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Recensione: Il pappagallo muto, di Maurizio De Giovanni

Recensione: Il pappagallo muto, di Maurizio De Giovanni

Recensione: Il pappagallo muto, di Maurizio De Giovanni

Libri Recensione di Davide Dotto. Il pappagallo muto. Una storia di Sara di Maurizio De Giovanni (Rizzoli). Il giallo nell'era dell'IA e la rivincita dell'intuizione: non soltanto un gioco logico, ma luogo in cui la letteratura custodisce la dimensione umana dell’indagine.

Da qualche anno il romanzo giallo sta affrontando più di una sfida per restare al passo con i cambiamenti.
Se esiste un “canone”, alcuni aspetti necessitano di un aggiornamento – non solo sul piano della scrittura. Più di un autore se ne è accorto.
Alcuni tratti non reggono il confronto con il presente: non basta più immaginare indagini condotte tra bistrot parigini, pipe fumanti e appostamenti alla Maigret. A meno di ambientare la vicenda in un’epoca passata (anni Ottanta, Novanta o primi Duemila), i nostri anni Venti – e i prossimi Trenta – pongono domande nuove.

Come si conduce un’indagine quando la tecnologia digitale sembra promettere soluzioni istantanee, scandagliando dati e connessioni in pochi secondi, quando tecnici informatici offrono risposte immediate senza muoversi dalla sedia – salvo rocambolesche irruzioni da serie TV come Criminal Minds – mentre ogni dettaglio della vita quotidiana viene archiviato con precisione maniacale?

Il racconto poliziesco deve reinventarsi, e fare del conflitto tra algoritmo e intuizione il suo nuovo motore narrativo.
Ed è proprio su questo che riflette Il pappagallo muto, la settima indagine di Sara Morozzi.
Comparsa per la prima volta nella raccolta Sbirre, Sara porta con sé un passato segnato da scelte radicali: l’amore inseguito a costo di lasciare famiglia e certezze, il prezzo pagato senza concessioni al giudizio altrui. Ex agente dei Servizi, è una protagonista atipica: invisibile per scelta, dotata di un talento raro nell’ascolto e nell’interpretazione dei silenzi. Le sue indagini non puntano mai sulla spettacolarità, ma sulla capacità di leggere le persone. Anche in questa nuova avventura De Giovanni non cerca l’effetto del “chi è l’assassino?”, bensì la profondità del “perché”.



Il giallo non è soltanto un gioco logico, è il luogo in cui la letteratura custodisce la dimensione umana dell’indagine.

Qui si incontrano luce e ombra, memoria e oblio.
Qui soprattutto il conflitto non si esaurisce nell’arresto del colpevole, ma diventa contatto con i demoni interiori, con le ferite e le fragilità che nessun software può archiviare. È questa tensione – irriducibilmente umana – a costituire l’identità profonda del genere.
Il detective classico, da Sherlock Holmes a Frate Guglielmo da Baskerville ne Il nome della rosa, è tormentato dalla vertigine dell'enumerazione infinita degli indizi. L'intelligenza artificiale, per sua natura, risolve questo problema. La macchina non si perde nella lista, ma la elabora interamente, fornendo la base oggettiva su cui l'intuizione umana può finalmente agire, senza perdere il controllo.
Non è una questione da poco se oggi si parla di trasparenza algoritmica, ovvero della necessità di comprendere i processi attraverso i quali una macchina giunge a una decisione.

Se l’intelligenza umana è fallibile, quella artificiale è spesso opaca.

E non ci si può accontentare di un generico «Lo ha stabilito l’algoritmo» o «Il software ha deciso». La differenza tra un detective e una scatola nera, del resto, è proprio questa: l’umano, anche quando intuisce la soluzione, sa ricostruirne i passaggi.
In fondo, l'IA diventa un prezioso ausilio di quel "ragionamento all'indietro" che è la cifra di Holmes e la chiave per uscire dall'opacità dei dati. Holmes lo spiega con chiarezza in Uno studio in rosso (1887):
In solving a problem of this sort, the grand thing is to be able to reason backward… You see, I have already arrived at the conclusion without having all the facts. I then proceed to verify my solution. Arthur Conan Doyle, Uno studio in rosso, CAP 3

Un giallo che rinunciasse a tale percorso logico cadrebbe nel paradosso: un enigma con una soluzione inaccessibile. Ma se il giallo classico si fonda sulla dimostrazione logica, la realtà contemporanea spinge in direzione opposta.



E se Sherlock Holmes indagasse oggi?

Il fascino dell'investigatore inglese nasceva dal gap tra ciò che sfuggiva a tutti e ciò che lui, grazie a osservazione e ragionamento, riusciva a scovare. Quel vuoto di percezione era lo spazio in cui fioriva il giallo classico.
Oggi, però, quel margine rischia di venire colmato – o peggio banalizzato – dalla tecnologia: non serve più il colpo d’occhio sul fango sugli stivali se esistono tracciamenti GPS, né riconoscere una certa cenere di tabacco se un database può segnalarlo in un istante.
Il giallo contemporaneo deve quindi reinventare quello spazio narrativo, mostrando che, anche nell’epoca degli algoritmi, resta un gap umano che nessuna macchina può azzerare: la memoria, la capacità di leggere ciò che non si lascia tradurre in dato.
La rivoluzione digitale non è solo una questione di strumenti; è una forza trasformativa che rimette in discussione il valore di certe abilità. Il classico investigatore che si affida all’intuizione, alle confidenze, all’osservazione sul campo, è a rischio di obsolescenza. Perché affaticarsi con lunghi interrogatori quando un’IA può tracciare movimenti, incrociare dati finanziari?

Emergono nuove professioni, esperti di cybersecurity, mentre le competenze "analogiche" passano in secondo piano.

In questa corsa al digitale, le abilità analogiche rischiano di sembrare superflue: riconoscere un’esitazione nello sguardo, condurre un interrogatorio con pazienza, conquistare la fiducia di un testimone.
Eppure sono proprio questi i dettagli che nessun software sa riprodurre, e che spesso aprono varchi decisivi nelle indagini. Il giallo diventa così la cartina di tornasole di questi mutamenti, mettendo a confronto generazioni investigative e metodologie diverse.

Il pappagallo muto. Una storia di Sara di Maurizio De Giovanni ribadisce l’insostituibilità dell’elemento umano.

Le doti di Sara Morozzi e del suo gruppo (Andrea, Teresa), considerate marginali o anacronistiche, trovano invece spazio nelle zone d’ombra che la tecnologia non sa illuminare.
Si rivela decisiva la capacità di collegare fatti, e di trasformare anomalie ed errori in indizi.
Il romanzo non si concentra sul “chi” o sul “come” del crimine, ma soprattutto sul “perché”.
I personaggi, e in particolare Sara, mostrano come il delitto affondi le radici nella complessità delle relazioni umane, nei segreti, nelle passioni e nelle fragilità.
Sara Morozzi e Andrea Catapano, messi a riposo, diventano così figure considerate anacronistiche in un mondo di tecnici informatici e analisti forensi digitali. Eppure, proprio la loro marginalità diventa forza narrativa. Non sono reliquie, ma personaggi centrali di un nuovo paradigma narrativo: resistono non per nostalgia, ma perché incarnano ciò che nessuna tecnologia può sostituire.

Il giallo diventa allora un atto di memoria.

Indagando nei segreti e nelle motivazioni di situazioni e personaggi, si riportano alla luce frammenti di verità in cui il male e le debolezze umane ripropongono schemi che nessuna IA può cogliere fino in fondo. La saggezza, contaminata dall’esperienza, continua a battere il dato puro.
Scrivere un giallo oggi significa misurarsi con tensioni che esigono di restituire spessore umano a un genere che vive di dettagli, esitazioni, illuminazioni. È una sfida duplice: narrativa ed etica, perché il giallo interroga il rapporto tra verità e giustizia, tra prova e interpretazione.
Maurizio De Giovanni sceglie di rimettere al centro l’esperienza, la memoria e il dubbio. Sara Morozzi non è l’antitesi della tecnologia, ma la dimostrazione che nessuna macchina può sostituire la capacità di leggere l’animo umano. È in questa frattura che il giallo contemporaneo trova nuova linfa: nel ricordarci che la verità non si riduce a un calcolo, ma nasce da uno sguardo che coglie ciò che sfugge alle griglie degli algoritmi.

Vale la pena aggiungere due ulteriori aspetti.

L’Intelligenza Artificiale procede per sequenze lineari, mentre l’intelligenza umana vive di simultaneità: può cucinare e nello stesso tempo rispondere a una telefonata, ascoltare una canzone e collegare tra loro dettagli marginali. È questa capacità di intrecciare piani e tempi che distingue Sara e Andrea, restituendo al lettore l’impressione che l’indagine sia, prima di tutto, un atto umano.
Ciò che chiamiamo “intelligenza artificiale” è, in fondo, un’intelligenza alternativa: potente nei dati, nei calcoli e negli incroci logici, ma priva della simultaneità incarnata della coscienza. Lo ricorda Jeanette Winterson in 12 Bytes. Come siamo arrivati fin qui, dove potremmo finire in futuro, invitandoci a “rallentare” per capire cosa significa davvero essere umani. La via scelta da Sara Morozzi – intrecciare intuizione, memoria e presenza corporea – non è solo moralmente difendibile: è forse l’unico modo per non lasciarci definire da algoritmi troppo veloci e troppo silenziosi.

Non a caso, l’interesse intorno a Sara Morozzi si sta ampliando anche oltre i libri.

Dai primi due romanzi della serie è tratta una serie TV, con protagonista Teresa Saponangelo, che porta sullo schermo la “donna invisibile” creata da Maurizio De Giovanni. Non si tratta soltanto di un adattamento, ma della conferma che la sua vicenda parla al nostro tempo, intercettando paure e desideri che vanno oltre la cronaca nera. La serie televisiva coglie con precisione questa dimensione liminale di Sara: un personaggio-soglia che scosta la cortina, muovendosi con agilità tra luce e ombra. Non più soltanto una donna invisibile, ma una guardiana silente, un’Atena dagli occhi cerulei, immagine che avevo già evocato in un’altra recensione dedicata alla serie di Sara Morozzi.

Il pappagallo muto
Una storia di Sara

di Maurizio De Giovanni
Rizzoli
Gialli/crime/noir
ISBN: 978-8817182072
Cartaceo 18,05€
Ebook 10,99€
Ascolta l'audiolibro

Quarta

Al parco, seduti su una panchina vicino ai bambini che giocano, potrebbero sembrare due innocui vecchietti, Sara Morozzi e Andrea Catapano. Nessuno indovinerebbe che sono stati per anni i migliori agenti sulla piazza. A sorpresa, ora, i Servizi hanno di nuovo bisogno della donna invisibile e del cieco dalle straordinarie doti investigative. Si tratta di un'operazione in cui non possono usare mezzi tecnologici, solo l'intercettazione personale alla vecchia maniera, che i due maneggiano come nessun altro. Decidono di accettare: se hai fatto quel lavoro, ti resta nel sangue, non riesci a tirarti indietro nemmeno dopo anni.
Ma Sara e Andrea capiscono presto di aver sbagliato a rimettersi in attività. L'incarico potrebbe portarli a rischiare grosso, stretti in un ingranaggio troppo più grande di loro. Per fortuna non è sola, Mora: Teresa è sul piede di guerra, e ci sono i fidatissimi Pardo e Viola, oltre al Bovaro del Bernese Boris, a vegliare sul suo destino incerto e su quello di Andrea, in un'indagine che rivelerà, una svolta dopo l'altra, un intricato groviglio di interessi segreti.



Davide Dotto
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Francesco Nucera presenta: 118 Codice rosso sangue

Francesco Nucera presenta: 118 Codice rosso sangue

Francesco Nucera presenta: 118 Codice rosso sangue

Presentazione Libri Intervista a cura di Andrea Pistoia. Da una live radiofonica su DeejayFox Radio Station, Francesco Nucera presenta: 118 Codice rosso sangue (Delos Digital | Scatole Parlanti). Stefano e Penny sarebbero una bella coppia: ridono, scherzano e si amano. Peccato solo che lei sia morta vent’anni prima e che, da quel momento, lui abbia sviluppato il potere di vedere gli spettri.

Francesco Nucera ha un buon curriculum di volumi pubblicati, tra cui spiccano Nerd AntiZombie e Grosso guaio a RozzAngeles, editi con Nero Press, Cambio vita: vado a fare il soccorritore, con Augh! Edizioni e, con Acheron Books, Gli Inutili, un romanzo sul filo dell'ironia che racconta la dura vita dei supereroi italiani. Da sempre lavora sulle ambulanze dove fa anche il volontario.
118 Codice rosso sangue è il secondo romanzo che ambienta in Bronzea Soccorso, un’Associazione immaginaria con sede a Rozzano (MI).


L'autore racconta



Ciao Francesco. Come ti descriveresti, a chi non ti conosce?

Grandioso, così mi sento rigettato in uno di quei video di inizi anni duemila, con la musica a palla sullo sfondo, il bicchiere di gin tonic in mano e la testa che ciondola fuori tempo come un idiota.
Ciao, mi chiamo Francesco Nucera, mi piacciono i gatti e i libri. Da bambino volevo diventare uno scrittore, ora lo sono diventato e vorrei tornare indietro per cambiare il mio sogno nel cassetto. Forse preferirei diventare assicuratore, o agente immobiliare. Se non si fosse capito sono uno a cui piace ironizzare per evitare le risposte scomode.

Ho colto il messaggio! Passiamo al tuo romanzo: 118 codice rosso sangue. Puoi spiegarci in breve la trama?

Il romanzo è ambientato nella periferia sud milanese. Il protagonista è Stefano, un soccorritore del 118, che da vent’anni convive con il fantasma della sua ragazza. Lui ci parla e ci scherza come fosse viva, ma così non è. Questa capacità di vedere i morti non si limita a Penny, lui percepisce i demoni. Così, il prete che lo segue da dopo la scomparsa di lei, lo usa nella caccia al male. In questo idilliaco quadretto si unisce Lara, una giovane soccorritrice. Stefano ne è da subito attratto, in maniera quasi maniacale, forse perché in lei c’è qualcosa di speciale.

Cosa ti ha spinto a scriverlo? Un'idea, un'emozione o un episodio che hai voluto sviluppare?

La spinta arriva da un’amica e dalla mia voglia di sperimentare. Polly (l’amica) è diventata la curatrice di una collana di romanzi dark romance e mi ha chiesto di scrivere un romanzo per lei. Io, dopo aver detto un secco no, almeno dieci volte, mi sono convinto che foirse il mondo era pronto a emozionarmi con un mio romanzo. E caspita, pare che ne sia uscita un’ottima storia.

Da dove nasce la caratterizzazione dei personaggi? Ti sei ispirato a qualcuno che conosci personalmente?

Sicuramente mi sono ispirato a qualcuno per entrambi. In particolare Lara nasce dalle chiacchierate con una giovane amica. Mi sarebbe stato impossibile descrivere le ragazze di questo millennio senza il suo aiuto.

Da una parte il paranormale, dall'altra la vita in ambulanza e dall'altra ancora l'amore (quello tossico, quello perduto e quello nascente). Come ti è venuta l'idea di amalgamare questi tre elementi così diversi tra loro e perché è proprio questi?

Nasce dalla voglia di scrivere del mondo delle ambulanza, ma da un punto di vista diverso da quello del soccorso puro. Attraverso le sue pagine vorrei che i lettori si interessassero di più a quelle persone che dedicano la propria vita per aiutare gli altri, che siano essi lavoratori stipendiati o volontari. E il resto vien da sé, amore e demoni viaggiano di pari passo da sempre.

Il titolo è decisamente accattivante. Perché hai scelto proprio questo? E quale altro hai scartato, pur ispirandoti particolarmente?

Non l’ho scelto io ma il popolo di Instagram. Ho lanciato un primo sondaggio da cui sono nate diverse proposte che poi abbiamo escluso fino a quando non è rimasto solo questo. In effetti gli altri erano terribili: Le sirene dell’inferno, Un amore infernale, Quattro salti in barella

118 codice rosso sangue è legato a qualche altro romanzo precedentemente o è una storia a sé stante? Ma soprattutto, è autoconclusivo o dobbiamo aspettarci un seguito?

Sull'autoconclusivo rispondo quello che rispondo per ogni singola storia che ho scritto: dipende da quanto i lettori vorranno un seguito. Le mie storie si concludono sempre, ma è altrettanto vero che ogni storia può continuare. Quindi, vediamo.
Il "fratello" maggiore, o minore per le intenzioni, è Cambio vita: vado a fare il soccorritore, romanzo da cui ho preso la Bronzea Soccorso (associazione immaginaria di Rozzano) e alcuni dei coprotagonisti. La storia d’amore che racconto qui prende spunto da uno dei protagonisti del vecchio romanzo, poi cambia tutto con l’innesto del fattore demoniaco.

Inevitabile quindi chiederti: hai già dei progetti (letterali) su cui stai già lavorando o ti stai dedicando per ora a far conoscere il più possibile il tuo attuale romanzo?

Progetti tanti, ma dovrei lavorare di più… Intanto a giugno 2025 è uscita un’antologia zombie, Mortimale. Benvenuti sullo Zombibus, di cui sono scrittore e curatore. Poi ho un romanzo da scrivere che catologherei sotto “fantascienza” e un'idea "giallesca" che mi attrae. Giusto per cambiare ancora genere letterario e confondere di più i miei lettori.

Concludiamo con una domanda fondamentale: dove possiamo trovare il tuo romanzo?

Sicuramente lo potete trovare su Amazon, ma se siete ancora più intrepidi ptreste provare a farlo ordinare dal vostro libraio, anche se non è scontato che riesca a reperirlo.

È giunta l’ora dei saluti. Grazie per averci tenuto compagnia in questa intervista.

Grazie a voi per avermi dato voce.


118 Codice rosso sangue

di Francesco Nucera
Delos Digital | Scatole Parlanti
Romance
ISBN 978-8825429282
Cartaceo 16,15€
Ebook 4,99€

Quarta

Stefano ufficialmente lavora in ambulanza, quello che gli altri non sanno è che aiuta don Guido, un prete esorcista, a combattere i demoni. Lo fa da quando Penny, la sua ex fidanzata, è morta per poi tornare sotto forma di spettro che può vedere solo lui.
Questi sono i suoi unici amici, non male per un uomo che spesso si scorda di mangiare e il cui obbiettivo è quello di morire il prima possibile. Almeno, lo è fin quando non incespica in Lara.
Lei, giovane e bella, è alla ricerca di un mentore che le insegni il lavoro da soccorritrice, ma ancora prima è in fuga da un amore tossico che la sta logorando. Si rende conto che la persona con cui sta le fa del male ma non ha la forza di mollarlo.
Quando si incontrano, nessuno dei due immagina che tra loro possa nascere qualcosa, ma il destino è infame, soprattutto se aiutato da un demone che ha messo sotto tiro Stefano e il suo gruppo.
Le forze in gioco sono spietate, demoni millenari cercano la loro vendetta e sono disposti a usare ogni arma in loro possesso.
In una Rozzano invasa dal male, potrà l’amore salvare entrambi o li consumerà fino a portarli alla rovina?



Andrea Pistoia
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Giornata mondiale della salute mentale: 4 libri raccontano le zone d'ombra della psiche

Giornata mondiale della salute mentale: 4 libri raccontano le zone d'ombra della psiche

Giornata mondiale della salute mentale: 4 libri raccontano le zone d'ombra della psiche

Professione lettore Di Stefania Bergo. Il 10 ottobre si celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale. I libri possono essere d'aiuto quando sono rifugi, specchi o chiavi per comprendere meglio noi stessi e gli altri. Ma rimane fondamentale prenderci cura delle ombre della nostra psiche rivolgendoci agli specialisti, ricordando che chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di forza.

Il 10 ottobre si celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale, un’occasione per riflettere su un tema ancora troppo spesso avvolto da tabù e pregiudizi: il diritto di ogni persona a stare bene, non solo nel corpo, ma anche nella mente.
Parlare di salute mentale significa parlare di fragilità, ma anche di resilienza, empatia e consapevolezza. Significa riconoscere che il dolore psicologico non è una colpa, ma una parte dell’esperienza umana, che merita ascolto e comprensione.
La letteratura, con la sua capacità di dare forma alle emozioni e di scavare nell’intimità delle persone, è sicuramente uno degli strumenti più potenti per richiamare l'attenzione sulle zone d'ombra della psiche. Perché i libri possono essere rifugi, specchi o chiavi per comprendere meglio noi stessi e gli altri.
Di seguito, quattro titoli con un comune fil rouge: la rappresentazione autentica della mente umana nei suoi chiaroscuri, la lotta contro il dolore e il tentativo di ricomporre ciò che si è spezzato. Con un solido invito a prenderci cura delle nostre ombre rivolgendoci a specialisti che sappiano metterle in luce, ricordando che chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di forza.
  1. Divina Mania di Giovanna Pandolfelli: un romanzo che trasforma il tema della salute mentale in una riflessione poetica e profonda sulla normalità, la diversità e il significato stesso della parola “cura”.
  2. La Madre del Vento di Emma Fenu: un viaggio nella mente ferita e nella memoria ancestrale, un libro che accompagna il lettore dentro le zone d’ombra della psiche.
  3. Il tesoro dentro di Elena Genero Santoro: un romanzo che parla di fragilità, rinascita e della complessità della mente umana.
  4. In the end di Rosanna Costantino: Chester Bennington e la battaglia invisibile per la salute mentale.


Divina Mania di Giovanna Pandolfelli: un romanzo che trasforma il tema della salute mentale in una riflessione poetica e profonda sulla normalità, la diversità e il significato stesso della parola “cura”.

Divina Mania

Divina Mania

di Giovanna Pandolfelli
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Narrativa
Copertina flessibile | 226 pag
ISBN 9791254587027
cartaceo 14,00€
ebook 2,99€

“Oggi, col senno di poi, avrei voluto che mia nonna mi insegnasse a non dire mai ‘normale’...” scrive la narratrice, riassumendo in una frase l’essenza del libro: la necessità di ripensare il concetto di normalità, di accettare che ogni mente ha il suo modo unico di sentire, ricordare, vivere.
In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, questo romanzo risuona come un atto d’amore verso la diversità della mente. È una storia che ricorda come la normalità sia spesso solo una convenzione, e come dietro le mura della sofferenza si nascondano spesso più verità, sensibilità e creatività che nel mondo esterno.
Ci sono libri che raccontano la follia con pietà, altri con paura o distanza. Divina Mania di Giovanna Pandolfelli la guarda con tenerezza, la tocca, la ascolta, la lascia parlare. Ambientato nella Palermo degli anni Sessanta, tra i viali assolati e le mura imponenti della Real Casa de’ Matti, l’antico ospedale psichiatrico della città, questo romanzo trasforma il tema della salute mentale in una riflessione poetica e profonda sulla normalità, la diversità e il significato stesso della parola “cura”.
Attraverso gli occhi di una bambina, nipote della direttrice della struttura, il lettore entra in un mondo sospeso, dove i confini tra “normale” e “folle” si dissolvono. La piccola protagonista gioca nel giardino dell’ospedale, ascolta le storie degli ospiti e impara presto che la differenza tra dentro e fuori è solo un’invenzione fragile. Le persone che incontra non sono “malati” ma anime che cercano un linguaggio nuovo per raccontarsi. Ognuno porta una ferita, una storia di esclusione, ma anche una scintilla di umanità che illumina il mondo della bambina.
La figura di Donna Rosaria, la nonna e direttrice, rappresenta la tensione verso una nuova idea di psichiatria: quella che, qualche anno dopo, avrebbe trovato voce nella legge Basaglia e nel superamento dei manicomi. Attraverso la sua azione concreta e compassionevole – fatta di lavoro manuale, arte e relazioni – il romanzo racconta il momento di passaggio da un sistema di reclusione a uno di cura umana e condivisa.
Divina Mania è una celebrazione dell’empatia come forma di resistenza. Nelle sue pagine non c’è solo la memoria di un tempo in cui la follia veniva nascosta, ma anche un invito a guardare oltre le etichette, a capire che la salute mentale è un equilibrio dinamico, fragile e comune a tutti. Giovanna Pandolfelli restituisce voce e dignità a chi, per troppo tempo, ne è stato privato, facendo emergere una verità disarmante: la follia è parte integrante dell’esperienza umana, non un’anomalia da temere.


La Madre del Vento di Emma Fenu: un viaggio nella mente ferita e nella memoria ancestrale, un libro che accompagna il lettore dentro le zone d’ombra della psiche.

La Madre del Vento

La Madre del Vento

di Emma Fenu
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Narrativa | Romanzo breve
ISBN 979-1254587218
Ebook 2,99€
Cartaceo 13,00€
Con una scrittura intensa e poetica, La Madre del Vento di Emma Fenu accompagna il lettore dentro le zone d’ombra della psiche, mostrando come la cura possa arrivare solo attraverso l’ascolto, la memoria e l’accettazione della propria diversità. "La verità è semplice e terribile" scrive Dalida, e in quelle parole si riflette l’essenza stessa del romanzo: la verità della mente umana, fragile e potente, in bilico tra la luce e l’abisso.
In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, La Madre del vento diventa una lettura preziosa perché affronta il tema della malattia psichica non come una condanna, ma come un linguaggio profondo attraverso cui la mente cerca di dare voce al dolore. Il manicomio, in questo romanzo, non è solo un luogo fisico, ma anche un simbolo delle gabbie invisibili costruite dalla società, che spesso preferisce rinchiudere ciò che non capisce.
In questo romanzo breve, la linea sottile che separa follia e sensibilità, realtà e mito, viene continuamente attraversata, sfumata, messa in discussione. Ambientato nel piccolo borgo marino di Guelar, sulla costa sarda, il libro esplora con rara profondità il tema della salute mentale intrecciandolo con le radici culturali e le antiche leggende di una terra che conserva nel vento le voci del passato. La protagonista Dalida, una donna fragile e tormentata, vive prigioniera di un dono misterioso e inquietante: un potere che la isola, la spaventa e, infine, la conduce fino alle mura di un manicomio. Il suo sguardo sul mondo è insieme lucido e allucinato.
A farle da contrappunto c’è Lucia, una giovane alla ricerca della verità e delle proprie origini, che indaga il passato familiare per ricomporre le fratture tra generazioni. Attraverso la sua voce si riscoprono le ferite ereditarie, come maledizioni invisibili: la solitudine, il silenzio, la vergogna, la paura di essere "diversi".
La figura enigmatica della Madre del Vento – metà creatura mitica, metà simbolo psicologico – incarna il potere misterioso della mente, capace di generare tempeste ma anche di portare quiete. La Madre del vento è, in definitiva, una metafora della rinascita attraverso la consapevolezza. In un tempo in cui la salute mentale è ancora spesso circondata da stigma e pregiudizio, Emma Fenu ci invita a guardare oltre la follia, riconoscendo in essa una forma estrema di sensibilità, per comprendere più a fondo noi stessi e gli altri.


Il tesoro dentro di Elena Genero Santoro: un romanzo che parla di fragilità, rinascita e della complessità della mente umana.

Il tesoro dentro, Elena Genero Santoro - Gli scrittori della porta accanto

Il tesoro dentro

di Elena Genero Santoro
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Mistery romance
ISBN 978-8833663265
cartaceo 12,50€
ebook 2,99€
Il tesoro dentro di Elena Genero Santoro è una storia di resilienza e consapevolezza, che ricorda come la mente, pur attraversando tempeste, sappia ritrovare la strada verso la luce. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, questo libro rappresenta un invito alla comprensione e all’empatia. Racconta come la guarigione possa arrivare non solo dalla medicina o dalla razionalità, ma anche dall’ascolto, dalla gentilezza e dalla capacità di dare un nuovo significato alle proprie ferite.
Nel delicato intreccio narrativo de Il tesoro dentro, la salute mentale non è solo un tema di contorno, ma il cuore pulsante dell’intera vicenda. Anna, la protagonista, vive sospesa tra il dolore per la perdita del marito e il peso di una depressione che la immobilizza, rendendo ogni gesto quotidiano una conquista. La sua libreria antiquaria, ereditata ma ormai in declino, diventa una metafora del suo stato d’animo: uno spazio pieno di storie e possibilità, ma invaso dalla polvere dell’abbandono.
Accanto a lei, la presenza ingombrante ma autentica di Amanda – la contabile eccentrica, dal comportamento bizzarro e dalle intuizioni geniali – introduce un altro volto della fragilità mentale. Tra le sue apparenti stravaganze si nascondono intuizioni profonde e un’umanità disarmante, che finiranno per rivelarsi decisive in una trama che unisce mistero, introspezione e riscatto.
Il tesoro dentro di Elena Genero Santoro è un romanzo che si muove con equilibrio tra le tinte del giallo e quelle del rosa, ma soprattutto scava nella dimensione più intima e invisibile della mente. La depressione, il senso di colpa, il bisogno di essere amati e riconosciuti trovano spazio in una narrazione che invita a non giudicare ciò che non si vede ma a cercare, anche nel dolore, un punto di luce.


In the end di Rosanna Costantino: Chester Bennington e la battaglia invisibile per la salute mentale.

In the end

In the end

di Rosanna Costantino
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Biografia
L'unica biografia italiana su Chester Bennington
ISBN 9788833667843
cartaceo 17,00€
ebook 2,99€
audiolibro "il meglio di" su storytel.com
“Ho fatto un bellissimo viaggio nella vita di Chester Bennington… Mi sono sentita persa e ho ritrovato un’altra me stessa.” Una frase che riassume il potere di questo libro: guardare dentro il dolore altrui per imparare a guarire un po’ anche il proprio.
In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, In the End di Rosanna Costantino è una lettura necessaria: un tributo a chi ha trovato nella musica una forma di terapia, a chi ha amato senza riuscire a salvarsi, e a chi ancora oggi cerca di comprendere quanto la mente e il cuore siano territori da proteggere con la stessa cura che riserviamo al corpo.
In un mondo che troppo spesso confonde il successo con la felicità, In the End ci accompagna in un viaggio profondo e struggente dentro l’anima di Chester Bennington, la voce dei Linkin Park che ha dato suono e parole al dolore di un’intera generazione.
Più che una biografia, questo libro è un atto d’amore e di consapevolezza, un percorso che attraversa la luce e l’ombra della vita di un artista che ha trasformato la sofferenza in arte, e la musica in un linguaggio universale di empatia. Rosanna Costantino racconta Chester non come un’icona, ma come un uomo: fragile, complesso, autentico. Un essere umano che, pur tra mille contraddizioni, ha scelto ogni giorno di parlare apertamente del proprio dolore – un gesto di coraggio e lucidità ancora raro nel mondo dello spettacolo.
Rosanna Costantino non si limita a ripercorrere i successi dei Linkin Park o le tappe della carriera di Bennington. Va oltre: entra nei meccanismi psicologici della depressione, della dipendenza e del trauma infantile, restituendo una narrazione sincera e rispettosa che illumina la dimensione umana dietro il mito. Un intero capitolo è dedicato alla salute mentale, affrontata con delicatezza e rigore, come invito a rompere il silenzio e a prendersi cura di sé senza vergogna né paura.
In the End diventa così un manifesto di empatia, un libro che parla a chi lotta ogni giorno contro i propri demoni interiori, ricordando che chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di forza: Chester, con la sua voce inconfondibile, ha gridato il dolore del mondo e, al tempo stesso, la sua speranza.




Stefania Bergo
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