spesso e volentieri per evadere dalla realtà. Uno scontro col padre, cui più che rimproverare qualcosa teme di assomigliare, un muro costruito con la moglie, una splendida e appassionata Liz Taylor che malgrado il tetto rovente, perfetta allegoria di un matrimonio in crisi, resta arpionata a un amore cui non vuole rinunciare – la tensione emotiva tra Newman e Taylor è palpabile e indimenticabile.


Detective's Story

Detective's Story

Drammatico – USA 1966
Regia di Jack Smight
Con Paul Newman, Lauren Bacall, Julie Harris, Arthur Hill, Janet Leigh, Pamela Tiffin, Robert Wagner, Robert Webber, Shelley Winters
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su Chili
Tratto dal romanzo Bersaglio mobile (1949) di Ross Macdonald, uno dei più importanti autori del genere letterario hard boiled.
Elaine Sampson, ricca signora della buona società, incarica il detective Harper di ritrovare il marito scomparso, del quale sospetta il rapimento. Compare anche una richiesta di riscatto, però Harper capisce che è solo una messa in scena. Dopo molte e infruttuose ricerche che lo vedono coinvolto in strani incidenti, sempre salvato dall'avvocato di famiglia, scopre il cadavere di Sampson e smaschera il colpevole.

In questo noir moderno, Newman interpreta il detective privato Lew Harper, cinico, brillante e affascinante. Il personaggio, che richiama l’archetipo dell’investigatore hard-boiled alla Raymond Chandler, diventa uno dei suoi ruoli più amati negli anni ’60. Il successo fu tale da portare a un seguito nel 1975, Detective privato .


Nick mano fredda

Nick mano fredda

Drammatico – USA 1967
Regia di Stuart Rosenberg
Con Paul Newman, George Kennedy, J. D. Cannon, Lou Antonio, Robert Drivas, Strother Martin, Jo Van Fleet
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su Prime Video
Condannato a due anni di reclusione, e annessi lavori forzati, per aver distrutto da ubriaco una serie di parchimetri, il brillante Nick diviene un simbolo di ribellione e di antiautoritarismo, amato dai compagni e odiato dai guardiani. Sconfitto dalla vita – la donna che amava l'ha lasciato per un uomo ricco –, devastato dai lutti familiari – durante la prigionia la madre muore di cancro – e con niente da perdere, Nick tenta più volte la fuga.
Il secondo tentativo, in particolare, sembra andare a buon fine, tanto che Nick manda una sua foto, in compagnia di due avvenenti ragazze, agli ex amici detenuti – in realtà, solo un fotomontaggio per rallegrare i compagni. Nuovamente catturato, tenta la fuga una terza volta: questa volta, però, il tentativo si rivela fatale. Rimarrà comunque vivo nel ricordo ammirato dei compagni di pena.

Forse la performance più emblematica di Newman, che gli valse una candidatura all’Oscar. Luke Jackson, detenuto ribelle in un carcere del Sud degli Stati Uniti, è un simbolo di resistenza individuale contro l’autorità oppressiva. Il film è diventato un cult e Luke una figura iconica della cultura americana.


La stangata

La stangata

Drammatico – USA 1973
Regia di George Roy Hill
Con Paul Newman, Robert Redford, Robert Shaw, Charles Durning, Ray Walston, Eileen Brennan, Harold Gould
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su YouTube
Nel 1936, a Joliet (Illinois), il giovane truffatore Johnny Hooker assiste all’omicidio del suo amico e mentore Luther, ucciso per aver truffato il corriere del potente boss mafioso Doyle Lonnegan. In cerca di vendetta, Hooker si reca a Chicago e si allea con il leggendario imbroglione Henry Gondorff per organizzare una truffa colossale ai danni del boss.
I due mettono in piedi una finta bisca di scommesse su corse di cavalli, coinvolgendo un’intera squadra di complici. Dopo aver guadagnato la fiducia di Lonnegan con una partita di poker truccata, lo convincono a puntare 500.000 dollari sulla base di “soffiate” truccate sui risultati delle corse. Il colpo si conclude con un finto scontro a fuoco davanti agli occhi del boss, che fugge.

Dopo il successo di Butch Cassidy, la coppia Newman-Redford torna in questo capolavoro del cinema truffaldino ambientato negli anni '30. Newman è Henry Gondorff, un maestro della truffa che orchestra un inganno spettacolare. Il film, impeccabile per ritmo, ironia e costruzione narrativa, vinse 7 Oscar, tra cui miglior film, ed è considerato uno dei più raffinati esempi del genere.


Il verdetto

Il verdetto

Drammatico – USA 1982
Regia di Sidney Lumet
Con Paul Newman, Charlotte Rampling, Jack Warden, James Mason, Milo O'Shea
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su YouTube
Dramma giudiziario tratto dall'omonimo romanzo di Barry Reed, ottenne cinque candidature agli Oscar.
Frank Galvin, ex avvocato di successo ora alcolizzato, si ritrova tra le mani una causa complessa e assai importante in cui viene citato un famoso ospedale. Logica vorrebbe che Frank accettasse i 210.000 dollari di risarcimento che l'ospedale offre per patteggiare e non procedere in giudizio, ma la drammatica visione dello stato in cui versa la propria cliente, in coma a causa della gravissima negligenza dei medici, e il suo rinnovato spirito di rinascita umana e professionale, lo spingono ad affrontare la causa, anche contro la volontà dei familiari della stessa assistita. Dovrà resistere contro i colpi del celeberrimo avvocato dell'istituto sanitario, che lo priverà del principale consulente alla difesa e che corromperà una affascinante donna per spiarne le mosse.

In questa intensa pellicola giudiziaria, Newman interpreta Frank Galvin, un avvocato caduto in disgrazia che tenta il riscatto attraverso un caso impossibile. È una delle sue performance più mature e struggenti, che gli valse una delle sue nove candidature all’Oscar come attore protagonista – non vinse, ma in compenso gli fu consegnato il David di Donatello come miglior attore straniero.

Il colore dei soldi

Il colore dei soldi

Drammatico – USA 1986
Regia di Martin Scorsese
Con Paul Newman, Tom Cruise
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su YouTube
«Qui non si tratta di biliardo, non si tratta di sesso, né si tratta di amore, ma solo di soldi: insomma, il più bravo è solo quello che ha più soldi.»

Edward Felson, detto Eddy lo svelto, è ormai un ricco procacciatore di alcolici. Sono passati 20 anni dal suo burrascoso e tragico passato e non ha più interesse al tavolo da biliardo, si dedica alla vendita di whisky e alla sua relazione con Janelle.
Casualmente assiste a una partita del talentuoso Vincent Lauria contro Julian, il miglior giocatore della zona, e si riaccende in Eddie una fiamma mai spenta. Rivede nell'acerbo ragazzo se stesso da giovane: enorme potenzialità e stessa spocchia di essere in assoluto il più furbo, con le sue stesse sotterranee lacune psicologiche.
Eddie riesce a convincere il giovane e la sua ragazza Carmen a seguirlo in un giro del paese alla ricerca di polli da spennare. Così, anni dopo la sofferta separazione dal biliardo, i tre riprendono il giro di saloni nelle vicinanze.
Molte cose sono però cambiate nel tempo, anche il gioco, e molti dei trucchi di Eddie sono oramai conosciuti dalla maggior parte di quelli che intende truffare. In questo agrodolce tour attraverso alcuni stati americani, Eddie capisce ancora una volta e a proprie spese di non potersi mai fidare di nessuno.

Se Lo spaccone (1961) mostrava il giovane Eddie Felson alle prese con il biliardo e l’ambizione, Il colore dei soldi ci restituisce un Newman più disilluso ma ancora magnetico, nel ruolo dello stesso personaggio in età matura. Questa volta l’Oscar arriva davvero, come miglior attore protagonista, a coronare una carriera già leggendaria.




Stefania Bergo
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Squid Game: la  potente allegoria della società contemporanea

Squid Game: la potente allegoria della società contemporanea

Squid Game: la  potente allegoria della società contemporanea

Serie TV Di Angelo Gavagnin. Squid Game: disponibile su Netflix la terza e ultima stagione, ancora più violenta, irrazionale e disumana, potente allegoria dei meccanismi spietati che regolano la società contemporanea.

La terza e ultima stagione di Squid Game è uscita su Netflix il 27 giugno 2025in abbonamento sono disponibili tutte e tre le stagioni. Io le ho viste tutte e tre. La prima, una novità assoluta.
Tutti ormai sappiamo di cosa stiamo parlando: persone indebitate senza nessuna possibilità di pagare, che decidono (sono spinte), a mettere in gioco loro stesse, ciò che sono. La speranza e promessa è di un guadagno enorme e veloce, risolutore di tutti i problemi. Quello che non sanno fino all’inizio dei giochi, è che uno solo può vincere e tutti gli altri moriranno.
Naturale che questo scateni l’istinto di sopravvivenza e provochi inaudita violenza anche in chi non sospettava nemmeno di esserne capace.

Si vede subito che ci sono personaggi inclini al sotterfugio, abituati a mentire e a raggirare gli altri.

Infatti, all’inizio sono proprio i più buoni e umani che soccombono. Non avere la minima empatia nei riguardi di nessuno è una qualità che salva i peggiori durante i giochi.
Leggere i rapporti sociali con questo genere di lenti è davvero deprimente, ma forse, con meno violenza fisica e qualche regola che non possiamo certo superare, la tendenza nelle moderne società dei guadagni e dei consumi a ogni costo, è proprio questa. Non sono certo i più buoni a farcela, non c’è un’etica per cui se sei empatico, aiuti gli altri, ti comporti bene e sei incline a volere che il tuo prossimo sia felice quanto te, allora la tua vita sarà un successo e avrai tutto ciò che ti serve perché sei onesto. Purtroppo non è così. Raggiungere il successo è più facile per i cinici, quelli che possono anche truffare (nel senso più ampio del termine) senza sensi di colpa o semplicemente sfruttano l’umanità che hanno intorno.

Mors tua vita mea: in Squid Game ogni morte aumenta il montepremi ai sopravissuti.

È sconvolgente perché è così chiaro come non lo è mai stato, è la fine di ogni fiducia negli altri, anche i più buoni per sopravvivere devono adeguarsi alla cattiveria imposta come regola sociale di sopravivenza. Ogni partecipante si rende conto chiaramente che quelli che riescono a sopravvivere ai giochi sono i peggiori esseri che abbiano mai incontrato, loro hanno le qualità per vincere.

Come in tutte le fiabe, c’è sempre “uno sciocco” che ha la crisi di coscienza.

È il protagonista numero 456 Gi-Hun, che dopo aver vinto il premio in denaro alla prima stagione, decide di usarlo per rientrare nel gioco con l’intento di distruggerlo.
Non aggiungo altro perché si entra nella terza stagione che molti probabilmente ancora non hanno visto. Posso solo dire che, la terza e ultima stagione, è ancora più violenta delle due precedenti e che i protagonisti si trovano ad affrontare situazioni sempre più irrazionali e disumane.
L’orrore è nei giochi ma ancora di più in una società che li rende plausibili.

Squid Game è una potente allegoria dei meccanismi spietati che regolano la società contemporanea.

Dietro tutto ciò, ci sono solo dei ricchi annoiati e in cerca di emozioni forti che si possono comprare, che godono a vedere dei poveracci che calpestano i loro stessi principi per guadagnare tanti, tanti soldi: è ciò che hanno fatto da sempre, ma senza rischiare la loro vita.



Mi è capitato di fare la comparsa al trailer girato a Venezia in occasione dell'uscita della seconda stagione.

Comparse al trailer girato a Venezia in occasione dell'uscita della seconda stagione



Angelo Gavagnin
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I Linkin Park incendiano Milano: un ritorno emozionante all’I‑Days 2025

I Linkin Park incendiano Milano: un ritorno emozionante all’I‑Days 2025

I Linkin Park incendiano Milano: un ritorno emozionante all’I‑Days 2025

Musica Di Rosanna Costantino. Martedì 24 giugno, i Linkin Park sono tornati in Italia all’I-Days festival dopo otto lunghi anni, regalando a una folla di più di 78.000 fan un evento con un impatto emotivo molto intenso: un tributo al compianto Chester Bennington e alla band, proiettata al futuro con la voce di Emily Armstrong.

Martedì 24 giugno, l’Ippodromo Snai La Maura si è trasformato nel palcoscenico di un rito collettivo: i Linkin Park sono tornati in Italia, all’I-Days festival, dopo otto lunghi anni, regalando a una folla di più di 78.000 fan una performance memorabile. L’ultima volta della band californiana nel Bel Paese è stata il 17 giugno del 2017, a Monza, con il loro storico e compianto frontman Chester Bennington, che solo un mese dopo si è tolto la vita nella sua casa di Los Angeles a causa della depressione di cui soffriva da tempo.
Da quel momento in poi, la band scioccata, ha interrotto tour e produzione di dischi, prendendosi il tempo necessario per elaborare la perdita del loro amico e collega. Sono tornati insieme sul palco il 27 ottobre 2017 all'Hollywood Bowl per uno spettacolo tributo in sua memoria. Poi, per anni, non si è mai parlato ufficialmente di un ritorno, solo sporadiche dichiarazioni che lasciavano intendere ancora tanta confusione.


Nell'ultimo anno, voci sempre più insistenti si sono rincorse intorno alla scelta di un nuovo frontman, fino all’annuncio a sorpresa di un misterioso countdown nell’autunno del 2024.

Conto alla rovescia che ha svelato una data misteriosa, 9 settembre 2024, giorno del ritorno dei nuovi Linkin Park al Kia Forum, che tra le note di un pezzo nuovo di zecca dal titolo The Emptiness Machine, ha presentato la formazione con Emily Armstrong (già cantante dei Dead Sara), Colin Brittain alla batteria al posto di Ron Bourdon e Alex Feder alla chitarra in sostituzione di Brad Delson nei live. Oltre agli storici Mike Shinoda (rapper e polistrumentista), Joe Hahn (DJ) e Dave Farrell (al basso). A conclusione, è stata annunciata l’uscita del nuovo album dal titolo From Zero, come il primo nome della band (Xero) e come la volontà di ripartire in qualche modo “da zero”, in termini di rinascita spirituale dopo uno stop così tragico.

© Rosanna Costantino

Il live di Milano ha registrato il sold‑out in soli 72 ore dall’apertura delle vendite, prova di quanto l’interesse e la passione per la band siano ancora vivi e radicati.

Il giorno prima del live di Milano è stato organizzato un evento pop-up chiamato “Linkin Pizza”, nella pizzeria Da Zero – non a caso come il titolo dell’album. Nello speciale menù preparato appositamente per l’occasione, pizze dai nomi che richiamavano la loro discografia e merchandising a tema, come magliette e cappelli. I più fortunati, tra i tanti partecipanti accorsi, hanno potuto anche salutare la band che, a sorpresa, è passata per assaporare le specialità e firmare autografi.

Al festival, oltre ai Linkin Park, gruppo di punta della serata, si sono esibiti il rapper statunitense JPEGMAFIA, il gruppo emo-rock Jimmy Eat World e la band metalcore canadese Spiritbox.

Artisti che hanno preparato il terreno alle oltre due ore di esibizione dei sei californiani, tra vecchi successi – tra cui Somewhere I Belong, Numb, Crawling, Waiting For The End, Faint, A Place For My Head e l’immancabile In The End – e nuove hit tratte dall’album From Zero, come la già citata The Emptiness Machine, l’esplosiva Two Faced, Stained, Heavy is The Crown, Up From the Bottom e Cut the Bridge, solo per citarne alcune. Poco prima che partisse l’intro costruito con una versione remixata di Castle Of Glass, un countdown ha accompagnato un pubblico fremente.

Come successo anche in altri Paesi, durante i tre minuti precedenti all’esplosione iniziale, hanno sparato dalle casse una canzone legata alla nazione che li ha ospitati.

Nel nostro caso è stata scelta La Solitudine, vecchio successo di Laura Pausini, tra lo stupore di alcuni e il divertimento di molti. Tutti hanno intonato quelle note, come un rito di liberazione dalla tensione pre-concerto. Impossibile non pensare al post, con tanto di foto, che l’artista nostrana ha scritto per Chester il giorno dopo la sua morte: “Quando ho conosciuto Chester mi ha sorriso così. Come in questa foto. Ci siamo parlati a lungo e ricordo che mi sorprese con la sua dolcezza. Dietro ad un gesto così estremo chissà quali tormenti nascondeva… sono molto dispiaciuta per questa perdita… Prego per la sua famiglia. Buon Viaggio Chester Bennington”.
A metà concerto, Mike è sceso tra il pubblico a stringere mani e a salutare. A un certo punto si è fermato davanti a una ragazza alle transenne e le ha regalato il cappello che aveva in testa autografato da tutta la band, uUn gesto simbolico di affetto e riconoscenza per il sostegno ricevuto in tutti questi anni. Emily ha cantato Lost in versione lenta come un tributo a Chester e quando il pubblico le ha cantato "sei bellissima", lei ha sorriso imbarazzata e contenta pur non avendo capito bene cosa significasse.


In generale, tutto l’evento ha avuto un impatto emotivo molto intenso.

Tra chi li ha visti per la prima volta e chi aveva già vissuto quell’esperienza, tutti hanno cantato a squarciagola canzoni legate a particolari esperienze di una vita o a ricordi indimenticabili. Brani che negli ultimi otto anni si temeva non potessero essere più cantati in un contesto live. La scomparsa di Chester Bennington ha lasciato uno vuoto troppo grande e troppo difficile da archiviare, ma quel rito collettivo ha creato una sorta di ponte tra passato e futuro, dove il presente è forse un po’ meno desolante e triste, ma ricco di gratitudine. Energia, ricordi e novità. Un modo per dire: “Dopo 25 anni, queste canzoni esistono e sono più che mai attuali e, nello stesso tempo, sono entrate a far parte della storia della musica”.

È stato un tributo alla carriera dei Linkin Park e il consolidamento del legame speciale con il pubblico italiano.

Un coro unanime che ha cantato anche per Chester, il grande assente, con le mani rivolte al cielo, e anche per quei fan per i quali è ancora troppo difficile ascoltare una voce diversa dalla sua sulle canzoni storiche. È stato come rivivere un pezzo della propria adolescenza o giovinezza, che però continua a riflettersi nella quotidianità, poiché non sono canzoni archiviate, ma presenti ancora nelle playlist attuali.


Il concerto ha dimostrato che i Linkin Park non sono affatto un’operazione nostalgia, ma sono una band che vive e produce ancora hit di successo fatte col cuore, che riesce a portare avanti una importante eredità storica e a proiettarsi con creatività nel domani.

Mike Shinoda, colui che ha gettato le prime basi della band nel lontano 1996, durante la serata ha ringraziato i presenti per aver accolto la nuova cantante Emily Armstrong e il nuovo batterista Colin Brittain con affetto e apertura mentale nella famiglia. Perché si può rinascere sempre, anche quando la vita sembra toglierti ogni speranza e prospettiva. E perché accogliere il nuovo non significa archiviare il passato – una cosa non esclude l’altra – ma vuol dire darsi una seconda possibilità, onorare un amore consolidato mentre si fa spazio a esperienze diverse. Significa poter ancora provare quei brividi che fanno sentire vivi e parte di una comunità.

© Rosanna Costantino

Ogni soldier – così si chiamano i fan dei Linkin Park – a modo suo impara giorno dopo giorno a vivere senza Chester.

E ciò può avvenire in tanti modi, anche partecipando a un concerto della sua band senza di lui. Tutto è lecito e non c’è una strada più giusta dell’altra, purché non si abbia la tendenza alla distruzione che, forse, può risultare la più facile, ma in verità non porta lontano. Costruire e rimanere positivi, invece, può aiutare a sopportare un po’ di più il dolore e a coltivare meglio la gratitudine. I Linkin Park hanno ancora molto da dire e lo scopriremo nei mesi a venire.
Il prossimo appuntamento con i fan italiani è per l’anno 2026, venerdì 26 giugno alla Visarno Arena di Firenze.



Rosanna Costantino
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Dove osano le cicogne e Joy: due film sulla fecondazione assistita

Dove osano le cicogne e Joy: due film sulla fecondazione assistita

Dove osano le cicogne e Joy: due film sulla fecondazione assistita

Cinema Di Elena Genero Santoro. Dove osano le cicogne e Joy, due film sulla fecondazione assistita disponibili su Netflix: una commedia sulla maternità surrogata e un biopic sulla sperimentazione pionieristica che ha portato alla prima bambina concepita in vitro.

Angelo Pintus e la moglie Michela hanno penato a lungo per mettere al mondo il figlio Rafael con l’aiuto della fecondazione assistita. Da questa esperienza complessa e impegnativa, senz’altro dolorosa anche se conclusasi con un lieto fine, è nato il film Dove osano le cicognedisponibile in abbonamento su Netflix – in cui Angelo Pintus, che non si è neppure cambiato il nome, porta in scena una storia di procreazione difficile. Lui e la moglie "fittizia" Marta non riescono a concepire per vie naturali, in parte per l’età, ma soprattutto perché lei soffre di una forma invasiva di endometriosi. Così, consigliati dall’amico Andrea, si rivolgono a una clinica privata spagnola dove viene proposta loro la maternità surrogata.

Dove osano le cicogne
Dove osano le cicogne e Joy: due film sulla fecondazione assistita

Dove osano le cicogne

REGIA Fausto Brizzi
SCENEGGIATURA Gianluca Belardi, Fausto Brizzi, Herbert Simone Paragnani, Angelo Pintus
PRODUZIONE | PRODUTTORE PiperFilm, Lovit, Netflix Studios, Tramp Ltd.
DISTRIBUZIONE PiperFilm
MUSICHE Andrea Bonini
FOTOGRAFIA Marcello Montarsi
ANNO 2025
CAST Angelo Pintus, Marta Zoboli, Beatrice Arnera, Andrea Perroni, Tullio Solenghi, Maria Amelia Monti, Imma Piro, Antonio Catania


C’è una volontaria, Luz, che, pur di trasferirsi in Italia, metterà al mondo, “in forma gratuita”, l’embrione concepito in vitro e biologicamente figlio di Angelo e Marta.

Pur sapendo di violare la legge (la maternità surrogata in Italia è un reato universale), Angelo e Marta accettano. Il concepimento va a buon fine e la coppia torna a casa portandosi dietro Luz. Da quel momento Angelo e Marta devono mettere in atto mille strategie per garantire il parto senza destare sospetti; fingono la gravidanza di Marta comprando protesi di silicone, mentono a tutti, anche al padre di Marta, un carabiniere in pensione sospettoso e pignolo che ricorda Robert De Niro quando si accanisce con Ben Stiller in Ti presento i miei.

La commedia ha un ritmo serrato, tante gag e un tono leggero.

Si ride molto mentre un paio di concetti traspaiono in controluce: avere un figlio per vie non naturali (e in questo caso pure illegali) è un affare costosissimo, infatti i Pintus iniziano a tirare fuori migliaia di euro da quando Luz sale in aereo e pretende la prima classe e continuano fino a corrompere la Doula (Maria Amelia Monti) incaricata di seguire il parto.
E poi, che avere un figlio è un desiderio talmente potente e doloroso da far passare sopra ogni scrupolo morale e legale.
Si arriva a un finale molto più politicamente corretto di quanto atteso, ma balzando tra mille situazioni contorte, battute al vetriolo e qualche colpo di scena. Alla fine il ritmo del film la fa da padrone e l’ora e mezza di pellicola si fa bere come gazzosa.

Rimane la domanda: cosa sareste disposti a fare per avere un figlio? Anche a violare la legge?

I Pintus del film non prendono nemmeno in considerazione altre forme di genitorialità, l’adozione, l’affido; il desiderio struggente che li consuma è quello di avere un bambino tutto loro.
Oggi ci domandiamo se la gestazione per altri sia moralmente accettabile o meno, se sia il reato universale che lo stato italiano cerca di combattere in ogni modo o se, sotto certe condizioni, possa essere anche un gesto di solidarietà o di amore. Siamo tutti d’accordo che se parliamo di posti come l’India, dove le donne partoriscono figli per altri nove volte in nove anni per morire di consunzione prima di arrivare ai trent’anni, stiamo parlando di sfruttamento, abominio e messa al mondo di neonati a fini di lucro. Ma le situazioni intermedie sono tantissime. La prima volta che ho letto, tanti anni fa e in tempi non sospetti, di una nonna che partoriva il nipote per la figlia e il genero, forse in America, ho pensato che fosse una cosa bella. Che io per mia sorella un figlio lo avrei fatto, se fossi stata nelle condizioni fisiche adeguate.

Quindi il dibattito è tutto meno che chiuso.

Più la scienza va avanti, più si aprono possibilità e più le domande di cosa sia lecito fare si infittiscono.
In realtà, forme di maternità surrogata ante litteram sono sempre esistite. È sempre accaduto che, se la “signora” di casa non riusciva a concepire, il padrone mettesse incinta una servetta e si tenesse il bambino. E chissà se la servetta era consenziente.
Poi però è stata inventata la fecondazione in vitro e anche le modalità di concepimento si sono evolute.



Il secondo film che mi è capitato di guardare di recente è Joy, che a dispetto del nome, gioia, ha un tono tristissimo.

Louise Joy Brown, nata nel 1978, è la prima bambina concepita in provetta nel Regno Unito. Prima di arrivare a lei, due medici e un’infermiera hanno sperimentato per almeno tre lustri, con errori, speranze infrante, pochi finanziamenti, opinione pubblica contraria, chiesa ostile.
Loro erano Robert Geoffrey Edwards, Patrick Steptoe e Jean Purdy e Joy racconta la loro storia, specialmente quella di Jean Purdy, che come infermiera non aveva titoli ufficiali per ricevere dei riconoscimenti accademici, ma che ha avuto dei tributi postumi.
Joydisponibile in abbonamento su Netflix – inizia negli anni sessanta, con un giovane ed entusiasta Edwards che assume Jean Purdy come assistente e coinvolge l’anziano Steptoe, ginecologo pioniere della laparoscopia, nella sua sperimentazione. Sappiamo che la storia finisce in gloria, che Edwards ricevette il nobel nel 2010 per il suo contributo alla medicina, e solo lui perché era l’unico ancora in vita, e che grazie al lavoro dei tre sperimentatori sono nati milioni di bambini che diversamente non avrebbero mai visto la luce, ma il film Joy narra gli anni precedenti, quelli in cui non vi era certezza del risultato, quelli fatti di cadute, di sogni infranti, di fallimenti, di voglia di arrendersi.

Joy
Dove osano le cicogne e Joy: due film sulla fecondazione assistita

Joy

REGIA Ben Taylor
SOGGETTO Rachel Mason, Jack Thorne, Emma Gordon, Shaun Topp
PRODUZIONE | PRODUTTORE Pathé, Pathe UK, Wildgaze Films
DISTRIBUZIONE Netflix
MUSICHE Steven Price
FOTOGRAFIA Jamie Cairney
ANNO 2024
CAST Thomasin McKenzie, James Norton e Bill Nighy


Joy narra soprattutto la storia di Jean Purdy, dei suoi scrupoli morali.

Lei era cristiana, appartiene alla comunità che ruota intorno alla chiesa, sua madre è molto devota e la allontana quando lei inizia a sperimentare sugli embrioni. Gli amici le voltano le spalle, il prete le dice che può tornare se si pente. Ma lei non vuole pentirsi. Jean Purdy rimane sola, prosegue la sua attività anche se alcune cose non le piacciono: i suoi colleghi praticano pure gli aborti e per lei, cristiana, non è una bella cosa, il dubbio di coscienza la attanaglia, ma va avanti. Rimane, con una missione: aiutare le donne che desiderano un figlio e che non possono averlo. Lo fa anche perché sa di non poter diventare madre: soffre di una grave forma di endometriosi e non concepirà mai.

Jean Purdy si impegna per le altre, perché quelle come lei possano realizzare il loro sogno.

Non solo svolge il lavoro pratico con gli embrioni, ma anche quello umano con le aspiranti mamme. Le accompagna, rende il loro percorso meno gravoso, le sorregge mentre deve distruggere le loro speranze perché gli esiti delle terapie non sono quelli attesi o perché il bambino che portano in grembo non nascerà.
Jean Purdy, la cui storia è diventata nota solo di recente, si è immolata per le donne, per la fecondazione in vitro, per la scienza. Ha donato la sua vita, con molto amore. Morirà a soli trentanove anni per un cancro, dopo aver lasciato un segno indelebile nella storia della maternità assistita.




Elena Genero Santoro
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Cinema Di Lara Zavatteri. Napoli-New York, l'ultimo film di Gabriele Salvatores, ora disponibile in streaming. Da un soggetto mai realizzato di Federico Fellini e Tullio Pinelli, un'opera sull'amicizia e la generosità, uno sguardo fiabesco sulla condizione dei migranti italiani di inizio '900.

Per chi l'ha perso al cinema, Napoli-New York, del regista premio Oscar Gabriele Salvatores, uscito nelle sale nel 2024, è ora in streaming su diverse piattaforme, ad esempio in abbonamento su Sky o disponibile per l'acquisto e il noleggio su Amazon Prime Video e TIM Vision. Una storia che parla di disperazione, ma anche della forza dell’amicizia e dei buoni sentimenti.

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Napoli-New York: un viaggio clandestino verso l'America.

Protagonista è una bambina, Celestina, che nella Napoli del 1949 perde tutto. L’improvviso scoppio di una bomba la lascia senza casa e, già orfana, anche senza la zia.
Nei vicoli della città si aggirano anche i "paisà", giovani orfani che lottano ogni giorno per la sopravvivenza. Uno è Carmine, amico di Celestina, un ragazzino anche lui alle prese con le difficoltà di ogni giorno, prima fra tutte quella di poter avere qualcosa da mettere sotto i denti.
Sarà proprio Carmine a ritrovare Celestina. La loro amicizia permetterà ai due di affrontare una grande avventura, seppur tra diverse difficoltà.
Carmine, infatti, conosce il cuoco afroamericano che lavora su una nave che salpa per l’America, ma sarà Celestina, con un pizzico di astuzia, a far sì che i due bambini salgano sulla nave clandestinamente. Scoperti poco dopo la partenza, vengono presi sotto l’ala burbera ma dal cuore buono del commissario di bordo, Domenico Garofalo (Pierfrancesco Favino).

Napoli-New York
Napoli-New York, l'ultimo film di Gabriele Salvatores, ora disponibile in streaming

Napoli-New York

REGIA Gabriele Salvatores
SOGGETTO Federico Fellini, Tullio Pinelli
SCENEGGIATURA Gabriele Salvatores
PRODUTTORE/PRODUZIONE Paco Cinematografica, Rai Cinema
DISTRIBUZIONE 01 Distribution
MUSICHE Federico De Robertis
FOTOGRAFIA Diego Indraccolo
ANNO 2024
CAST Pierfrancesco Favino, Dea Lanzaro, Antonio Guerra, Omar Benson Miller, Anna Ammirati, Anna Lucia Pierro, Tomas Arana

Carmine e Celestina osservano da vicino le dure condizioni degli emigranti italiani a bordo.

Tra miseria e speranza, affrontano il disprezzo di chi li esamina a Ellis Island prima del loro ingresso negli Stati Uniti.
Giunti a New York, però, i due bambini si perdono per una pura casualità.
Celestina cerca la sorella Agnese, unica sua parente, mentre Carmine, per ritrovare la sua amica, si rivolge a Garofalo.
I bambini si ricongiungono e scoprono che Agnese è in galera per aver ucciso un uomo. Ma grazie all’attenzione della stampa sulla storia di Celestina, nasceranno comitati di donne a sostegno di Agnese, che otterrà una riduzione della pena e alla fine potrà riabbracciare la sorellina.
Garofalo, che con la moglie non ha potuto avere figli, chiede ai bambini di poterli adottare. Ma Carmine – senza che vi sveli il perché, il finale è troppo bello – rifiuta la proposta.

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Napoli-New York di Gabriele Salvatores è un’opera intensa sull’amicizia e sulla generosità.

Un’opera intensa che racconta le difficoltà dei bambini, ma anche la forza della loro amicizia, capace di guidarli verso un lieto fine. Un racconto di buoni sentimenti, incarnati da Garofalo e dal cuoco di bordo, sempre pronti ad aiutarli.
Il riferimento al mondo delle favole non è casuale, perché per Napoli-New York Salvatores sceglie apertamente un tono fiabesco, attingendo anche alla letteratura "per ragazzi", da Dickens a Stevenson a Salgari, nonché partendo da un soggetto mai realizzato di Federico Fellini e Tullio Pinelli e trasformandolo personalmente in sceneggiatura. Recensione di Paola Casella
E tu, hai visto Napoli-New York? Cosa ne pensi di questa storia di amicizia e speranza?





Lara Zavatteri

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Il caso di Laci Peterson, una mini docuserie  Netflix

Il caso di Laci Peterson, una mini docuserie Netflix

Il caso di Laci Peterson, una mini docuserie  Netflix

Serie TV Di Elena Genero Santoro. Il caso di Laci Peterson, una docuserie Netflix in tre episodi ispirata a un caso di omicidio del 2002: la vittima e il mostro dall'atteggiamento mite e cordiale che potrebbe essere il nostro vicino di casa, quello gentile che salutava sempre.

Avete presente l'omicidio di Giulia Tramontano che tanto ha sconvolto l'opinione pubblica? Una donna incinta, in fase avanzata della gravidanza, uccisa dal compagno nonché padre del bambino. Nel raccontare la vicenda si sono scomodate tutte le teorie, si è menzionato il patriarcato, gli abusi domestici, la cattiva educazione dei giovani d'oggi (e dove andremo a finire), finché i criminologi non hanno sentenziato che la misoginia in questa vicenda c'entra poco o nulla. Alessandro Impagnatiello, condannato all'ergastolo, è semplicemente uno psicopatico, un narcisista maligno con una carenza strutturale di empatia che si è macchiato di un duplice omicidio per futili motivi: non voleva più quel bambino e nemmeno quella fidanzata (Roberta Bruzzone gli ha dedicato due puntante nella sua serie Nella mente di Narciso, disponibile su Rai Play).

Il caso di Laci Peterson è una mini docuserie Netflix in tre episodi su un caso di omicidio del 2002 simile a quello di Giulia Tramontano.

Laci Peterson, una ragazza solare e piena di amici, era una giovane sposa incinta all'ottavo mese che la sera della vigilia di Natale 2002 è scomparsa nel nulla a Modesto, in California, dove viveva. Il marito, Scott, di ritorno da una giornata in barca, non l'ha trovata a casa, quindi ha chiamato la suocera chiedendo se la giovane fosse da lei e, appreso che non c'era, ne ha denunciato la sparizione. Ma appena gli investigatori hanno iniziato a scavare, è emersa una verità agghiacciante: il responsabile della scomparsa era proprio il marito. E quando, qualche settimana dopo, il corpo della donna e del piccolo Conner che portava in grembo sono riemersi dalle acque, l'accusa è diventata di duplice omicidio.

Le analogie con il caso di Giulia Tramontano, accaduto in Italia due decenni dopo, sono davvero notevoli.

La gravidanza in stato avanzato, il compagno che commette il reato e poi lancia l'allarme dopo aver cercato di occultare goffamente il corpo senza riuscirci. La presenza di una amante inconsapevole, con cui l'assassino intratteneva una relazione parallela basata sulla menzogna. Guardare il documentario su Laci Peterson mi ha fatto rivivere i momenti di cronaca intorno alla scomparsa di Giulia Tramontano. La dinamica delle due storie corre in parallelo.

Scott Peterson era un ragazzo brillante, dallo sguardo sornione.

Uno di quelli che piacevano proprio a tutti. Laci era davvero innamorata di lui. Le amiche di Laci, che testimoniano nel documentario, non riportano di abusi subiti dalla vittima durante il matrimonio o di episodi spiacevoli che potrebbero far pensare a Scott come a un misogino, o a un soggetto manipolatore che inducesse Laci a fare cose che lei non voleva. Laci era felice con Scott. Se Scott fosse stato geloso o controllante, non è dato di sapere, ma da quel che viene detto nei tre episodi, non sembrerebbe affatto. Questo però, oggi come oggi, possono saperlo solo Laci e Scott. Scott piaceva anche molto alla madre di Laci, aveva conquistato tutta la famiglia. La madre di Laci era tranquilla: vedeva la figlia contenta ed era serena anche lei. Non riporta, nelle sue testimonianze, campanelli d'allarme che le avrebbero fatto prevedere un tale epilogo.

Poco prima di scomparire, però, Laci si lamenta con le amiche perché il marito le pare un po' distaccato. Distacco: questa è la parola chiave.

La famiglia di origine di Scott ancora crede nella sua innocenza. Sarebbe troppo doloroso per le sue sorelle e le sue cognate ammettere che la realtà giudiziaria non è derivata da un malinteso.
Cosa porta dunque un uomo ben voluto a commettere un crimine tanto deprecabile?
Termini come "narcisismo" e "psicopatia" nella miniserie Netflix non vengono menzionati mai.
Eppure Scott viene inchiodato proprio per una mancanza strutturale di empatia che emerge man mano che passano i giorni e viene notata e sottolineata dagli investigatori nella docuserie. Il motivo per cui i detective si concentrano su di lui è perché, di fronte alla scomparsa della moglie, lo vedono prima impassibile, poi privo di qualunque angoscia e infine disinteressato. Distaccato, appunto.

Non è solo una questione di atteggiamento, di manifestazione o meno delle emozioni.

Scott viene tradito da ciò che fa: riempie la camera del nascituro di paccottiglia sua. Gli oggetti di Laci vengono buttati. Lui è pronto per vendere la casa. Insomma, Scott Peterson non prova sentimenti e non riesce neppure a fingere di provarne. Nelle sue azioni si legge in trasparenza tutto il disinteresse per la famiglia che si stava creando.
Inoltre, ha una presunzione di sé scollata con la realtà dei fatti. Intimamente è convinto di poter ricominciare una vita altrove, appena calmate le acque. Crede che presto polizia e giornalisti si dimentichino semplicemente della scomparsa di Laci, come se questo fosse possibile.

La sua supponenza traspare anche dagli errori grossolani che commette nell'organizzare l'omicidio.

Non mette in conto che qualcuno possa notare le sue incongruenze e le strane coincidenze verificatesi durante i giorni precedenti. La sua tracotanza lo acceca. E per questo cade e viene catturato.
La pianificazione dell'omicidio è anche un elemento chiaro che lo rende degno compare di Impagnatiello. Un omicidio compiuto senza rabbia, non d'impeto o al culmine di una lite (che non sarebbe una giustificazione, ma solo il sintomo di un altro tipo di problema), ma come mezzo per disfarsi di quello che da Scott/Alessandro viene vissuto come un impiccio, un fastidio. Il che è un tratto tipico di chi viene definito "psicopatico" dai criminologi. Un vero mostro, dall'atteggiamento mite e cordiale, che potrebbe essere il nostro vicino di casa, quello gentile che salutava sempre.
Scott Peterson è stato condannato a morte in prima battuta, in seguito la pena è stata commutata in ergastolo. Sulla base di quanto indicato nel documentario, per un uomo del genere non pare possibile alcuna possibilità di recupero morale. Se il modo in cui Scott Peterson è stato rappresentato corrisponde al vero, spero che non esca mai più di prigione.


Elena Genero Santoro
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Cinema: 3 film cult tornano nelle sale a primavera

Cinema: 3 film cult tornano nelle sale a primavera

Cinema: 3 film cult tornano nelle sale a primavera

Cinema Di Stefania Bergo. A primavera, tre film cult tornano al cinema rimasterizzati in 4K: Amadeus di Milos Forman, Taxi Driver di Martin Scorsese e Blade Runner di Ridley Scott.

Tra marzo e aprile tornano al cinema tre film da Oscar, capolavori indimenticabili degli anni '70 e '80. Si tratta di Amadeus di Milos Forman, del 1984, rimasterizzato in 4k, del capolavoro del 1976 di Martin Scorsese, Taxi Driver, che a quasi cinquant’anni dall’uscita torna sul grande schermo anch'esso in una straordinaria versione restaurata solo il 31 marzo e l'1 e il 2 aprile, e Blade Runner di Ridley Scot del 1982, la cui uscita è collocata tra il 24 marzo e il 14 aprile.
Tutti e tre i film sono disponibili anche in streaming, ma per gustare appieno simili capolavori lo schermo e l'impianto audio di una sala cinematografica sono decisamente i supporti mgliori. Non trovate?
Buona visione #soloalcinema!


AMADEUS

AMADEUS

In uscita 24 marzo
Drammatico – USA 1984
Regia di Milos Forman
Con Tom Hulce, F. Murray Abraham, Roy Dotrice, Elizabeth Berridge
Distribuito da Lucky Red

«Si, è vero, sono volgare, ma vi garantisco che la mia musica non lo è.»
Intelligente e ricercatissimo film insignito di 8 premi Oscar. Nella Vienna gaia e libertina del '700 il giovane Wolfgang Amadeus Mozart (Hulce), sboccato, gaudente e volgare, incanta con l'originalità e la grandezza della sua musica la corte illuminata di Giuseppe II.
Nella Vienna gaia e libertina del '700 il giovane Wolfgang Amadeus Mozart (Hulce), sboccato, gaudente e volgare, incanta con l'originalità e la grandezza della sua musica la corte illuminata di Giuseppe II. Antonio Salieri (Abraham), il musicista di corte, disprezza Mozart pur riconoscendone il genio, lo invidia e giunge ad odiarlo, consapevole di essere destinato a rimanere un mediocre e a venire dimenticato. Mozart morirà giovane, ma diverrà immortale.
Squisito, intelligente, ricercatissimo film, girato da Forman nella sua Praga e insignito di ben otto premi Oscar, tra i quali: allo strepitoso Abraham, al film, al regista, alla sceneggiatura e all'art direction.

«Amadeus, il grandioso capolavoro diretto nel 1984 dal regista ceco Milos Forman (Qualcuno volò sul nido del cuculo), non si pone l'obiettivo di raccontare una semplice biografia di questo leggendario personaggio, né tantomeno quello di ricostruire con intento documentaristico gli ultimi anni della sua vita. Al contrario, il film prende spunto dagli oscuri retroscena legati alla morte di Mozart per delineare un indimenticabile ritratto dell'uomo che con la sua musica seppe incantare il mondo intero e del suo acerrimo avversario, Antonio Salieri, affascinato ed al tempo stesso infuriato di fronte all'inarrivabile talento del suo giovane collega.»
Stefano Lo Verme


TAXI DRIVER

TAXI DRIVER

Solo il 31 marzo | 1 e 2 aprile
Drammatico – USA 1976
Regia di Martin Scorsese
Con Jodie Foster, Robert De Niro, Cybill Shepherd, Peter Boyle, Harvey Keitel
Distribuito da Nexo Studios

«Ma dici a me? Ma dici a me? Ma dici a me? Ehi, con chi stai parland? Dici a me? Eh, non ci sono che io qui...»
Un inossidabile monumento al cinema attraverso una claustrofobica discesa nel baratro della solitudine. Un tassista newyorkese reduce dal Vietnam è innamorato della segretaria di un uomo politico che riesce a strappargliela.
Psicodramma intimistico, spaccato del lato oscuro degli anni '70, vivido ritratto della decadenza americana post-Vietnam: Scorsese filtra Schrader, soggettista e sceneggiatore, e il risultato è un pilastro della storia del cinema moderno. New York: Travis Bickle, veterano del Vietnam in congedo, soffre d'insonnia e decide di impegnare le proprie notti facendo il tassista. Completamente disadattato ma idealista alla ricerca di uno scopo, l'uomo si invaghirà di una ragazza e le chiederà di uscire. Quando le cose tra i due andranno storte, Travis, definitivamente disilluso riguardo la società, si chiuderà in se stesso.

«Le confuse luci di New York filtrate da un parabrezza bagnato, fumose atmosfere dai sapori jazz: su inquietanti interrogativi, apertura e chiusura si ricongiungono, a serrare il cerchio tracciato da Scorsese. L'opera, presente come poche nella memoria collettiva grazie anche ad un grandissimo De Niro, è un inossidabile monumento al cinema.»
Giovanni Idili


BLADE RUNNER

BLADE RUNNER

In uscita 24 marzo | 14 aprile
Fantascienza – USA 1982
Regia di Ridley Scott
Con Harrison Ford, Rutger Hauer, Sean Young, Edward James Olmos
Distribuito da Lucky Red

«Ho visto cose che voi esseri umani non sapreste nemmeno immaginare.»
Un capolavoro della storia del cinema, dove ogni elemento ha saputo comporre lo scenario di un futuro inquietante perché plausibile, dove la tecnologia non è disumana ma troppo umana. In una Los Angeles piovosa e sovrappopolata, il poliziotto Deckard (Harrison Ford), dell'unità Blade Runner, viene richiamato in servizio
Nella Los Angeles del futuro, Deckard è un cacciatore di replicanti o lavori in pelle come li chiama con disprezzo il suo capo. Vorrebbe ritirarsi dal suo lavoro per la blade runner, ma gli affidano un ultimo compito, quattro modelli nexus-6 fuggiti dalle colonie spaziali e arrivati sulla Terra, con pochi giorni di vita rimasti prima della loro scadenza, che scatta dopo quattro anni di esistenza. Deckard sa riconoscere i replicanti grazie al test Voight-Kampff, che valuta le reazioni emotive di fronte a domande provocatorie, e il loro creatore, il capo della Tyrell corporation, lo mette alla prova con una replicante speciale, che non sa di esserlo, Rachel. Lei, sconvolta dalla verità, cercherà Deckard, che decide di proteggerla e non "ritirarla", perché sogna che al termine della sua missione potrà vivere in pace con lei.

«Fantascienza, noir, visionario come un fumetto di Moebius e attraversato dal dubbio ontologico riguardo la realtà e l'identità caratteristico di Philip K. Dick, questi i quattro elementi cui si aggiunge la quintessenza della regia di Scott, della musica di Vangelis e degli effetti speciali di Trumbull, che fanno di Blade Runner un capolavoro della storia del cinema.»
Andrea Fornasiero



Credits: www.mymovies.it



Stefania Bergo
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