Gli scrittori della porta accanto
Editoriale
Editoriale
5 libri per scoprire la poesia contemporanea

5 libri per scoprire la poesia contemporanea

Poesie per principianti: 5 libri per scoprire la poesia contemporanea

Professione lettore Di Stefania Bergo. Cinque libri perfetti per chi vuole iniziare a leggere poesie o per chi cerca liriche che parlano di piccole quotidianità e sembrano rivolgersi a ognuno di noi: un ottimo punto di partenza per scoprire la poesia contemporanea italiana e lasciarsi sorprendere dal suo potere evocativo.

La poesia non è solo un genere letterario per "addetti ai lavori" o per i soli appassionati: è un linguaggio universale, capace di raccontare emozioni, storie e riflessioni in modo diretto e profondo. Spesso, chi vi si avvicina per la prima volta pensa che sia complicata o distante, ma in realtà la poesia contemporanea trasforma frammenti di vita quotidiana in immagini potenti e suggestive con un linguaggio senza sovrastrutture.
I cinque libri che seguono sono perfetti per i "principianti", cioè per chi vuole iniziare a leggere poesia, o per chi cerca liriche che parlano di piccole quotidianità e sembrano rivolgersi a ognuno di noi: raccolte che uniscono immediatezza e intensità, che offrono prospettive diverse sulla vita, sull’amore, sulla resilienza e sul cambiamento.

Cinque raccolte che hanno in comune un linguaggio chiaro e diretto, ma al tempo stesso ricco di immagini e significati.

Offrono al lettore emozioni autentiche e una porta d’ingresso ideale per chi vuole avvicinarsi alla poesia senza sentirla distante o “troppo difficile”.
Che tu stia cercando versi da leggere in pochi minuti, riflessioni profonde, parole che danno forza o immagini che restano impresse, questi titoli sono un ottimo punto di partenza per scoprire la poesia contemporanea italiana e lasciarsi sorprendere dal suo potere evocativo.
  1. Dai graffi del cuore nascono parole di FraSté: poesie illustrate che trasformano il dolore in rinascita.
  2. Quel che resta delle parole di Tamara Marcelli: poesia, teatro e prosa in un viaggio tra emozioni, simboli e riflessioni.
  3. Il tempo di un caffè di Silvia Pattarini: poesie da assaporare tra emozioni, ricordi e vita vissuta.
  4. Battiti. Radio 100bpm di Matteo Carecci: poesie che danno voce al cuore e alle emozioni.
  5. Sotto le nuvole di Loriana Lucciarini: poesie di rinascita, coraggio e amore per se stessi.


Dai graffi del cuore nascono parole di FraSté: poesie illustrate che trasformano il dolore in rinascita. Un libro che emoziona, consola e invita a celebrare la vulnerabilità come forza.

Dai graffi del cuore nascono parole

Dai graffi del cuore nascono parole

di FraSté
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Poesie illustrate
ISBN 978-8833666686
cartaceo 18,00€
cartaceo edizione deluxe – cover rigida 21x27 – 25,00€ ebook 2,99€
Tutti noi portiamo dentro graffi invisibili, segni lasciati dalle esperienze che hanno plasmato chi siamo. È da questi segni che nasce la raccolta poetica di Francesca Stefania Rizzo, in arte FraSté.
Ogni poesia è un "graffio" trasformato in parola, una traccia che racconta fragilità, resistenza e rinascita. Non sono cicatrici da nascondere, ma mappe dell’anima, perché è proprio grazie a esse che diventiamo ciò che siamo e che continueremo a diventare.
Il progetto si arricchisce di un elemento unico: ogni testo è accompagnato da illustrazioni originali realizzate dall’autrice con le splines di AutoCAD®. Il cuore, filo conduttore delle immagini, appare come un mosaico fragile ma tenuto insieme da una sottile armatura, simbolo della capacità di resistere e ricomporsi. Il rosso vivo che lo attraversa diventa metafora di apertura, vitalità e coraggio di lasciarsi graffiare ancora, perché un cuore senza ferite è un cuore che non ha mai vissuto.
Dai graffi del cuore nascono parole è una raccolta che unisce poesia, arte e introspezione, ideale per chi cerca testi capaci di parlare al cuore e all’anima, regalando nuove prospettive sul senso della sofferenza e sulla bellezza della rinascita.
Un libro che emoziona, consola e invita a celebrare la vulnerabilità come forza, trasformando i graffi in voce poetica.
Disponibile anche in versione da collezione 21x27 cm, con copertina rigida.


Quel che resta delle parole di Tamara Marcelli: poesia, teatro e prosa in un viaggio tra emozioni, simboli e riflessioni, esplorando affetti, ossessioni e il conflitto eterno tra Bene e Male.

Quel che resta delle parole

Quel che resta delle parole

di Tamara Marcelli
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Poesie | Monologhi
ISBN 979-1254584989
Ebook 2,99€
Cartaceo 13,00€ – formato tascabile
La Letteratura è una donna dalle ossa possenti e dagli occhi delicati. Il Teatro un uomo dall’anima multiforme, forte e nostalgico.
Da questa immagine nasce Quel che resta delle parole, una raccolta che intreccia poesie, monologhi teatrali e riflessioni in prosa, dando vita a un mosaico di voci, sentimenti e simbolismi.
Il libro accompagna il lettore in un percorso che alterna luce e ombra, intimità e denuncia: dagli affetti familiari alla condanna della violenza contro le donne, dall’ossessione interiore al conflitto eterno tra Bene e Male. Ogni componimento diventa specchio di un’anima inquieta, che lotta contro maschere, clichés e mediocrità, trasformando le ferite in parole capaci di vibrare come musica.
Quel che resta delle parole è un’opera che unisce il profondo scavo interiore della poesia con la potenza espressiva del teatro e la riflessione lucida della prosa, componendo un cosmo variegato ma armonico. Un libro ideale per chi ama la letteratura contemporanea che esplora l’animo umano, capace di far convivere la fragilità e la forza, la denuncia e la bellezza, adatta a chi ama scoprire la poesia come arte totale, capace di fondere generi e linguaggi.

Il tempo di un caffè di Silvia Pattarini: poesie da assaporare tra emozioni, ricordi e vita vissuta. Emozioni, passioni, ricordi e visioni oniriche da leggere in pochi minuti ma portare dentro a lungo.

Il tempo di un caffè, Gli scrittori della porta accanto

Il tempo di un caffè

di Silvia Pattarini
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Poesie
ISBN 978-8833666501
ebook 2,99€
cartaceo 7,00€
C’è un momento speciale, intimo e sospeso, che ognuno di noi si concede: il tempo di un caffè. È proprio in questo spazio prezioso che si colloca la prima vera silloge poetica di Silvia Pattarini, una raccolta di trentasei liriche selezionate tra testi premiati, opere già apparse in antologie e poesie inedite, ora finalmente riunite in un unico volume.
Ogni componimento è un sorso lento da assaporare: versi che raccontano emozioni, passioni, sentimenti universali, ricordi e visioni oniriche, ma anche poesie ispirate a fatti di cronaca osservati con lo sguardo sensibile dell’autrice. Ne nasce una trama di parole che dà voce a ciò che spesso resta nascosto dietro i muri del silenzio.
Il tempo di un caffè è una raccolta poetica che invita a fermarsi, a ritrovare sé stessi e ad ascoltare i battiti dell’anima. Un libro da leggere a piccoli sorsi, come un rituale quotidiano, capace di trasformare ogni poesia in un momento di riflessione e bellezza.
Un’opera ideale per chi ama i testi che scavano nei sentimenti e le raccolte che sanno unire lirismo, introspezione e attualità.

Battiti. Radio 100bpm di Matteo Carecci: poesie che danno voce al cuore e alle emozioni. Tra musica, pensieri e poesia, ogni pagina diventa una trasmissione che invita a riscoprire ciò che fa battere forte il cuore.

Battiti. Radio 100bpm

Battiti
Radio 100bpm

di Matteo Carecci
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Narrativa | Poesia
ISBN 978-8833669274
cartaceo 12,00€
ebook 2,99€
Immaginate una radio speciale, sintonizzata direttamente sui battiti del vostro cuore. Una frequenza unica, dove ogni parola, ogni verso e ogni nota musicale diventano il messaggio che avreste sempre voluto ascoltare. È questa l’essenza di Battiti. Radio 100bpm, una raccolta poetica che trasforma emozioni e pensieri in onde da ascoltare con l’anima.
Tra parole, musica e poesia, ogni pagina è come una trasmissione che accompagna i lettori ovunque si trovino: a casa, per strada, in un momento di gioia o di malinconia. L’importante è che ci sia sempre un motivo per cui il cuore continui a battere forte, trovando la sua ragione in un ricordo, in un sogno, in una canzone o semplicemente in un attimo di vita.
Battiti. Radio 100bpm è un libro che invita a rallentare, a mettersi in ascolto e a lasciarsi guidare da una voce interiore che ricorda quanto sia necessario custodire e alimentare le proprie emozioni. Una raccolta intensa, perfetta per chi cerca poesie contemporanee capaci di ispirare, consolare e motivare.
Un’opera che unisce la forza della parola poetica al ritmo universale del cuore, trasformando ogni lettura in un’esperienza intima e vibrante, a 100 bpm di pura emozione.

Sotto le nuvole di Loriana Lucciarini: poesie di rinascita, coraggio e amore per se stessi. Versi che disegnano una vera e propria grammatica dell’amore e della sofferenza, un inno alla donna protagonista delle proprie scelte.

Copertina del libro

Sotto le nuvole

di Loriana Lucciarini
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Poesia
ISBN 978-8833665511
cartaceo 9,50€
ebook 2,99€
Con una voce intensa e autentica, Loriana Lucciarini in Sotto le nuvole porta i lettori dentro un viaggio poetico che celebra la forza dell’abbandono emotivo, la resilienza e l’emancipazione. Una raccolta che diventa manifesto di libertà femminile, capace di trasformare dolore e fatica in consapevolezza, e consapevolezza in rinascita.
I versi disegnano una vera e propria grammatica dell’amore e della sofferenza, raccontando la lotta di un’anima indomita che impara ad afferrare e ricomporre la fiamma della creatività, del coraggio e della vita stessa. Le poesie sono un inno alla donna protagonista delle proprie scelte, capace di superare mediocrità, pregiudizi e tormenti per riabbracciare con forza il proprio destino, evocando atmosfere intime e potenti allo stesso tempo. Ne nasce un’opera che fonde passione, fragilità e determinazione, invitando il lettore a ritrovare sé stesso attraverso la bellezza delle parole.
Sotto le nuvole è una raccolta ideale per chi ama la poesia contemporanea al femminile, i testi che parlano di cambiamento, resilienza e autenticità. Una lettura che accarezza e scuote, capace di restare impressa come un cielo in movimento.



Stefania Bergo
Leggi >
La metamorfosi di un testo musicale: «Rain Rain Rain» di Simon Butterfly

La metamorfosi di un testo musicale: «Rain Rain Rain» di Simon Butterfly

La metamorfosi di un testo musicale: il caso di «Rain Rain Rain» di Simon Butterfly

Musica Di Davide Dotto. Di cover in cover, un viaggio tra le versioni di Rain Rain Rain: da Simon Butterfly a Marie Laforêt, tra traduzioni, riscritture affettive e poetiche, una trasformazione che non è solo linguistica, è soprattutto narrativa, poetica, culturale. E riflette la vitalità stessa dell’atto interpretativo, quando abbandona l’imitazione per farsi scrittura originale.

Nel vasto e variegato mondo musicale, prima o poi ci siamo imbattuti nel termine cover, un fenomeno più complesso di quanto possa sembrare. Una cover può essere molte cose: un gesto di appropriazione, una rilettura che getta nuova luce, una riscrittura radicale capace di infondere nuova anima a un brano.

Tradotta e reinterpretata, una canzone può davvero trasformarsi in qualcos’altro, in una nuova storia.

Il dibattito sul significato e sul valore delle cover non appartiene solo al passato: continua ad animare la scena musicale contemporanea. Ne è prova la recente querelle tra Laura Pausini e Gianluca Grignani a proposito del brano La mia storia tra le dita, che ha riportato al centro la questione della paternità di un testo, della melodia e del diritto all’interpretazione.
Alcune canzoni che oggi consideriamo iconiche sono, in realtà, cover.
Non mancano adattamenti totali che spostano il punto di vista, cambiano il genere, riscrivono l’emozione. In questi casi, una voce maschile diventa femminile (o viceversa), un lamento amoroso si trasfigura in invocazione familiare, una metafora meteorologica si dissolve in una narrazione drammatica: il testo si emancipa proponendo una nuova storia, nuovi protagonisti e un differente destinatario emotivo.

Rain, rain
Oh, rain, rain
Oh, rain, rain va, la
Oh, rain, rain va, la

Oh, rain, rain
Since you went away
Oh, rain, rain
Beating down all day
Oh, rain, rain
Never seen such rain
Oh, rain, rain
Everything in rain

Lovers often fight about fat smallic quarrel
Making up will be born right that′s the moral
When we parted that mind you, you're mine
Did our hearts mean goodbye
So lovers separate and hurt one another
Leaving all to fate and then they discover
They believe it makes two lovers same
So they must start again

Oh, rain, rain
Since my love has gone
Oh, rain, rain
Sun has never shone
Oh, rain, rain
Hear it beating down
Oh, rain, rain
Feel like I′m gonna drown
Oh, rain, rain
Wonder where you are
Oh, rain, rain
Never see the star
Oh, rain, rain
Can it start the strain
Oh, rain, rain
Life is only rain

Say we meet again I can't live without you
Every dream I ever dream is about you
I shall know when I see your eyes shine
You will always be mine

Oh, rain, rain
Since you went away
Oh, rain, rain
Beating down all day
Oh, rain, rain
Flooding through my brain
Oh, brain, brain
Driving me insane
Insane, insane.

Ne è un esempio emblematico Viens Viens di Marie Laforêt, riscrittura profonda di Rain Rain Rain di Simon Butterfly, entrambe pubblicate nel 1973.

Il brano originale, Rain Rain Rain di Simon Butterfly, non parla che della pioggia, usata come metafora – ossessiva e prevedibile – di una delusione amorosa. Nella rielaborazione francese, il testo firmato da Ralph Bernet mette in scena la supplica straziante di una figlia rivolta al padre assente.
Il punto di vista narrativo si ribalta: non è più quello di un innamorato deluso. Il tono si fa più lirico e disperato, l’evocazione della pioggia scompare, lasciando spazio a un dialogo interiore intimo e doloroso. Questo effetto è reso ancor più intenso dalla capacità recitativa di Marie Laforêt, artista poliedrica che riesce a dare voce a emozioni complesse e sfumate.
Con una filmografia che conta circa 50 titoli, Laforêt era innanzitutto un'attrice affermata, e questo si percepisce chiaramente nella sua interpretazione – in Italia la ricordiamo, tra l’altro, nella serie La Piovra 3 (1987) e nell’adattamento di A che punto è la notte di Nanni Loy, tratto dall’omonimo romanzo di Fruttero e Lucentini (miniserie del 1994). L'interpretazione data è talmente intensa e autentica da suggerire che il vissuto personale di Marie Laforêt si sia fuso con le parole del brano, conferendo alla supplica una profondità e un'emotività uniche.



Esiste anche una versione italiana (adattata da Gian Pieretti), Lei Lei, incisa dalla stessa Marie Laforêt e successivamente ripresa da Dalida.

Lei Lei di Dalida rispecchia in larga parte la struttura e il contenuto di Viens, Viens, ma introduce variazioni che ne modificano la percezione.
Una differenza rilevante emerge nel verso «torna a casa se puoi»: una formula che introduce un margine di dubbio, una possibilità sospesa – forse una forma di pudore emotivo.
L’intensità non si attenua, ma si traduce in una malinconia più trattenuta, scandita da un lirismo delicato e convenzionale.

Viens, viens

Viens, viens, c'est une prière
Viens, viens, pas pour moi mon père
Viens, viens, reviens pour ma mère
Viens, viens, elle meurt de toi.
Viens, viens, que tout recommence
Viens, viens, sans toi l'existence
Viens, viens, n'est qu'un long silence
Viens, viens, qui n'en finit pas.

Je sais bien qu'elle est jolie cette fille
Que pour elle tu en oublies ta famille
Je ne suis pas venue te juger
Mais pour te ramener...
Il parait que son amour tient ton âme
Crois-tu que ça vaut l'amour de ta femme
Qui a su partager ton destin
Sans te lâcher la main?

Viens, viens, maman en septembre
Viens, viens, a repeint la chambre
Viens, viens, comme avant ensemble
Viens, viens, vous y dormirez.
Viens, viens, c'est une prière
Viens, viens, pas pour moi mon père
Viens, viens, reviens pour ma mère
Viens, viens, elle meurt de toi
Sais-tu que Jean est rentré à l'école
Il sait déjà l'alphabet, il est drôle
Quand il fait semblant de fumer
C'est vraiment ton portrait.

Viens, viens, c'est une prière
Viens, viens, tu souris mon père
Viens, viens, tu verras ma mère
Viens, viens, est plus belle qu'avant.
Viens, viens, ne dis rien mon père
Viens, viens, embrasse moi mon père
Viens, viens, tu es beau mon père
Viens, viens.

Lei, lei

Lei, lei canta una preghiera
Lei, lei che ritorni spera
Lei, lei si sta consumando
Lei, lei torna o morirà

Lei, lei ogni primavera
Lei, lei è bella come era
Lei, lei sola si dispera
Lei, lei aspetta solo te

Io io so che l'altra è molto graziosa
E per lei tu scordi la tua famiglia
Io non voglio giudicarti pero
Torna a casa se puoi

E sembra quasi che il suo amore ti leghi
E la mano di chi t'ama rinneghi
Ll destino di chi è stato con te
Tu scordare non puoi

Lei, lei un giorno di settembre
Lei, lei tinse la tua stanza
Lei,lei non puo stare senza
Lei, lei torna o morira
Lei, lei canta una preghiera

Lei, lei che ritorni spera
Lei, lei si sta consumando
Lei, lei torna o morirà

Il più piccolo è tornato già a scuola
Ci diverte quando legge qualcosa
Se fa finta di fumare pero
Ci ricorda un po te

Lei, lei torna padre mio
Lei, lei sto aspettando anch'io
Lei, lei nella nostra casa
Lei, lei manchi solo, solo, solo, solo, solo tu

Lei, lei non mi dire niente
Lei, lei oggi è più contenta
Lei, lei oggi è insieme a te
Lei, lei oggi è insieme a te

Lei, lei torna padre mio
Lei, lei sto aspettando anch'io
Lei, lei nella nostra casa
Lei, lei manchi solo tu.

Le versioni a confronto: Viens Viens e Lei Lei

È possibile che anche alcune scelte linguistiche abbiano contribuito alla minore incisività del brano: espressioni come “tinse la tua stanza” o “E la mano di chi t'ama rinneghi” risultano  leggermente auliche, e poco adatte alla naturalezza emotiva che ci si aspetta da un pezzo pop.
Questo registro, più vicino alla lingua letteraria che  parlata, potrebbe aver reso Lei Lei meno immediata, limitandone la presa sul pubblico italiano.
Il ritornello di Lei Lei introduce un effetto straniante: invece di rafforzare il coinvolgimento emotivo, come accade con il francese, tende a frammentare la narrazione, creando distanza con l’ascoltatore. In Viens Viens, «Maman en septembre... a repeint la chambre», la presenza esplicita della madre rafforza il legame affettivo, rendendo la scena più vivida. L'interpretazione italiana, invece evoca una figura terza, un’impersonalità  che attenua l’impatto drammatico.
Questa scelta, unita al lessico ricercato (“tinse”, “rinneghi”), contribuisce a un’eleganza formale che però ne raffredda l’emozione. Tuttavia, è proprio grazie all'interpretazione altrettanto intensa di Dalida che questa rilettura lascia un segno, colmando le incertezze linguistiche con una vocalità drammatica e avvolgente. Dove le parole non arrivano, arriva la voce.



Ciò emerge con ancora più forza nell’ultima strofa, dove si intuisce un cambiamento di atmosfera: il ritorno sembra imminente, forse è già avvenuto.

È un finale aperto, ma segnato da una fiducia trattenuta – una possibilità di riconciliazione che Viens Viens non contempla.
È una scelta che può essere letta anche alla luce del contesto storico italiano degli anni Settanta, segnato dall’approvazione della legge sul divorzio (1970) e dal successivo referendum abrogativo (1974). In quegli anni, l’idea di famiglia veniva profondamente ridefinita, tra nuove forme di rottura e il bisogno di elaborare in modo diverso il dolore affettivo.
L'adattamento riflette proprio questo clima: da un lato, il riconoscimento della sofferenza di una donna abbandonata; dall’altro, la speranza che la frattura possa essere ricomposta. Un messaggio che, nella sua apparente semplicità, traduce poeticamente la tensione tra un mondo che cambia e una visione ancora saldamente radicata nella tradizione.

L'originale inglese di Simon Butterfly presenta un approccio puramente sentimentale.

Rain Rain Rain procede per ripetizioni insistenti che creano un effetto ipnotico, costruendo l'intera composizione attorno a una metafora meteorologica essenziale e di per sé scontata. La pioggia diventa il correlativo oggettivo di una condizione emotiva, sviluppata su un nucleo tematico circolare.
La versione Viens Viens aggiunge invece l'aspetto narrativo, un abbozzo di caratterizzazione e lo sviluppo di un vero e proprio racconto con dignità letteraria.
Ma c'è di più.

Il testo di Rain Rain Rain è costruito su una serie di stereotipi che mal si prestano a una riproduzione diretta in altre lingue senza perdere mordente.

Per poter funzionare in altri contesti, la canzone ha dovuto essere rimodellata e adattata con decisione.
È diventata, insomma, una matrice da cui si sono generate versioni autonome e profondamente differenti. La trasformazione non è quindi solo linguistica: è narrativa, poetica, culturale. E riflette la vitalità stessa dell’atto interpretativo, quando abbandona l’imitazione per farsi scrittura originale.

Traduzioni parallele o progetto condiviso?

C’è un dato che colpisce per la sua forza simbolica e logistica: Rain Rain Rain, Viens ViensLei Lei, e persino la versione spagnola Ven ven di Marisol, sono tutte pubblicate nel 1973. Non si tratta di semplici adattamenti successivi, ma di varianti coeve, nate quasi in parallelo in diversi Paesi europei. A distanza di mesi (e talvolta settimane) l’una dall’altra, rivelano l’esistenza di una vera e propria operazione editoriale continentale, pensata per plasmare un brano-matrice.
Il successo non precede le versioni: le crea. Assistiamo alla diffusione sincronica di una melodia essenziale – di fatto un brogliaccio – che si lascia riscrivere.
Al tempo stesso, questa pluralità di voci imprime una dimensione corale, rendendo ciascuna versione parte di una costellazione narrativa che attraversa confini, generi e sensibilità.

Nel mondo della canzone d’autore, non era raro che un brano venisse lanciato su più mercati attraverso versioni parallele in diverse lingue, a volte con il coinvolgimento diretto di artisti di nazionalità diverse. 

Questa strategia di co-creazione e adattamento internazionale era già prassi consolidata negli anni Sessanta e Settanta, soprattutto per brani destinati al grande pubblico europeo. Canzoni come Comme d’habitude (ripresa poi da Frank Sinatra nella versione My Way) o Tornerò dei Santo California (riproposta poi come Apprends-moi da Mireille Mathieu) sono esempi noti. Tuttavia, in quei casi la dinamica sembra più lineare: esisteva un originale riconoscibile, da cui derivavano versioni successive.

Nel caso di Rain Rain Rain ci troviamo di fronte a un fenomeno atipico per intensità, simultaneità e diffusione.

Non è solo il segno di una buona intuizione commerciale, ma l’espressione di una collaborazione creativa transnazionale, capace di rendere un’idea musicale in apparenza modesta in un successo europeo multiforme. Un caso che anticipa, sotto molti aspetti, le logiche globali della musica pop contemporanea.
È possibile che il fenomeno abbia seguito una dinamica a effetto domino: il successo di Viens Viens nella versione di Marie Laforêt avrebbe dimostrato il potenziale commerciale del materiale melodico, innescando una reazione a catena che ha portato alla diffusione quasi simultanea delle altre.
La matrice musicale di Simon Butterfly – inizialmente poco considerata dai produttori – avrebbe trovato legittimazione proprio nel trionfo francese.

Zitas: la risposta greca.

Ogni nuova interpretazione – dalla spagnola Ven ven di Marisol alla greca Zitas di Marianna Toli –  nasce dal desiderio di replicare un successo adattandolo ai propri mercati linguistici. Il risultato è un fenomeno spontaneo di amplificazione culturale: una canzone che diventa europea non per pianificazione, ma per contagio artistico.
Alla mappa si aggiunge, grazie alla versione greca, un ulteriore tassello prezioso: essa prende una direzione autonoma rispetto sia alla matrice inglese sia alla riscrittura francese. Il titolo stesso, che significa “Chiedi”, inaugura una poetica del desiderio e della ricerca, sostituendo la ripetizione ossessiva di Rain Rain Rain con una litania matura, fatta di appelli e invocazioni per ricucire un legame spezzato.



Non c’è traccia del dramma familiare della versione di Marie Laforêt, né della malinconia liquida dell’originale inglese.

Il testo greco si presenta come una risposta consapevole e stilisticamente elaborata al lamento dell’amante abbandonato. Dove Simon Butterfly piange nella pioggia e si sente sopraffatto dalla perdita, Marianna Toli restituisce una maggior complessità. È il punto di arrivo di un processo di metamorfosi testuale che passa dal vittimismo all’introspezione attiva, dalla nostalgia alla possibilità di rinascita.
Volendo, potremmo ora leggere il trittico europeo come una vera e propria sequenza di narrazioni complementari, generate da una stessa base melodica ma autonome nei contenuti.



Metamorfosi a confronto: tre voci, tre prospettive.

Questo conferma che non ci troviamo di fronte a semplici adattamenti, ma a un processo di rielaborazione profonda del testo che ha seguito percorsi paralleli.
La traduzione del testo greco rivela la dimensione più affascinante dell'operazione: l'interpretazione di Marianna Toli non si limita a nobilitare il materiale grezzo, ma risponde al lamento inglese. Se Simon Butterfly geme «rain, rain, since you went away», la cantante greca replica con «ζητάς» (chiedi), convertendo la passività in azione, il vittimismo in proposta. Non è più piango perché te ne sei andato, ma chiedere, aprire alla possibilità di un ritorno (riallacciandosi al testo francese). È alchimia narrativa: ribalta i ruoli. Mentre Marie Laforêt modifica il genere (da amoroso a familiare), Marianna Toli ribalta la prospettiva (da passiva ad attiva).
La versione greca Zitas – ripresa nella cover di Evridiki del 1991 – non si limita a riscrivere il brano originale, ma lo contraddice silenziosamente, rispondendo a un certo immaginario sentimentale tipico della canzone d’autore maschile anni Sessanta e Settanta. Un universo in cui l’uomo, abbandonato, si dispera e sublima la donna assente, elevandola a figura angelicata e silenziosa, mentre evita ogni dialogo.

La donna diventa un’assenza decorata di fiori, mentre l’emotività maschile occupa tutta la scena.

È l’immaginario di brani come Fiori bianchi per te interpretata da Salvatore Adamo – già esso stesso riscrittura di un originale francese – o Rose rosse di Massimo Ranieri.
Anche Rain Rain Rain si muove in questo solco, una forma di autoassoluzione passivo-aggressiva. La donna è evocata come colpevole e inaccessibile, e la pioggia dell’abbandono diventa un alibi per non agire.
Contro questa narrazione, Zitas propone un controcanto: una donna che si interroga, che cerca, che chiede, ma che non si annulla. È una voce che tenta di ricostruire un legame su basi nuove, senza indulgere nel lamento o nella mitizzazione. In questo senso, la versione greca è una risposta culturale e poetica a un lessico sentimentale datato.

I testi esaminati diventano specchio di epoche e di modelli relazionali che la lingua veicola e cristallizza, senza che nessuno possa dirsi dominante sugli altri.  

Non è solo questione di stile, ma di posizionamento dell'io: chi parla, a chi, e perché? Il linguaggio da cui queste riscritture sembrano affrancarsi è quello del controllo, della colpa, del non-ascolto — un immaginario che non scompare, ma si evolve attraverso i decenni.
Dalla vittimizzazione sentimentale degli anni Sessanta e Settanta ("piango perché mi hai lasciato") si passa, talvolta, alla sacralizzazione dell’io creativo: un artista che reclama spazi inviolabili anche dagli affetti più prossimi, e che talvolta — l'ha messo in luce in un suo testo Roberto Vecchioni — riduce figli e compagna a vuoti dettagli sacrificati al trenino della letteratura.
È un’altra forma di autoreferenzialità, più colta ma non meno problematica: il soggetto-poeta si erge a custode del senso, e in questo stesso gesto rischia di dissolvere l’altro — non più assente per dolore, ma marginale per struttura. L’evoluzione è emblematica: dai fiori per l’assente ai monologhi del genio incompreso, il denominatore comune resta l’io al centro, che pretende comprensione senza offrirla, ascolto senza restituirlo.

Forse è proprio questo il destino delle canzoni: non restare mai ferme.

Passano da una lingua all’altra, cambiano voce, prospettiva, funzione. Si piegano ai codici del tempo e, nel farlo, ne rivelano le crepe. Ogni nuova rielaborazione è una domanda rivolta al presente: che cosa possiamo ancora dire dell’amore, della perdita, del ritorno?
E così, dalla pioggia sentimentale di Simon Butterfly al pudore filiale di Marie Laforêt, fino alla fermezza poetica di Marianna Toli, non assistiamo soltanto a un gioco musicale. Assistiamo alla riscrittura del linguaggio affettivo.
Non si può dire, al momento, molto di più: le fonti disponibili sulla genesi e la diffusione di Rain Rain Rain sono piuttosto lacunose. La stessa voce di Wikipedia si limita a riportare dati essenziali su autore, anno e adattamenti principali, senza approfondire le dinamiche editoriali o gli aspetti narrativi e poetici delle letture che ne sono derivate.
Cercando online, ci si può imbattere in molte altre versioni, persino in una in lingua tedesca dello stesso Simon Butterfly, coeva a quella inglese.

In fondo, si potrebbe dire che il brano originale sia la cover di se stessa, un paradosso che ne rivela la natura più autentica: non un testo, ma un’idea musicale in costante metamorfosi.

Tra gli altri testi in circolazione, si segnala quello cecoslovacco di Karol Duchon, Šiel šiel (si potrebbe tradurre con "se ne andò" o "partì"), che assume un'accezione quasi eroica, trasformando il lamento in un viaggio epico, solenne.
Poi c'è quello polacco di Lidia Stanisławska, Wiem wiem (un verbo che richiama Viens viens come la spagnola Ven ven, ma che si deve tradurre con "So so")  che si focalizza su una nuova introspezione.
Merita un cenno la turca di Füsun Önal, Gel gel, che ha un tono più leggero e quasi giocoso.
Infine,  la rielaborazione orchestrale di Paul Mauriat che, pur facendo a meno di un testo, veicola un'emozione profonda sottolineando, in fondo, la versatilità  e la forza intrinseca della melodia originaria.





Davide Dotto
Leggi >
5 libri da leggere a settembre

5 libri da leggere a settembre

5 libri da mettere nella TBR di settembre

Professione lettore Di Stefania Bergo. Cinque libri da mettere nella lista di lettura di settembre: romanzi che scavano nelle pieghe della memoria e della psiche, racconti di resilienza, emancipazione, musica e mondi fantastici, perfetti per accompagnarti verso l'autunno.

Settembre è il mese dei nuovi inizi: si torna alla routine dopo l’estate, ma anche con la voglia di nutrire la mente e aprirsi a nuove prospettive. E quale modo migliore se non attraverso la lettura? Dai romanzi che scavano nelle pieghe della memoria e della psiche, ai racconti di resilienza, passando per storie di emancipazione, musica e mondi fantastici. Storie che parlano di vita vera o immaginifica, di dolore e speranza, di battaglie personali e collettive, cinque libri perfetti per accompagnarti verso l'autunno.

  1. Divina Mania di Giovanna Pandolfelli: un viaggio tra memoria, follia e umanità dimenticata.
  2. Il mio nome è Sally di Marina Vicario: un dialogo con il cancro tra paura, coraggio e rinascita.
  3. Luci nella tempesta di Katia Manfredi e Alberto Traetta: una donna, una sfida, un viaggio oltre i pregiudizi e gli stereotipi.
  4. Gli anni del grunge a cura di Giacomo Graziano: la colonna sonora di una generazione ribelle.
  5. Clack! di Edoardo Morelli: un fantasy di formazione tra mondi paralleli, diversità e inclusione.


Divina Mania di Giovanna Pandolfelli: un viaggio tra memoria, follia e umanità dimenticata. Una testimonianza viva che mescola realtà e finzione, restituendo voce a chi la società ha relegato ai margini.

Divina Mania

Divina Mania

di Giovanna Pandolfelli
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Narrativa
Copertina flessibile | 226 pag
ISBN 9791254587027
cartaceo 14,00€
ebook 2,99€

In Divina Mania la linea sottile tra normalità e follia si dissolve, dando vita a un racconto intenso e poetico che intreccia memoria personale e storia collettiva.
Sullo sfondo della Palermo degli anni Sessanta, alle soglie della rivoluzione portata dalla legge Basaglia, una bambina cresce all’interno de La Real Casa de’ Matti, l’ospedale psichiatrico diretto dalla nonna, Donna Rosaria. Tra i giardini del manicomio e i corridoi carichi di voci inascoltate, la protagonista scopre un mondo “al rovescio”, dove ciò che è considerato normale fuori diventa eccezione dentro, e viceversa. Qui incontra volti e storie indimenticabili: Vito che coltiva fiori e ricordi, Teresa che incarna solitudine e speranza, Germano, Ada e Carmela, ognuno portatore di un frammento di umanità fragile e autentica.
Con l’innocenza dello sguardo infantile, la bambina impara a leggere le emozioni, a decifrare il silenzio e a riconoscere un senso di appartenenza in un luogo di emarginazione e dolore. La nonna, innovatrice e visionaria, porta sollievo attraverso l’arte e il lavoro manuale, trasformando il manicomio in un laboratorio di dignità e cura.
Divina Mania mescola realtà e finzione, restituendo voce a chi la società ha relegato ai margini. È un inno alla resilienza, alla possibilità di guarire attraverso le relazioni, e un invito a riflettere sul significato stesso di “normalità”.
Un libro emozionante, ideale per chi ama le storie di formazione e i racconti che esplorano la psiche umana. Un’opera che tocca il cuore e la mente, lasciando un segno profondo.

Il mio nome è Sally di Marina Vicario: un dialogo con il cancro tra paura, coraggio e rinascita. Una testimonianza autentica che trasforma la fragilità in forza.

Il mio nome è Sally

Il mio nome è Sally

di Marina Vicario
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Narrativa | Non-fiction
Copertina flessibile 20x13 – Tascabile | 108 pagine
ISBN 9791254586389
Ebook 2,99€
cartaceo 12,00€

Luglio 2022. Marina riceve una diagnosi che le cambia la vita: tumore al seno. Da quel momento inizia un confronto intimo e disarmante con un interlocutore invisibile ma concreto, al quale dà un nome e un’identità: Sally.
In questo diario intenso e autentico, le voci di Marina e Sally si intrecciano, creando un dialogo privo di consolazioni facili e bugie rassicuranti. Sally diventa una presenza costante: a volte dura, a volte sorprendentemente sincera, specchio impietoso ma anche compagno di un percorso che alterna sofferenza, resilienza e trasformazione.
Durante le lunghe sedute di chemioterapia, Marina affida alle pagine di un quaderno il suo viaggio oncologico ed emotivo: dalla paura iniziale, alla lotta quotidiana, fino alla consapevolezza che la vera conclusione non coincide con la guarigione, ma con il cambiamento profondo dello sguardo sulla vita.
Il mio nome è Sally parla di coraggio, vulnerabilità e rinascita. Un’opera capace di toccare il cuore di chi affronta la malattia, ma anche di chi desidera comprendere più a fondo l’esperienza di chi vive un percorso oncologico. Un memoir che dà valore al presente e pone l'accento sulla necessità di trovare senso anche nel dolore. Un testo potente, ideale per chi cerca storie vere di resilienza, libri sulla malattia e la guarigione interiore, o semplicemente una testimonianza autentica che trasforma la fragilità in forza.

Luci nella tempesta di Katia Manfredi e Alberto Traetta: una donna, una sfida, un viaggio oltre i pregiudizi e gli stereotipi. Un romanzo intenso e attuale che unisce narrativa contemporanea, tematiche di empowerment femminile e introspezione psicologica.

Luci nella tempesta

Luci nella tempesta

di Katia Manfredi e Alberto Traetta
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Narrativa
Copertina flessibile | 176 pagine
ISBN 979-1254585498
ebook 2,99€
cartaceo 13,00€

Dopo il successo di Petrolio bollente, torna Gabriella Di Tullio, brillante ingegnera che lavora in una multinazionale petrolifera e che, ancora una volta, deve confrontarsi con un mondo professionale maschilista e competitivo, dove dimostrare il proprio valore è una lotta quotidiana. Questa volta la missione la porta ad Aberdeen, in Scozia, su una piattaforma petrolifera alle prese con un guasto al compressore. Un compito complesso che diventa anche un viaggio interiore, fatto di scontri, battibecchi e sfide personali, soprattutto con il suo capo Gaetano Caruso: autoritario, intimidente, ma allo stesso tempo legato a un passato doloroso che si intreccia con quello della protagonista.
Mentre Gabriella cerca di farsi strada, emergono domande esistenziali più profonde: come dare un senso al dolore, come trovare la forza di rialzarsi quando il destino sembra giocare sporco? In questo percorso, un ruolo cruciale lo svolgono suo fratello Federico e i misteriosi biglietti di incoraggiamento lasciati sul parabrezza della sua auto, enigmatica presenza che invita a non arrendersi mai.
Luci nella tempesta è un romanzo intenso e attuale che unisce narrativa contemporanea, tematiche di empowerment femminile e introspezione psicologica. Una storia che parla di resilienza, determinazione e speranza, capace di emozionare e far riflettere su ciò che significa davvero trovare la propria voce in un mondo che spesso vuole metterla a tacere.
Un libro ideale per chi ama le storie di donne forti, i romanzi che affrontano con realismo il mondo del lavoro e le difficoltà di affermarsi in ambienti ostili, senza rinunciare a interrogarsi sul senso più profondo della vita.

Gli anni del grunge a cura di Giacomo Graziano: la colonna sonora di una generazione ribelle. Un viaggio nella memoria collettiva, attraverso le testimonianze di giornalisti, critici musicali, organizzatori, musicisti, DJ e promoter.

Gli anni del grunge

Gli anni del grunge
Italia 1989-1996

a cura di Giacomo Graziano
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Racconti non-fiction | Aneddoti,interviste
ISBN 979-1254582909
cartaceo 15,00€
ebook 2,99€

Italia, 1989-1996. Il grunge irrompe sulla scena musicale come un terremoto capace di scuotere le fondamenta del rock e mettere in ombra il pop. Nato nell’underground del Northwest americano, questo movimento diventa presto una supernova che travolge tutto e tutti, portando con sé storie di genialità, disagio e ribellione.
In Gli anni del Grunge rivivono i protagonisti di quella stagione irripetibile: Kurt Cobain, Chris Cornell, Layne Staley, Andrew Wood e tanti altri artisti che con la loro musica “sporca e rumorosa” hanno dato voce a un’intera generazione in cerca di autenticità. Attraverso le testimonianze di giornalisti, critici musicali, organizzatori, musicisti, DJ e promoter, il libro ricostruisce il passaggio del grunge in Italia: dai concerti memorabili nei club e nei grandi palchi, fino all’emozione di stringere tra le mani un vinile di Nevermind o Ten, simboli di un’epoca dirompente e rivoluzionaria.
Il grunge non è stato solo un genere musicale: è stato un manto protettivo, un rifugio per chi si sentiva fuori posto, un linguaggio universale di inquietudine e resistenza. Gli anni del Grunge è un viaggio nella memoria collettiva, ideale per chi ha vissuto quegli anni e per chi vuole riscoprire la forza di un movimento che ha cambiato per sempre la storia della musica.

Clack! di Edoardo Morelli: un fantasy di formazione tra mondi paralleli, diversità e inclusione. Non solo viaggio immaginifico ma progetto solidale a sostegno di T.A.R.T.A. BLU, associazione che aiuta le famiglie con figli nello spettro autistico.

Clack!

Clack!

di Edoardo Morelli
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Fantasy | Young adult
ISBN 979-1254584514
Cartaceo 17,00€
Ebook 2,99€

Non sempre ciò che vediamo corrisponde alla realtà, e a volte la realtà non è una sola. In Clack! entriamo nel mondo di Matteo, un ragazzo di 16 anni taciturno, con difficoltà neuromotorie e un rapporto complicato con il tempo e le porte chiuse, il cui rumore secco – clack! – è come un pugno.
Un giorno, attraversando un tunnel, Matteo si ritrova catapultato in un bosco surreale, dove il tempo perde significato e tre fazioni di creature straordinarie lottano per la supremazia. Qui incontra Gabriele, una guida enigmatica che gli affida una missione speciale: imparare a guardare oltre le apparenze, a scoprire la connessione invisibile tra tutti gli esseri viventi e il mondo che li circonda.
Clack! è un romanzo fantasy di formazione che unisce avventura, introspezione e una riflessione profonda sul valore della diversità. Attraverso la lente dell’inclusione inversa, Matteo impara ad ascoltare e osservare con cuore e anima, trasformando le sue fragilità in punti di forza.
Questa storia non è solo un viaggio immaginifico: è anche un progetto solidale. I proventi di Clack! sostengono infatti T.A.R.T.A. BLU, associazione che aiuta le famiglie con figli nello spettro autistico. Un libro avvincente e commovente, perfetto per chi ama i romanzi fantasy, le storie di crescita personale e le narrazioni che mettono al centro l’inclusione e il rispetto per le differenze.



Stefania Bergo
Leggi >
100 anni di Paul Newman: 6 film cult da (ri)vedere in streaming

100 anni di Paul Newman: 6 film cult da (ri)vedere in streaming

100 anni di Paul Newman: 6 film cult da (ri)vedere in streaming

Cinema Di Stefania Bergo. Un secolo dalla nascita di un'icona del cinema americano, Paul Newman, l'attore, regista e filantropo dagli occhi di ghiaccio diventati leggenda, che ha saputo unire carisma naturale e intensità interpretativa, creando personaggi indimenticabili: sei film cult che l'hanno consacrato a Hollywood da (ri)vedere in streaming.

Il 26 gennaio 2025 è stato il centenario dalla nascita di Paul Newman, attore, regista e filantropo tra i più amati e rispettati nella storia del cinema. Con i suoi occhi azzurro ghiaccio – freddi solo nel colore – diventati leggenda, Newman ha saputo unire carisma naturale e intensità interpretativa, creando personaggi complessi e indimenticabili.
A renderlo una figura unica non è stata solo la sua carriera artistica, ma anche l’impegno civile, la passione per le corse automobilistiche e le straordinarie iniziative benefiche legate alla sua azienda alimentare Newman’s Own, fondata da insieme a A.E. Hotchner nel 1982, i cui profitti vengono interamente destinati alla Newman's Own Foundation, che a sua volta utilizza i fondi per sostenere diverse iniziative benefiche, con un'attenzione particolare ai bambini – tra cui diverse organizzazioni in Italia, come Dynamo Camp.

A cent'anni dalla nascita, restano i suoi personaggi più iconici, i film cult che l'hanno consacrato a Hollywood.

Film che attraversano diversi generi e fasi della sua carriera, mostrando la versatilità e la profondità del suo talento – a dispetto dell'Academy che fu alquanto parca di riconoscimenti nei suoi confronti – il carisma che incolla allo schermo, così come il suo sguardo profondo, ribelle, sempre velato di malinconia. Resta il simbolo di una mascolinità che non seguiva le mode dell'industria cinematografica del suo tempo, di una bellezza raffinata che non aveva bisogno di sovrastrutture.
Molti sono i film – 56, realizzati tra il 1954 (Il calice d'argento, di Victor Saville) e il 2002 (Era mio padre, di Sam Mendes) – e i personaggi indimenticabili. Ne ho scelti sei, quelli che secondo me sono imprescindibili per ripercorrere la sua carriera, per chi lo vuole ricordare e per chi ancora non lo conosce.
Voi quale aggiungereste a questa lista?


La gatta sul tetto che scotta

La gatta sul tetto che scotta

Drammatico – USA 1958
Regia di Richard Brooks
Con Elizabeth Taylor, Paul Newman, Burl Ives, Jack Carson, Judith Anderson, Madeleine Sherwood, Larry Gates, Vaughn Taylor
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su Tim Vision
Tratto dall’omonima pièce di Tennessee Williams, che nel 1955 vinse il premio Pulitzer, questo dramma familiare, ambientato in una calda notte nel Mississippi degli anni '50, è uno dei primi grandi successi di Newman.
Il film segue la crisi personale e familiare di Brick Pollitt, che si ritrova confinato nella villa dei genitori con la moglie Maggie, soprannominata "la gatta", per celebrare il 65º compleanno del padre, Harvey "Big Daddy", malato terminale di cancro.

Senza dubbio, uno dei suoi film più famosi, un'interpretazione che gli è valsa la sua prima candidatura all'Oscar. Il suo ruolo di Brick Pollitt, ex campione sportivo tormentato e anaffettivo, lo consacra come uno degli attori più promettenti della nuova generazione hollywoodiana. Un personaggio intenso, in lotta coi suoi demoni, incoscientemente alla ricerca di una mano tesa per tenerlo a galla oltre il collo della bottiglia cui si attacca spesso e volentieri per evadere dalla realtà. Uno scontro col padre, cui più che rimproverare qualcosa teme di assomigliare, un muro costruito con la moglie, una splendida e appassionata Liz Taylor che malgrado il tetto rovente, perfetta allegoria di un matrimonio in crisi, resta arpionata a un amore cui non vuole rinunciare – la tensione emotiva tra Newman e Taylor è palpabile e indimenticabile.


Detective's Story

Detective's Story

Drammatico – USA 1966
Regia di Jack Smight
Con Paul Newman, Lauren Bacall, Julie Harris, Arthur Hill, Janet Leigh, Pamela Tiffin, Robert Wagner, Robert Webber, Shelley Winters
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su Chili
Tratto dal romanzo Bersaglio mobile (1949) di Ross Macdonald, uno dei più importanti autori del genere letterario hard boiled.
Elaine Sampson, ricca signora della buona società, incarica il detective Harper di ritrovare il marito scomparso, del quale sospetta il rapimento. Compare anche una richiesta di riscatto, però Harper capisce che è solo una messa in scena. Dopo molte e infruttuose ricerche che lo vedono coinvolto in strani incidenti, sempre salvato dall'avvocato di famiglia, scopre il cadavere di Sampson e smaschera il colpevole.

In questo noir moderno, Newman interpreta il detective privato Lew Harper, cinico, brillante e affascinante. Il personaggio, che richiama l’archetipo dell’investigatore hard-boiled alla Raymond Chandler, diventa uno dei suoi ruoli più amati negli anni ’60. Il successo fu tale da portare a un seguito nel 1975, Detective privato .


Nick mano fredda

Nick mano fredda

Drammatico – USA 1967
Regia di Stuart Rosenberg
Con Paul Newman, George Kennedy, J. D. Cannon, Lou Antonio, Robert Drivas, Strother Martin, Jo Van Fleet
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su Prime Video
Condannato a due anni di reclusione, e annessi lavori forzati, per aver distrutto da ubriaco una serie di parchimetri, il brillante Nick diviene un simbolo di ribellione e di antiautoritarismo, amato dai compagni e odiato dai guardiani. Sconfitto dalla vita – la donna che amava l'ha lasciato per un uomo ricco –, devastato dai lutti familiari – durante la prigionia la madre muore di cancro – e con niente da perdere, Nick tenta più volte la fuga.
Il secondo tentativo, in particolare, sembra andare a buon fine, tanto che Nick manda una sua foto, in compagnia di due avvenenti ragazze, agli ex amici detenuti – in realtà, solo un fotomontaggio per rallegrare i compagni. Nuovamente catturato, tenta la fuga una terza volta: questa volta, però, il tentativo si rivela fatale. Rimarrà comunque vivo nel ricordo ammirato dei compagni di pena.

Forse la performance più emblematica di Newman, che gli valse una candidatura all’Oscar. Luke Jackson, detenuto ribelle in un carcere del Sud degli Stati Uniti, è un simbolo di resistenza individuale contro l’autorità oppressiva. Il film è diventato un cult e Luke una figura iconica della cultura americana.


La stangata

La stangata

Drammatico – USA 1973
Regia di George Roy Hill
Con Paul Newman, Robert Redford, Robert Shaw, Charles Durning, Ray Walston, Eileen Brennan, Harold Gould
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su YouTube
Nel 1936, a Joliet (Illinois), il giovane truffatore Johnny Hooker assiste all’omicidio del suo amico e mentore Luther, ucciso per aver truffato il corriere del potente boss mafioso Doyle Lonnegan. In cerca di vendetta, Hooker si reca a Chicago e si allea con il leggendario imbroglione Henry Gondorff per organizzare una truffa colossale ai danni del boss.
I due mettono in piedi una finta bisca di scommesse su corse di cavalli, coinvolgendo un’intera squadra di complici. Dopo aver guadagnato la fiducia di Lonnegan con una partita di poker truccata, lo convincono a puntare 500.000 dollari sulla base di “soffiate” truccate sui risultati delle corse. Il colpo si conclude con un finto scontro a fuoco davanti agli occhi del boss, che fugge.

Dopo il successo di Butch Cassidy, la coppia Newman-Redford torna in questo capolavoro del cinema truffaldino ambientato negli anni '30. Newman è Henry Gondorff, un maestro della truffa che orchestra un inganno spettacolare. Il film, impeccabile per ritmo, ironia e costruzione narrativa, vinse 7 Oscar, tra cui miglior film, ed è considerato uno dei più raffinati esempi del genere.


Il verdetto

Il verdetto

Drammatico – USA 1982
Regia di Sidney Lumet
Con Paul Newman, Charlotte Rampling, Jack Warden, James Mason, Milo O'Shea
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su YouTube
Dramma giudiziario tratto dall'omonimo romanzo di Barry Reed, ottenne cinque candidature agli Oscar.
Frank Galvin, ex avvocato di successo ora alcolizzato, si ritrova tra le mani una causa complessa e assai importante in cui viene citato un famoso ospedale. Logica vorrebbe che Frank accettasse i 210.000 dollari di risarcimento che l'ospedale offre per patteggiare e non procedere in giudizio, ma la drammatica visione dello stato in cui versa la propria cliente, in coma a causa della gravissima negligenza dei medici, e il suo rinnovato spirito di rinascita umana e professionale, lo spingono ad affrontare la causa, anche contro la volontà dei familiari della stessa assistita. Dovrà resistere contro i colpi del celeberrimo avvocato dell'istituto sanitario, che lo priverà del principale consulente alla difesa e che corromperà una affascinante donna per spiarne le mosse.

In questa intensa pellicola giudiziaria, Newman interpreta Frank Galvin, un avvocato caduto in disgrazia che tenta il riscatto attraverso un caso impossibile. È una delle sue performance più mature e struggenti, che gli valse una delle sue nove candidature all’Oscar come attore protagonista – non vinse, ma in compenso gli fu consegnato il David di Donatello come miglior attore straniero.

Il colore dei soldi

Il colore dei soldi

Drammatico – USA 1986
Regia di Martin Scorsese
Con Paul Newman, Tom Cruise
Disponibile per l'acquisto o il noleggio su YouTube
«Qui non si tratta di biliardo, non si tratta di sesso, né si tratta di amore, ma solo di soldi: insomma, il più bravo è solo quello che ha più soldi.»

Edward Felson, detto Eddy lo svelto, è ormai un ricco procacciatore di alcolici. Sono passati 20 anni dal suo burrascoso e tragico passato e non ha più interesse al tavolo da biliardo, si dedica alla vendita di whisky e alla sua relazione con Janelle.
Casualmente assiste a una partita del talentuoso Vincent Lauria contro Julian, il miglior giocatore della zona, e si riaccende in Eddie una fiamma mai spenta. Rivede nell'acerbo ragazzo se stesso da giovane: enorme potenzialità e stessa spocchia di essere in assoluto il più furbo, con le sue stesse sotterranee lacune psicologiche.
Eddie riesce a convincere il giovane e la sua ragazza Carmen a seguirlo in un giro del paese alla ricerca di polli da spennare. Così, anni dopo la sofferta separazione dal biliardo, i tre riprendono il giro di saloni nelle vicinanze.
Molte cose sono però cambiate nel tempo, anche il gioco, e molti dei trucchi di Eddie sono oramai conosciuti dalla maggior parte di quelli che intende truffare. In questo agrodolce tour attraverso alcuni stati americani, Eddie capisce ancora una volta e a proprie spese di non potersi mai fidare di nessuno.

Se Lo spaccone (1961) mostrava il giovane Eddie Felson alle prese con il biliardo e l’ambizione, Il colore dei soldi ci restituisce un Newman più disilluso ma ancora magnetico, nel ruolo dello stesso personaggio in età matura. Questa volta l’Oscar arriva davvero, come miglior attore protagonista, a coronare una carriera già leggendaria.




Stefania Bergo
Leggi >
Squid Game: la  potente allegoria della società contemporanea

Squid Game: la potente allegoria della società contemporanea

Squid Game: la  potente allegoria della società contemporanea

Serie TV Di Angelo Gavagnin. Squid Game: disponibile su Netflix la terza e ultima stagione, ancora più violenta, irrazionale e disumana, potente allegoria dei meccanismi spietati che regolano la società contemporanea.

La terza e ultima stagione di Squid Game è uscita su Netflix il 27 giugno 2025in abbonamento sono disponibili tutte e tre le stagioni. Io le ho viste tutte e tre. La prima, una novità assoluta.
Tutti ormai sappiamo di cosa stiamo parlando: persone indebitate senza nessuna possibilità di pagare, che decidono (sono spinte), a mettere in gioco loro stesse, ciò che sono. La speranza e promessa è di un guadagno enorme e veloce, risolutore di tutti i problemi. Quello che non sanno fino all’inizio dei giochi, è che uno solo può vincere e tutti gli altri moriranno.
Naturale che questo scateni l’istinto di sopravvivenza e provochi inaudita violenza anche in chi non sospettava nemmeno di esserne capace.

Si vede subito che ci sono personaggi inclini al sotterfugio, abituati a mentire e a raggirare gli altri.

Infatti, all’inizio sono proprio i più buoni e umani che soccombono. Non avere la minima empatia nei riguardi di nessuno è una qualità che salva i peggiori durante i giochi.
Leggere i rapporti sociali con questo genere di lenti è davvero deprimente, ma forse, con meno violenza fisica e qualche regola che non possiamo certo superare, la tendenza nelle moderne società dei guadagni e dei consumi a ogni costo, è proprio questa. Non sono certo i più buoni a farcela, non c’è un’etica per cui se sei empatico, aiuti gli altri, ti comporti bene e sei incline a volere che il tuo prossimo sia felice quanto te, allora la tua vita sarà un successo e avrai tutto ciò che ti serve perché sei onesto. Purtroppo non è così. Raggiungere il successo è più facile per i cinici, quelli che possono anche truffare (nel senso più ampio del termine) senza sensi di colpa o semplicemente sfruttano l’umanità che hanno intorno.

Mors tua vita mea: in Squid Game ogni morte aumenta il montepremi ai sopravissuti.

È sconvolgente perché è così chiaro come non lo è mai stato, è la fine di ogni fiducia negli altri, anche i più buoni per sopravvivere devono adeguarsi alla cattiveria imposta come regola sociale di sopravivenza. Ogni partecipante si rende conto chiaramente che quelli che riescono a sopravvivere ai giochi sono i peggiori esseri che abbiano mai incontrato, loro hanno le qualità per vincere.

Come in tutte le fiabe, c’è sempre “uno sciocco” che ha la crisi di coscienza.

È il protagonista numero 456 Gi-Hun, che dopo aver vinto il premio in denaro alla prima stagione, decide di usarlo per rientrare nel gioco con l’intento di distruggerlo.
Non aggiungo altro perché si entra nella terza stagione che molti probabilmente ancora non hanno visto. Posso solo dire che, la terza e ultima stagione, è ancora più violenta delle due precedenti e che i protagonisti si trovano ad affrontare situazioni sempre più irrazionali e disumane.
L’orrore è nei giochi ma ancora di più in una società che li rende plausibili.

Squid Game è una potente allegoria dei meccanismi spietati che regolano la società contemporanea.

Dietro tutto ciò, ci sono solo dei ricchi annoiati e in cerca di emozioni forti che si possono comprare, che godono a vedere dei poveracci che calpestano i loro stessi principi per guadagnare tanti, tanti soldi: è ciò che hanno fatto da sempre, ma senza rischiare la loro vita.



Mi è capitato di fare la comparsa al trailer girato a Venezia in occasione dell'uscita della seconda stagione.

Comparse al trailer girato a Venezia in occasione dell'uscita della seconda stagione



Angelo Gavagnin
Leggi >
3 saggi usciti nel 2025 da leggere in vacanza

3 saggi usciti nel 2025 da leggere in vacanza

3 saggi usciti nel 2025 da leggere in vacanza

Professione lettore Di Stefania Bergo. Tre letture diverse, ma tutte capaci di lasciare il segno. Perché anche in vacanza, leggere può essere un atto di consapevolezza.

L’estate è il tempo delle pause, dei ritmi lenti, dei tramonti che si allungano. Ma può essere anche l’occasione ideale per leggere saggi che ci aiutano a comprendere il passato, decifrare il presente e immaginare un futuro più consapevole. Se cercate letture che lascino il segno, ecco tre proposte uscite nel 2025 che uniscono rigore, umanità e profondità. Storie vere, esperienze dure, analisi lucide: parole che non solo informano, ma trasformano.

Fratelli in armi di Tamara Marcelli: la memoria di una generazione spezzata.

Fratelli in armi

Fratelli in armi
Soldati italiani nella seconda guerra mondiale, tra Fronti, prigionia e guerra di liberazione

di Tamara Marcelli
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Saggio storico
ISBN 979-1254584989
Cartaceo 18,00€
ebook 3,99€

Cosa significa davvero andare in guerra? In Fratelli in armi, Tamara Marcelli ci accompagna nel cuore della Seconda guerra mondiale seguendo le vicende reali di giovani soldati italiani, fratelli e cugini, partiti da un piccolo borgo del Cicolano e dispersi tra i fronti d’Europa, i campi di prigionia e la guerra di Liberazione. Attraverso il diario struggente di Lorenzo Marcelli e una meticolosa ricostruzione storica, l’autrice dà voce agli oltre 600.000 Internati Militari Italiani che, dopo l’8 settembre 1943, dissero “no” al fascismo e pagarono con la deportazione. È un libro che commuove, che racconta l’orrore e la dignità, e ci ricorda che senza memoria non c’è futuro. Un viaggio nella Storia che lascia il segno.

Il rito Juju e la tratta delle donne nigeriane di Michela Ottobrelli: il volto occulto della schiavitù moderna.

Il rito Juju e la tratta delle donne nigeriane

Il rito Juju e la tratta delle donne nigeriane

di Michela Ottobrelli
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Saggio antropologico
ISBN 979-1254589335
cartaceo 16,00€
ebook 3,99€

Dietro la promessa di una nuova vita in Europa, si cela spesso un incubo. Con sguardo attento e profondo, Michela Ottobrelli illumina uno dei meccanismi più spietati della tratta contemporanea: il rito Juju, vincolo psicologico e spirituale che assoggetta migliaia di donne nigeriane alla schiavitù sessuale. Questo saggio, frutto di ricerche sul campo e testimonianze dirette, svela come superstizione, paura e violenza si combinino con interessi criminali ben radicati in Europa. Ma non è solo denuncia: è anche una chiamata alla comprensione, alla responsabilità e all’azione. Perché conoscere è il primo passo per spezzare le catene invisibili che imprigionano ancora troppe donne.

Mutilazioni genitali femminili – Oltre il rito e la ferita di Giulia La Face: un approccio multidisciplinare per capire una realtà ancora oggi troppo radicata e trasformarla.

Mutilazioni genitali femminili. Oltre il rito e la ferita

Mutilazioni genitali femminili
Oltre il rito e la ferita

di Giulia La Face
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto
Saggio sociologico
ISBN 979-1254589892
ebook 3,99€ – IN USCITA
cartaceo 16,00€

È possibile coniugare rispetto culturale e difesa dei diritti fondamentali? In questo saggio potente e necessario, Giulia La Face affronta il tema delle mutilazioni genitali femminili con uno stile limpido e un approccio multidisciplinare. Dalla storia alla medicina, dal diritto internazionale alla pedagogia interculturale, Mutilazioni genitali femminili – Oltre il rito e la ferita analizza con profondità le radici di una pratica antica e il lento ma reale cammino verso il cambiamento. Un testo prezioso per chi lavora nel sociale, ma anche per chi desidera guardare il mondo con maggiore consapevolezza e umanità. Perché ogni ferita può diventare punto di partenza per una trasformazione.



Stefania Bergo
Leggi >
AIC e Assoceliaci: celiachia e interpretazioni normative a confronto

AIC e Assoceliaci: celiachia e interpretazioni normative a confronto

AIC e Assoceliaci: celiachia e interpretazioni normative a confronto

Lifestyle Di Elena Genero Santoro. Celiachia: come orientarsi tra ristoranti e prodotti di supermercato per l'alimentazione domestica? Le interpretazioni normative di AIC e Assoceliaci a confronto.

Non chiederti mai come le leggi e le salsicce vengono fatte. Otto von Bismarck
A meno che tu non sia un celiaco e voglia capire a quali contaminazioni vai incontro.

La celiachia è una reazione immunitaria all'assunzione di glutine che scatena un'infiammazione a livello dell'intestino tenue e causa malassorbimento e carenze nutrizionali.

In un mondo in cui la celiachia fatica a farsi prendere in considerazione, in cui ancora molti ristoratori chiedono ai celiaci qual è il grado della loro celiachia, confondendo la reattività individuale al glutine con la gravità della malattia che è identica per tutti, ho realizzato in tempi recenti che nella comunità celiaca italiana si è verificata una profonda spaccatura che prima o poi potrebbe portare a un vero e proprio scisma, come tra cattolici e protestanti ai tempi di Lutero.
La celiachia sta diventando come la religione. Quando ti dicono: sono cristiano, tu chiedi sì, ma cristiano cattolico o protestante? Quando ti dicono sono musulmano, tu chiedi sì ma sciita o sunnita? Ora quando conosco dei celiaci nuovi metto subito le mani avanti: celiaco team AIC o celiaco team Assoceliaci? Perché non è la stessa cosa, la radice è comune, ma i rami e le foglie sono molto diversi.
Se tutto va bene la risposta è: sono agnostico, Dio esiste, la celiachia esiste, ma non seguo nessuna fazione in particolare. Cerco di prendere il meglio da ciò che trovo in giro.

Quando mia figlia venne diagnosticata celiaca nel 2013, all'ospedale ci diedero delle indicazioni nutrizionali e ci indirizzarono all'AIC, Associazione Italiana Celiachia, che per noi diventò subito un punto di riferimento.

L'AIC sostiene i celiaci italiani con molte iniziative, dal supporto psicologico a quello pratico e concreto nella scelta degli alimenti e dei ristoranti.
Periodicamente l'AIC aggiorna due liste: quella dei prodotti acquistabili al supermercato e quella dei ristoranti che fanno parte del suo circuito.

I ristoranti che espongono il bollino AIC non hanno una certificazione, ma sono informati e seguono un protocollo per la gestione della celiachia.

Per cui, si tratta di un'adesione volontaria, ma è comunque una cautela in più, anche perché l'AIC effettua dei controlli periodici. È vero che ci saranno sempre dei locali AIC in cui qualcosa va storto, così come ci sono dei locali fuori dal circuito AIC che gestiscono la celiachia altrettanto bene, ma l'AIC e le indicazioni che fornisce rimangono un faro nel marasma della scarsa consapevolezza che vi è tra i ristoratori.

Per quanto riguarda i prodotti del supermercato per l'alimentazione domestica, ne esistono tre tipologie.

Si possono trovare:
  • prodotti col glutine (tipo la pasta di grano, o il pane ordinario di panetteria, assolutamente da evitare senza ombra di dubbio);
  • prodotti naturalmente senza glutine (quelli come pasta, pane e biscotti specificamente formulati per i celiaci, oppure, per esempio, la verdura e le frutta fresche);
  • prodotti a rischio, che sono i più insidiosi.

Su quelli a rischio l'AIC definisce delle linee guida rigorose, che tengono conto del procedimento con cui un alimento viene prodotto. Per esempio, il riso, il prosciutto crudo, lo speck, possono essere consumati senza porsi domande, ma se andiamo sul prosciutto cotto, su uno yogurt, su un sugo, su un vasetto di pesto, che sono preparati inglobando più costituenti, ci potrebbe essere stato l'uso di farine contenenti glutine.
E allora bisogna discriminare ogni singolo caso.

L'AIC ogni anno aggiorna un volume di alimenti confezionati idonei per i celiaci.

Volume che nel frattempo è stato affiancato da una app per lo screening in tempo reale tra gli scaffali del supermercato.
In Italia però siamo dei celiaci ben abituati, perché la maggior parte dei prodotti potenzialmente dubbi riporta esplicita la dicitura "senza glutine" (gluten free), il che significa che per il celiaco è idoneo. Per cui, nella grande distribuzione italiana, per un celiaco non è difficile mangiare. Wurstel? Senza glutine, e si prendono. Yogurt? Senza glutine, e si prendono. Quasi tutti questi prodotti teoricamente rischiosi sono senza glutine e riportano la scritta esplicita. Poi, se sulla salsa che volevo mettere nel carrello non ci fosse la scritta evidente, nel dubbio potrò sempre ripiegare su una salsa simile dove invece questa evidenza è bella chiara.

Alimenti gluten free

Quindi, in Italia è molto raro che il celiaco al supermercato pianga perché non trova nulla da mangiare, anzi.

Qualche difficoltà in più si riscontra con brand di nicchia, magari nei discount, ma una Coop o un Conad forniscono prodotti confezionati relativi a marchi che hanno tutte le indicazioni possibili e spesso sono attenti anche nella gastronomia sfusa.
Il celiaco in Italia ha vita semplice per l'alimentazione domestica, mentre un po' più dura è quando si reca all'estero soprattutto in certi stati, come la Francia. Tutte queste indicazioni, "senza glutine", in altri paesi europei non sono altrettanto diffuse. La normativa è valida per tutta l'Unione Europea, eppure ci sono differenti approcci interpretativi e soprattutto applicativi.

I regolamenti che riguardano il glutine in Unione Europea sono due.

Il primo è il Regolamento (UE) n. 828/2014, quello che norma le etichette di cui sopra.
Un alimento che riporta la scritta "senza glutine" è, per legge, un alimento che può contenere un massimo di 20 ppm di glutine, quindi idoneo alla dieta del celiaco. L'azienda che scelga di riportare tale dicitura esplicita (o il simbolo della spiga barrata, che è equivalente), sta dicendo: "ti garantisco che questo alimento va bene, che ho il controllo di tutta la filiera di fornitura, effettuo periodicamente delle analisi e posso affermare con certezza che l'alimento è adatto a un celiaco".
Quindi, l'azienda che inserisce in etichetta la dicitura esplicita "senza glutine" si assume la responsabilità di ciò che mette sugli scaffali e l'utente finale non dovrebbe più porsi domande. Su questo primo regolamento non ci sono particolari dubbi interpretativi.

Ma se la scritta "senza glutine" non è riportata?

Se ho un budino che contiene latte, zucchero e amido di mais ma non ha l'indicazione "senza glutine"?
C'è un altro regolamento, che è la pietra dello scandalo e che dà adito a discussioni. È il Regolamento (UE) 1169/2011 che dice che i quattordici principali allergeni (di cui il primo è "cereali contenenti glutine") devono essere sempre esplicitamente riportati nella lista degli ingredienti, che si tratti di cibi del supermercato o di quelli del ristorante.
La lista degli allergeni obbligatoriamente da dichiarare è nell'Allegato II.
Articolo 9
Elenco delle indicazioni obbligatorie
1. Conformemente agli articoli da 10 a 35 e fatte salve le eccezioni previste nel presente capo, sono obbligatorie le seguenti indicazioni:
  1. la denominazione dell’alimento;
  2. l’elenco degli ingredienti;
  3. qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata.

E qui arriviamo allo scisma interpretativo. C'è un gruppo di celiaci, che di recente ha fondato anche l'associazione Assoceliaci, che afferma: "Si può mangiare tutto ciò che nella sua lista di ingredienti non riporta la presenza di glutine".

Se il glutine, o il frumento, o l'orzo non sono menzionati, allora significa che l'alimento è idoneo. Il che è simile alla prassi che viene seguita da alcuni altri stati europei.
Tuttavia c'è un però.
Riporto quanto rispostomi dall'AIC circa un anno fa:
Non è fatto però obbligo al produttore di indicare la possibile presenza di un allergene per contaminazione (la famosa dicitura "Può contenere..."), indicazione che, in assenza di specifica disciplina, viene fornita al momento volontariamente e senza una regolamentazione precisa, in ottemperanza del divieto di introdurre sul mercato alimenti potenzialmente pericolosi per la salute.
Rispetto alle contaminazioni accidentali, per definizione non quantificabile, la norma europea in vigore in tema di etichettatura (il Regolamento 1169 del 2011), rimanda a futuri atti, non emanati, ed è quindi a oggi incompleta, conseguentemente non chiara e oggetto di interpretazioni differenti, anche da Paese a Paese, come da lei correttamente evidenziato.
La lacuna della norma è stata confermata dalla stessa Commissione Europea nella recente risposta del novembre 2023 all’interrogazione di due europarlamentari italiani sensibilizzati da AIC nell’ambito della sua azione di lobby delle istituzioni su questo specifico tema, alla nostra attenzione da molti anni.

La Commissione Europea ha risposto all'interrogazione confermando la lacuna segnalata dall'AIC, ma ha rigirato il problema al Codex Alimentarius.

Sebbene l'etichettatura precauzionale, come la dicitura "può contenere", non sia attualmente disciplinata da una legislazione specifica dell'UE e sia fornita su base volontaria, gli operatori del settore alimentare devono garantire che tale etichettatura non sia fuorviante, ambigua o confusa per il consumatore e che sia basata, se del caso, su dati scientifici pertinenti. Le autorità nazionali hanno inoltre il dovere di valutare e verificare caso per caso la compatibilità di tali informazioni con la pertinente legislazione dell'UE.
La Commissione continua a seguire da vicino e attivamente le discussioni in corso su un modo armonizzato e significativo per fornire un'etichettatura precauzionale degli allergeni (PAL) in seno al comitato sull'etichettatura dei prodotti alimentari del Codex Alimentarius.
In due parole: se il glutine figura tra gli ingredienti o gli additivi, deve essere obbligatoriamente menzionato.

Ma se in una fase del processo è avvenuta una contaminazione di qualsivoglia natura, la lista degli allergeni non è sufficiente a indicare l'assenza o la presenza del glutine.

Ci vorrebbe per lo meno la frase "può contenere..." che però non è obbligatoria. E l'azienda che non si è premurata di testare la presenza di glutine accidentale nei suoi prodotti, non è forzata a fornire indicazioni.
Anche Assoceliaci sa che "può contenere..." non è una dicitura obbligatoria, come anche riportato nel parere che il Ministero della Salute italiano ha fornito, su loro richiesta, in data 11 gennaio 2024, ma secondo Assoceliaci il "può contenere..." è abusato, messo a sproposito anche senza evidenze; secondo AIC la sua assenza è una grave carenza.

La frase della Commissione Europea "tale etichettatura non sia fuorviante, ambigua o confusa per il consumatore e che sia basata, se del caso, su dati scientifici pertinenti" viene letta con due significati diversi.

Per Assoceliaci "fuorviante e non basata su dati scientifici" significa che il produttore sta inserendo il PAL a sproposito solo per tutelarsi legalmente anche se il glutine non c'è. E se c'è, in una contaminazione è talmente poco da non causare danni.
Assoceliaci si rifà anche all'ultima Relazione al Parlamento sulla Celiachia del 2023, nel paragrafo in cui viene detto:
L’etichettatura precauzionale, se frutto di una corretta valutazione del rischio, rappresenta una valida alleata del consumatore che può scegliere in maniera consapevole il prodotto più adatto al suo profilo di salute. Nella realtà, invece, si assiste ad un abuso del PAL che viene applicato anche in assenza di una valutazione del rischio. I risultati delle indagini che sono state condotte sull’applicazione del PAL hanno dimostrato che in presenza di PAL non sempre viene rilevata la presenza di allergeni non intenzionali e che spesso la formulazione del PAL non ha nessuna relazione con il rischio reale.
Per AIC "fuorviante e non basata su dati scientifici" significa che potrebbe esserci un rischio di glutine non valutato, che il produttore non ha effettuato i dovuti controlli e tuttavia non indica in etichetta la possibilità della contaminazione.

D'altronde, affermare che il PAL sia abusato e menzionato spesso a sproposito non implica che, al contrario, ci sia sempre quando serve. Anzi.

Assoceliaci si sta dando molto da fare per dimostrare che, se il glutine non è presente nella lista degli allergeni, di fatto nell'alimento non c'è. Quindi la lista degli allergeni sarebbe sufficiente. Fanno analizzare prodotti, sulla loro pagina IG riportano i risultati delle analisi chimiche: il glutine è sempre sotto il livello di soglia. Hanno testato il Bounty, le barrette Lindt. Tutto negativo. Garantiscono di avere analizzato più lotti. Sulla pagina IG finora sono apparse poche tipologie di prodotto e per ciascuno un unico valore di analisi. Ci piacerebbe vedere dei dossier più nutriti, la ripetizione dell'analisi non una volta ma di più – almeno tre dati per ogni oggetto di studio – perché nella scienza la ripetibilità del dato è la base.
Anche la salsa di soia con frumento negli ingredienti è risultata negativa al test di Assoceliaci, qualcuno però contesta che che la FDA americana affermi che i test per il glutine di prodotti fermentati/idrolizzati potrebbero non dare risultati accurati. Di fatto, se negli ingredienti della salsa di soia è menzionato il frumento, non dovremmo evitare il prodotto proprio in base alla normativa allergeni che per Assoceliaci è la sacra Bibbia? Evitare senza nemmeno porsi la domanda, visto che la normativa è così millimetricamente precisa. Mi pare un po' contraddittorio.

Anche io, personalmente e soia a parte, ritengo che il rischio di trovare glutine laddove non dovrebbe esserci sia tutto sommato limitato.

Che, in fondo, nelle aziende le linee produttive devono garantire una certa igiene, non ci può finire la qualunque. Altro che il glutine!
D'altronde, gli allergici, come fanno? E nelle altre nazioni come fanno?
(E qui la battuta politicamente scorrettissima non riesco proprio a trattenerla: davvero ci fidiamo delle analisi chimiche e biologiche fatte in paesi che non hanno neppure il bidet? – Perdonatemi, dovevo scriverlo)
Ritorno al mio dubbio iniziale, quello che mi ha fatto interessare all'attività di Assoceliaci.

Celiachia: intolleranze e allergie

La gestione delle allergie è uno dei cavalli di battaglia di Assoceliaci e delle associazioni europee che seguono "la normativa".

L'assunto di Assoceliaci ha un'origine legittima. Di fatto gli allergici che conosco io girano sempre con l'adrenalina dietro e fanno una vita sacrificata. Poi ci sono allergeni, tipo il sedano, che è difficile trovare in un alimento se non sono aggiunti intenzionalmente. Invece altri, come il latte o i cereali, sono più presenti. Le fragole e le pesche nemmeno rientrano nella famosa lista degli allergeni del regolamento europeo, eppure possono causare serissimi problemi, il che mi fa propendere ancora una volta verso l'idea che davvero alla normativa allergeni manchi qualche pezzo.
Nel suo sito, AIC si esprime in questi termini:
Non dimentichiamo che i meccanismi di reazione delle persone allergiche al frumento (o ad altri cereali contenenti glutine) sono diversi da quelli dei celiaci, le soglie che gli operatori di solito utilizzano per valutare se riportare un warning per i soggetti allergici sono basate sul concetto di “dose per porzione” e non “concentrazione”, come per i celiaci. È quindi possibile che prodotti adatti ai celiaci (glutine inferiore ai 20 mg su kg) non lo siano per i soggetti allergici e viceversa prodotti adatti ai soggetti allergici (la dose oggi in discussione al Codex Alimentarius è di 5 mg proteine totali del frumento/porzione) non lo siano per chi è celiaco. Purtroppo, si tratta di un argomento molto complesso e il vuoto normativo rispetto all’informazione al consumatore sulla potenziale presenza non intenzionale di un allergene non è ancora stato colmato. I celiaci, però, hanno a disposizione una norma e un claim dedicati: il Regolamento 828/2014 e la scritta “senza glutine”. Affidiamoci ad essi con serenità.


Quindi, assimilare celiaci ed allergici è un concetto sbagliato come punto di partenza.

Come diceva un celiaco saggio e rigoroso con cui ho parlato un po' di tempo fa, ognuno dei suoi villi intestinali fa ciò che meglio crede.
Ognuno ha il diritto di vivere la celiachia come ritiene e se nel suo bilancio di costi e benefici il rischio di una contaminazione saltuaria e remota vale meno della libertà sociale, nessuno può forzarlo a fare il contrario.
Sappiamo tutti che una contaminazione sporadica può capitare a chiunque, anche a chi è attentissimo, e non uccide il celiaco. La celiachia non è un'allergia. Ma sappiamo anche che contaminazioni reiterate e ricorrenti si possono far sentire nell'intestino e nella salute generale.

Ma i residui di glutine da contaminazioni menzionati o no con un "può contenere..." possono rappresentare davvero un rischio per la salute?

Sicuramente l'approccio AIC è molto più cautelativo, più rigido e vincolante. Qualcuno lo trova inutilmente ansiogeno. Qualcuno ipotizza che l'AIC gestisca una lobby a fini di lucro. Qualcuno dice che AIC non è disposta al dialogo.
Magari un giorno le indicazioni AIC attuali verranno in parte o tutte sconfessate, ed è già successo: il cucchiaio di legno che nel 2013 mi era stato presentato come il demonio in cucina perché in grado di assorbire il glutine, si è dimostrato non essere un pericolo nei fatti. Adesso pare che anche lo scolapasta in comune non sia poi così nocivo per il celiaco. Vedremo come evolve.

Ciò che personalmente mi viene da contestare ad Assoceliaci e ad analoghe associazioni di altri Stati europei, è che non possono affermare di basarsi sulla normativa, perché la normativa attualmente in vigore presenta dei gap evidenti, che Assoceliaci interpreta a suo uso e consumo e AIC anche, ma in senso opposto.

Lo dico come celiaca madre di due celiaci, ma soprattutto come persona che di mestiere interpreta la legislazione sulle sostanze pericolose – non alimentari nel mio caso. C'è una grossa differenza – sempre a livello normativo – tra il richiedere ai fornitori la dichiarazione di determinate sostanze intenzionalmente aggiunte – ingrediente/additivo potenziale allergene – e il tracciare possibili contaminazioni avvenute a monte. Le catene di fornitura possono essere complicate.
Il rischio – almeno teorico – che ci si assume a basarsi sulla sola lista degli allergeni è probabilmente basso, forse trascurabile da chi decide coscientemente e liberamente di farlo, ma, sulla carta, non è zero.
A maggior ragione, mi auguro che la dicitura "può contenere..." venga regolamentata in un modo netto. Ho sentito spesse volte i sostenitori di Assoceliaci affermare: "Io mi baso solo sulla normativa [degli allergeni] e i miei esami sono sempre a posto!"

Riporto quel che ho letto nel libro Celiachia di Marta Civettini, dietista celiaca specializzata, ovviamente, in celiachia.

Nel capitolo 3 lei menziona lo studio del 2007 del professor Carlo Catassi che ha indagato quanto glutine possa effettivamente causare un danno alle persone celiache.
Tre gruppi di volontari hanno assunto per tre mesi rispettivamente 10 mg di glutine purificato, 50 mg di glutine purificato, 50 mg di amido di mais come placebo. Si è visto che 50 mg al giorno di glutine sono stati sicuramente dannosi per la mucosa intestinale. Sui 10 mg al giorno non si è raggiunto un risultato univoco. Il dato interessante, tuttavia, è il seguente: "In tutti i pazienti non c'è stato un cambiamento di valori anti-trans-glutaminasi IgA e IgG antigliadina a dimostrazione che questi esami non monitorano l'aderenza alla dieta".
La dottoressa Civettini mette in guardia verso tutti i rischi di una celiachia non trattata, che può causare osteoporosi, celiachia refrattaria fino al linfoma e all'adenocarcinoma.
Al capitolo 5, nei consigli per la spesa al supermercato, per yogurt e legumi lavorati, consiglia l'acquisto solo in caso di dicitura "senza glutine" presente.
Eppure la dottoressa Civettini non è una che vive barricata in casa: chi la segue sui social sa che è andata persino in Giappone, che non è il paradiso per i celiaci. Lo studio dei 50 mg viene menzionato anche sul sito di Assoceliaci proprio a riprova del fatto che nell'alimentazione quotidiana del celiaco tale soglia non viene mai superata, solo leggendo gli allergeni riportati nell'etichetta.
Mi piacerebbe sapere se la certezza di Assoceliaci ha avuto riscontro solo dalle analisi di IgA e IgG oppure se c’è una controprova nell’analisi della loro mucosa intestinale.
Se anche Assoceliaci avesse ragione nei fatti, se fosse vero che le potenziali contaminazioni non superano la soglia accettabile e sono sempre sicure per il celiaco, ciò non ha comunque riscontro nell’attuale normativa.

La più recente conferma dell'insufficienza della normativa si è avuta a fine 2024 dalla Corte dei Conti Europea.

Secondo il rapporto, infatti, i consumatori allergici e celiaci rimangono in attesa di linee guida UE sull’utilizzo delle indicazioni del tipo ‘Può contenere’, su cui la Commissione Europea risulta inadempiente.
L'ultima cosa che contesto ad Assoceliaci, che purtroppo fa perdere loro quell'aura di credibilità di cui si fregiano con analisi chimiche "non dovute, ma volute", come dicono loro, è l'atteggiamento. Sulle loro pagine social non si può accedere se non la si pensa come loro e se si manifesta un pensiero critico. Hanno il ban molto rapido anche di fronte a domande neutre. Apostrofano come "talebani" i celiaci che preferiscono essere più cautelativi. E, nonostante promuovano uno stile di vita più "libero, aperto, sciolto", non sono altrettanto "liberi e aperti" verso chi semplicemente blinda i propri villi intestinali più rigorosamente. Ecco, Assoceliaci, io ve lo dico: non è elegante e non è serio. Non è credibile prendersela con la rigidità di AIC e arroccarsi su opposte posizioni con la stessa tenacia.
Iniziate a produrre tante, ma tante analisi sugli alimenti, non solo su quelle che avete mostrato finora. Avete cominciato, andate avanti. Se avrete ragione su tutto, meglio ancora. Il mondo celiaco vi ringrazierà in eterno. Perché non è vero che le analisi sono "non dovute, ma volute". Sono proprio dovute.

Nella scienza per avere un'evidenza bisogna avere una miriade di dati.

Se li avete, non siate timidi: mostrateli tutti. I vostri, quelli dei celiaci francesi, inglesi e austriaci con cui vi siete allineati. Senza tali dati abbiamo solo propaganda e allora non biasimate chi adotta un approccio più cautelativo mentre attende. Mostrate i vostri dati, pubblicate dossier corposi, e non bannate dalle vostre pagine i celiaci che si cautelano, perché non è così che li convincerete e soprattutto non vedranno le vostre evidenze scientifiche. Avete fondato un'associazione per questo, no? Altrimenti potevate rimanere dei privati cittadini con mere opinioni personali.
Concludo sperando che dopo le interrogazioni parlamentari venga stilata una linea guida per un'interpretazione blindata, un linguaggio comune per tutti i paesi europei; mi auguro che la normativa rispecchi le più attuali e robuste evidenze scientifiche, in modo che i celiaci possano restare uniti nel diffondere consapevolezza e fare viaggi, almeno in Europa, trovando lo stesso livello di servizi.
Purtroppo è già difficile farci prendere sul serio… non accadrà mai se non iniziamo almeno a chiedere la stessa cosa.



Elena Genero Santoro
Leggi >
ARTICOLO PRECEDENTE >>
Post più vecchi
Home page